Con la risposta n. 222 del 20 agosto 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle quote di partecipazione nelle SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile). In particolare, è stato confermato che, alla luce dell’estensione della disciplina fiscale prevista per gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) anche alle SICAV, le relative quote devono essere equiparate, ai fini fiscali, a quelle dei fondi comuni di investimento.
Le SICAV, introdotte nell’ordinamento italiano con il D.lgs. 25 gennaio 1992, n. 84, in attuazione della direttiva europea 85/611/CEE, sono oggi disciplinate dal Testo Unico della Finanza (D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58). L’articolo 1, comma 1 del TUF, come modificato dal D.lgs. 4 marzo 2014, n. 44, le definisce come organismi di investimento collettivo aperti, costituiti in forma di società per azioni a capitale variabile, con sede in Italia, aventi per oggetto esclusivo la gestione collettiva del risparmio raccolto tramite l’emissione di proprie azioni.
La circolare n. 33 del 15 luglio 2011 aveva già esteso il regime fiscale previsto dall’art. 73, comma 5-quinquies, del TUIR anche alle SICAV, con esclusione dei fondi immobiliari. Successivamente, la circolare n. 34 del 2004 ha chiarito che le quote di fondi comuni di investimento – e, per analogia, quelle delle SICAV – non possono beneficiare del regime di partecipation exemption previsto dall’art. 87 del TUIR, in quanto non configurabili come partecipazioni in società o enti, pur appartenendo formalmente a tale categoria.
In termini di valutazione fiscale, le quote delle SICAV devono essere trattate come titoli in serie o di massa non aventi natura partecipativa, analogamente ai fondi comuni. Di conseguenza, si applicano le disposizioni degli articoli 92, comma 5, e 94, comma 4, del TUIR, che regolano i criteri di determinazione dei redditi derivanti da tali strumenti finanziari.
Redazione redigo.info