Immaginiamo il futuro del mix energetico italiano facendo un salto in avanti al 2040, nel quadro di uno scenario Net zero. A quel punto, secondo le più autorevoli previsioni, anche ipotizzando un ruolo preminente delle fonti rinnovabili, queste non saranno comunque sufficienti a sostituire il base load fornito attualmente da quelle fossili. Quindi, il percorso verso la decarbonizzazione nel rispetto della tassonomia europea potrà diventare concreto solo con il nucleare di nuova generazione.
In questo lasso di tempo è prevedibile si ottengano risultati tangibili per quanto riguarda lo sviluppo di reattori a fusione nucleare per la produzione di energia. Non era mai accaduto, come in questi ultimi quattro anni, che investimenti privati per oltre 7 miliardi di euro consentissero la creazione di start up per lo sviluppo di questa tecnologia basata su reattori a confinamento magnetico quali gli Stellarator e i Tokamak. Nel mentre, i grandi progetti internazionali in corso di realizzazione – uno è anche italiano e si chiama DTT – e innovative forme di partnership pubblico-privato consentiranno l’implementazione industriale di questa tecnologia.
Il rinnovato spirito di apertura che si registra in Italia sul nucleare è quindi non solo una buona notizia ma soprattutto la piattaforma necessaria per rilanciare lo sviluppo industriale per un Paese come il nostro, notoriamente privo di rilevanti risorse energetiche. In questi ultimi anni l’Italia ha purtroppo vinto di gran lunga il campionato europeo del prezzo più alto dell’energia, quasi il doppio rispetto a Spagna e Germania secondo i dati del think tank Ember, conseguenza del fatto che il 55% dell’energia elettrica italiana proviene da fonti fossili. Al tempo stesso, sappiamo tutti che la filiera del fotovoltaico è di matrice asiatica e non porta grandi benefici in termini di sviluppo industriale al vecchio continente. La storia spesso ha delle accelerazioni improvvise che cambiano radicalmente gli scenari tecnologici con cui confrontarsi, nel caso specifico dell’energia, oltre a sviluppare il nucleare e decarbonizzare, dovremo risolvere le sfide legate all’elettrificazione massiva dei processi tecnologici attuali, e alle nuove esigenze dettate dall’IA e dalla diffusione sempre maggiore dei data center, passando per la mobilità elettrica e le connessioni di rete transfrontaliere. Senza tralasciare la crescente diffusione dell’idrogeno quale vettore energetico.
Tutte queste esigenze renderanno non solo obbligatorio produrre energia green, ma anche trasportarla e immagazzinarla in modo efficiente minimizzando le perdite. McKinsey, solo per i data center, prevede che la domanda elettrica al 2030 in Europa passerà da 62 a 150 TWh mentre la domanda complessiva potrebbe crescere fino a 460 TWh. Al tempo stesso nel 2024 gli investimenti dei DSO nelle reti europee sono arrivati a circa 80 miliardi di euro ed è prevedibile che aumenteranno in futuro. Di solito le grandi rivoluzioni sono caratterizzate da un cambio di passo nella tecnologia e nei materiali, e anche nel caso del nucleare come delle reti, la ricerca gioca un ruolo fondamentale. Penso a ITER, il progetto più grande al mondo sulla fusione guidato da Pietro Barabaschi, ma anche al CERN che sotto la guida di Fabiola Gianotti ha approcciato il tema energetico con lungimiranza, contribuendo allo sviluppo di materiali e soluzioni per la trasmissione di energia sempre più evolute e basate sulla superconduttività.
A proposito di superconduttività: scoperta da più di un secolo, è stata lungamente confinata ad applicazioni in ambito scientifico per la necessità di raffreddamento a temperature proibitive. L’evoluzione di applicazioni e materiali nel corso dei decenni l’hanno avvicinata alla vita di tutti i giorni e al settore medicale. Ora, con i temi energetici tornati al centro dell’agenda italiana e globale, si sta verificando una congiunzione temporale di reciproco interesse tra tecnologia nucleare, necessità di innovare le reti e questa tecnologia. Esistono materiali e cavi superconduttivi già utilizzabili per la trasmissione di energia in DC a footprint ridotto e zero perdite: sono già in funzione al CERN, e in sperimentazione in diversi progetti europei; ASG Superconductors ne sta realizzando uno da 1 GW in Italia con INFN. Con l’aumentare dell’energia nelle reti avere cavi più efficienti e con meno perdite diventa sempre più importante. Non è quindi fantascienza immaginare cavi superconduttivi in MgB2 prodotti e sviluppati in Italia che collegano centrali nucleari, impianti fotovoltaici, connessioni transeuropee e industrie energivore alla rete, piuttosto che cavi dedicati a portare grandi quantitativi di energia in poco spazio. Stiamo parlando di un fattore di riduzione 10, se non superiore in specifici casi, del footprint rispetto alle tecnologie tradizionali. Ad esempio diventa possibile attraversare con minimo impatto ambientale una città o i porti con cavi in grado di trasportare grandi quantità di corrente.
Oltre che per la fusione la superconduttività potrebbe quindi essere presente lungo tutta la filiera energetica: per far funzionare ciclotroni ad altissima energia negli SMNR, per il trasporto e lo storage zero losses. Non ultimo, il superconduttore realizzato in MgB2 – Diboruro di Magnesio – non richiede per la sua produzione l’utilizzo di materiali estratti e monopolizzati da pochi Paesi ed è perfettamente compatibile per essere utilizzato alla temperatura dell’idrogeno liquido.
Tutto questo per dire che, se saremo capaci di creare un “ecosistema” in primis italiano, ma anche europeo, del nucleare e dell’innovazione energetica, abbiamo grandi prospettive di sviluppo industriale e di nuove tecnologie unendo in filiera grandi utilities e aziende con PMI innovative. A conferma di quanto evidenziato si vedono alcuni segnali prodromici di queste nuove opportunità di sviluppo, sia a livello di dichiarazioni politiche, penso al piano Draghi piuttosto che alle dichiarazioni della nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla fusione, o al recente discorso di Davos e al Parlamento Europeo della Presidente Von Der Leyen che ha citato il tema delle reti e la necessità di innovazione in Europa. La piattaforma nucleare avviata dal Ministro Pichetto Fratin, insieme al DL approvato mentre sto scrivendo, sono passi necessari per l’Italia, ora non resta che lavorare insieme per “attaccare i fili”. Concludo con i numeri: oggi il nucleare genera 4 miliardi di euro di ricavi per la filiera industriale italiana, la seconda in Europa. Mentre per la fusione, secondo i dati elaborati dal MIT, lo sviluppo a livello globale potrebbe aumentare il global GDP di 68 trilioni di euro in uno scenario conservativo, fino a 175 in quello più aggressivo.
Dopo aver “studiato” tanti anni vale la pena per l’Italia, le Istituzioni e le sue aziende giocare in squadra questa partita.
Davide Malacalza diventa amministratore delegato di Trametal, attiva nella produzione di lamiere da treno al carbonio, dopo la Laurea in Economia e commercio. Negli anni 2000, insieme alla sua famiglia avvia, come azionista, lo sviluppo di una filiera industriale della superconduttività con l’acquisizione dell’Unità Magneti di Ansaldo, ora ASG Superconductors, di cui diventa Presidente. Oltre a confermare l’eccellenza tecnologica – sono di ASG i magneti che hanno consentito la scoperta del Bosone di Higgs al CERN – inizia lo sviluppo di nuovi materiali e sistemi che portano la superconduttività più vicina alle applicazioni industriali. Nel 2024 l’Università di Genova gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienza dei materiali.
Immagine: ©ASG Superconductors SpA