Nei principali punti di frontiera e nelle aree di reinsediamento, INTERSOS assiste ogni giorno migliaia di persone costrette a rientrare in Afghanistan senza risorse né supporto.
A Kandahar, il nostro team fornisce cure mediche, assistenza nutrizionale, protezione, acqua e servizi igienico-sanitari alle persone più vulnerabili. In un contesto già segnato da crisi politiche, economiche e ambientali, il nostro intervento contribuisce a ridurre i rischi e a sostenere le persone nei primi, delicati giorni dopo il rientro.
L’Afghanistan è uno dei Paesi con il più alto numero di rifugiati all’estero e di sfollati interni al mondo. Milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case e, secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2025 circa 22,9 milioni avranno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere. Questa situazione critica è il risultato della capacità limitata del Paese di affrontare sia le vulnerabilità strutturali di lungo periodo sia le emergenze improvvise. I recenti cambiamenti politici hanno ulteriormente aggravato il contesto, spingendo parte della comunità dei donatori e degli attori internazionali a ridurre o ritirare l’assistenza al governo afghano per preoccupazioni legate alla sua legittimità. Di conseguenza, l’economia ha subito un forte rallentamento, i posti di lavoro sono scomparsi, le restrizioni sono aumentate e molti cittadini non si sentono più al sicuro all’interno dei propri confini.
Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), dall’agosto 2021 circa 3,42 milioni di afghani hanno lasciato il Paese per raggiungere nazioni confinanti come Iran e Pakistan. Molti hanno attraversato le frontiere in modo irregolare, restando non registrati, mentre decine di migliaia vivono stabilmente nei Paesi ospitanti da anni.
Questo esodo di massa si aggiunge a una crisi umanitaria già esistente, in cui disastri naturali, terremoti, inondazioni improvvise e gli effetti del cambiamento climatico colpiscono periodicamente, danneggiando gravemente i mezzi di sussistenza e mettendo a rischio vite umane. Le Nazioni Unite segnalano che 25 delle 34 province afghane stanno affrontando condizioni di siccità grave o catastrofica, aggravando ulteriormente la situazione.
Il deterioramento delle infrastrutture e la scarsità di risorse amplificano le vulnerabilità di chi resta nel Paese. Gli shock climatici e i disastri naturali hanno ulteriormente destabilizzato la vita quotidiana, costringendo circa 3,2 milioni di persone a diventare sfollati interni. Con questa cifra, l’Afghanistan si colloca al quinto posto a livello globale per numero di sfollati interni. Queste persone, costrette a fuggire a causa di conflitti, violenze, persecuzioni o calamità naturali, rimangono all’interno dei confini nazionali, spesso in condizioni precarie.
All’inizio del 2025 la situazione si è ulteriormente aggravata quando il Pakistan ha iniziato a espellere cittadini afghani residenti nel Paese, lasciando molte famiglie senza risorse e senza un luogo in cui andare. Gli attori umanitari hanno risposto con risorse limitate, attivando meccanismi di supporto come le operazioni di INTERSOS Afghanistan presso il Kandahar Transit Center, che forniscono assistenza sanitaria, nutrizionale, protezione e trasferimenti in denaro multiuso ai rientrati più vulnerabili.
Nonostante questi sforzi, la crisi si è intensificata quando anche l’Iran ha avviato espulsioni forzate di migranti afghani, provocando un nuovo e massiccio afflusso. Tra gennaio e agosto 2025, circa 1,8 milioni di persone sono rientrate dall’Iran, con un picco a luglio, quando fino a 44.000 persone hanno attraversato in un solo giorno i valichi di Islam Qala (Herat) e Milak (Nimroz).
Le condizioni in questi punti di frontiera sono estremamente difficili. Molti rientrati arrivano privi di beni essenziali, spesso donne e bambini esposti a temperature di 45°C, in attesa di assistenza senza certezze di riparo o supporto. L’aumento del costo della vita, la disoccupazione e la mancanza di alloggi accessibili aggravano le difficoltà. La domanda di servizi essenziali – acqua, servizi igienici, salute, nutrizione e protezione – è aumentata, ma la capacità di risposta del Paese rimane limitata. Molti rientrati restano senza un’adeguata assistenza, affrontando prospettive difficili in un contesto di crisi prolungata.
La capacità del governo di gestire questo afflusso massiccio è al limite e le organizzazioni umanitarie lavorano in condizioni di forte pressione. Il bisogno urgente di cibo, acqua, riparo, servizi sanitari e protezione nei punti di frontiera e negli insediamenti di rientro è critico.
In risposta, con il sostegno dell’Unione Europea, INTERSOS ha avviato nel luglio 2025 valutazioni dei bisogni nelle province più colpite, comprese le aree di confine e gli insediamenti di rientro. L’organizzazione si sta preparando ad ampliare la propria risposta, lavorando insieme ad altri attori umanitari presenti fin dall’inizio di questa crisi.
INTERSOS ha già avviato la fornitura di servizi essenziali – salute, nutrizione, protezione e servizi igienico-sanitari – per garantire che i rientrati non restino esclusi dall’assistenza nei centri di transito e nelle aree di reinsediamento. Nonostante le sfide in corso, questi interventi sono fondamentali per alleviare la sofferenza e rafforzare la resilienza delle persone più vulnerabili.
Il ritorno in Afghanistan rimane complesso, soprattutto per chi arriva con risorse limitate o senza reti di sostegno. Instabilità politica, declino economico, disastri naturali e sfollamenti continuano a generare rischi significativi per i rientrati. In questo contesto, le organizzazioni umanitarie, tra cui INTERSOS, operano per fornire servizi essenziali e rafforzare la resilienza delle comunità.
È fondamentale che la comunità internazionale continui a sostenere questi sforzi, assicurando protezione e assistenza agli afghani più vulnerabili e favorendo la ricostruzione delle loro vite in un Paese ancora segnato da gravi bisogni umanitari.
Immagini di Esmatullah_Habibian per INTERSOS.