Le Content Delivery Network alla prova della regolamentazione. La nuova delibera Agcom e l’estensione del regime di autorizzazione generale - I-Com, Istituto per la Competitività

Compatibilità
Salva(0)
Condividi

Lo scorso 5 agosto l’AGCom ha pubblicato la delibera n. 207/25/CONS con cui ha approvato gli esiti della consultazione pubblica (di cui alla delibera n. 55/25/CONS) confermando la riconducibilità delle Content Delivery Network (CDN) nell’alveo della definizione di rete di comunicazione elettronica di cui all’articolo 2 del Codice delle comunicazioni elettroniche, con conseguente applicazione del regime di autorizzazione generale di cui all’articolo 11 dello stesso Codice. Si tratta di un intervento importante che rappresenta un unicum nel panorama europeo e che si inquadra in un momento delicato nel quale è in atto una valutazione del quadro normativo contenuto nel Codice in vista dell’adozione del Digital Networks Act.

I CONTENUTI DELLA CONSULTAZIONE

Il 13 marzo è stata pubblicata dall’Agcom la delibera n. 55/25/CONS, che ha avviato il procedimento istruttorio e la consultazione pubblica volte alla ricognizione delle condizioni di applicabilità del regime di autorizzazione generale per la fornitura, il possesso, la gestione o il controllo di un’infrastruttura CDN sul territorio nazionale per la distribuzione dei contenuti via Internet, con l’obiettivo di promuovere un regime autorizzatorio coerente per tutti i CDN provider e i Content and Application Provider (CAP).

L’Autorità, in particolare, ha ritenuto di avviare l’istruttoria anche alla luce dell’atto di indirizzo di cui alla delibera n. 206/21/CONS (avente ad oggetto le CDN dell’operatore DAZN), con il quale l’Autorità ha rilevato che “l’attività connessa alla fornitura della rete di distribuzione (CDN) cosiddetta DAZN Edge sia riconducibile, per alcuni aspetti, all’ambito di applicazione del Codice. In particolare, si osserva che, alla luce del quadro fattuale ricostruito, la DAZN Edge risulta costituita da server di video streaming da installare sul territorio italiano direttamente all’interno della infrastruttura di rete degli operatori. Più precisamente DAZN fornisce l’installazione e la gestione di apparecchiature di memorizzazione e instradamento, quali elementi di rete attivi, che consentono di trasmettere segnali a mezzo di fibre ottiche”. Attraverso l’atto d’indirizzo, per la fattispecie posta in esame, l’Autorità ha ritenuto destinare verso DAZN, al pari degli altri operatori, indicazioni che hanno portato all’acquisizione – da parte della società – dell’autorizzazione generale a norma dell’art. 11 del Codice delle comunicazioni elettroniche per l’installazione e la fornitura di una rete pubblica di comunicazione elettronica e per la trasmissione dati a commutazione di pacchetto.

Posto che alla data della pubblicazione della delibera DAZN risultava essere l’unica ad avere questa autorizzazione, anche in virtù del servizio offerto (trasmissione anche esclusiva di partite di calcio), il procedimento avviato dall’Autorità aveva come scopo uniformare il regime autorizzatorio per tutti i CDN provider e i CAP che gestiscono – analogamente a DAZN – una CDN con cache installate sul territorio nazionale.

In particolare, l’allegato B alla delibera descrive il funzionamento delle CDN, le varie tipologie di CDN, la modalità di distribuzione del traffico attraverso le CDN e gli accordi commerciali tra operatore, Content and Application Provider e CDN Provider, così meglio descritti:

Rispetto alle tipologie i CDN, il documento ne individua tre tipologie:

  1. CDN private: il fornitore di contenuti ha il pieno controllo dei server costituenti la rete CDN, che vengono utilizzati unicamente per la distribuzione dei propri contenuti;
  2. CDN pubbliche (cosiddetti CDN global): la rete di server è gestita da un apposito CDN provider (soggetto diverso dal CAP) che fornisce il servizio di distribuzione dei contenuti a più Content Provider che, a differenza del caso precedente, non hanno quindi il controllo dei server e ne condividono la capacità di trasmissione;
  3. CDN “mixed-use”: un CAP può utilizzare la propria infrastruttura di distribuzione sia per distribuire i propri contenuti che per fornire un servizio CDN a terzi.

Quanto, invece, alle modalità di distribuzione del traffico attraverso CDN, Agcom  ha descritto due diversi modelli: da un lato, l’interconnessione – c.d. peering – tra rete del CAP e rete dell’operatore. In tal caso le cache della CDN sono installate nella rete del fornitore dei contenuti che è interconnessa, tramite peering privato (o pubblico), con le reti degli operatori di comunicazione elettronica presso gli IXP o, in alternativa, presso data center dove sono presenti sia l’infrastruttura dell’operatore che quella del CAP; dall’altro, l’“on-net cache” in cui il fornitore di contenuti – responsabile dell’esercizio e della manutenzione delle cache – fornisce l’hardware da installare nei locali tecnici dell’operatore ospitante che si fa carico dei costi di co-locazione e dell’attività di gestione e configurazione dei relativi collegamenti di rete.

Con riferimento alle relazioni commerciali tra operatore, Content and Application Provider e CDN Provider, nel caso di CDN privata, il CAP e l’operatore stipulano un accordo commerciale per l’interconnessione diretta e/o all’installazione delle on-net cache, mentre nel caso delle CDN pubbliche, gli accordi sono due, uno tra CAP e CDN provider per la consegna di contenuti, l’altro, tra operatore e CDN provider per l’interconnessione e/o l’installazione delle on-net cache.

Attraverso la conclusione di tali accordi è possibile ottimizzare notevolmente la distribuzione dei contenuti, consentendo all’operatore di distribuire in maniera efficiente i carichi di traffico sulla propria rete e al CAP di migliorare la qualità del proprio servizio.

Descritti i modelli e la tipologia di accordi, l’Autorità ha chiesto ai soggetti interessati se si condividesse l’idea che i CDN provider, nell’ambito della fornitura di servizi attraverso le proprie infrastrutture CDN installate sul territorio nazionale ed i fornitori di contenuti, in possesso o che gestiscono o controllano un’infrastruttura CDN sul territorio nazionale per la distribuzione dei propri contenuti, debbano essere inquadrati nel regime dell’autorizzazione generale di cui all’art.11 del Codice.

GLI ESITI DELLA CONSULTAZIONE E LA POSIZIONE DELL’AUTORITÀ

La consultazione avviata da Agcom ha suscitato molto interesse e raccolto numerosi contributi a fronte dei quali l’Autorità ha svolto una serie di considerazioni molto dettagliate. In particolare, con riferimento alle condizioni di applicabilità del regime di autorizzazione generale previsto dal Codice alle CDN, Agcom ha evidenziato, da un lato, come l’elemento rilevante, dal punto di vista tecnico, per la riconducibilità, rilevata con la delibera n. 206/21/CONS, di DAZN all’ambito di applicazione del Codice sia dato dalla gestione da parte della stessa di elementi di rete attivi (ovvero le cache di una CDN privata, quale la DAZN Edge) installati sul territorio italiano per la distribuzione dei propri contenuti al pubblico e che consentono di trasmettere segnali; dall’altro, ha poi esteso il ragionamento affermando che i CPA  in possesso o che gestiscono o controllano una CDN sul territorio nazionale per la distribuzione dei propri contenuti alla clientela finale e i CDN provider la cui infrastruttura è installata sul territorio nazionale, tramite le CDN dagli stessi gestiti, che sono interconnesse alle “tradizionali” reti pubbliche di comunicazione elettroniche degli ISP, di fatto operano come fornitori di reti contribuendo alla trasmissione di dati (accessibili al pubblico) a livello infrastrutturale.

L’Autorità ha inoltre fornito un puntuale spaccato delle posizioni espresse dai partecipanti (27) alla consultazione. In particolare, i parerei favorevoli hanno evidenziato che:

  • le CDN ricadono nell’ampia definizione di “rete di comunicazione elettronica” riportata nel Codice;
  • a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 48 del 2024 (disposizioni correttive al d.lgs. dell’8 novembre 2021, n. 207), il Codice già prevede l’inquadramento regolamentare delle CDN nell’ambito delle autorizzazioni generali;
  • l’estensione del regime autorizzatorio alle CDN consentirebbe di creare un common playing field per tutti gli attori coinvolti nella filiera dei servizi di comunicazione elettronica;
  • l’assoggettamento dei fornitori di CDN all’autorizzazione generale consentirebbe all’Autorità di vigilare efficacemente sull’operato di un anello cruciale della catena tecnologica del servizio di distribuzione dei contenuti in rete;
  • l’estensione dell’autorizzazione a questi ultimi porrebbe l’Autorità nelle condizioni di vigilare su una sezione più ampia della catena del valore;
  • l’estensione dell’autorizzazione a tutti i CDN provider ed ai CAP che gestiscono CDN sul territorio nazionale condurrebbe ad un quadro regolamentare più uniforme e coerente, prevenendo potenziali distorsioni della concorrenza e garantendo che tutti gli operatori contribuiscano alla stabilità e alla qualità dell’ecosistema digitale (un rispondente ha ritenuto però di sottolineare che dal conseguimento dell’autorizzazione generale non debba tuttavia derivare un obbligo di interconnessione con tariffe regolamentate, né il pagamento di corrispettivi – per l’IP peering – da parte del CAP/CDN provider o dell’operatore presso il cui POP è installato un apparato di caching, dovendosi ritenere bilanciati i rispettivi interessi).

I rispondenti non concordi con i due quesiti hanno invece sollevato le seguenti obiezioni:

  • non svolgendo le CDN funzioni di originatori del segnale o di trasmissione dello stesso, non si ritiene che queste possano essere qualificabili come reti di comunicazione elettronica;
  • l’eventuale imposizione di nuovi oneri e/o costi derivanti dall’estensione del regime autorizzatorio potrebbero rappresentare una minaccia per l’ecosistema della connettività in Italia, scoraggiando nuovi investimenti e innovazione;
  • non viene ravvisato ad oggi un fallimento di mercato tale da giustificare un intervento regolatorio;
  • l’estensione del regime autorizzatorio potrebbe determinare l’introduzione di una network fee a carico di CAP e CDN provider che generano traffico nelle reti degli operatori di comunicazione elettronica. Questa proposta è già stata respinta durante la consultazione della Commissione europea del 2023 per i suoi effetti negativi sulle imprese e sui consumatori europei;
  • l’estensione richieda un apposito intervento legislativo e non un intervento regolatorio da parte dell’Autorità;
  • l’iniziativa dell’Autorità costituisce un unicum tra gli Stati membri, rischiando di creare confusione/frammentazione normativa anche in vista del futuro DNA.

Tutto ciò considerato, l’Autorità ha concluso che:

A) non siano emerse evidenze tali da indurre a una modifica a quanto preliminarmente espresso nell’ambito della delibera n. 55/25/CONS, sia a livello tecnico che regolamentare;

B) una CDN può essere considerata un “tipo specifico di rete” di comunicazione elettronica, costituita da apparati che consentono di trasmettere segnali a mezzo di fibre ottiche. La funzione delle CDN consiste dunque nella trasmissione di dati accessibili al pubblico, a supporto delle “tradizionali” reti pubbliche di comunicazione elettronica, con l’obiettivo di distribuire contenuti digitali agli utenti finali garantendo prestazioni e livelli di qualità adeguati. In aggiunta, la CDN può essere considerata anche come una risorsa correlata ad una rete di comunicazione elettronica, nello specifico caso in cui un “tradizionale” operatore di comunicazione elettronica possieda e gestisca una tale infrastruttura all’interno della propria rete.
A rafforzare tale visione, l’Autorità ha sottolineato come ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. fff) del Codice il servizio fornito attraverso un’infrastruttura CDN è inquadrabile come “servizio di comunicazione elettronica” in quanto consistente “esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali”. Con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 48/2024, recante disposizioni correttive al Codice del 2021, le CDN sono espressamente menzionate all’art. 1, co. 1, lett. a) dell’Allegato 12 del Codice, ai fini della quantificazione dei diritti amministrativi dovuti dai titolari di autorizzazione generale, al pari delle reti di comunicazione elettronica;

C) rispetto al mancato fallimento di mercato e alla possibilità di introduzione di una network fee, si rileva che il presente procedimento ha unicamente ad oggetto la ricognizione delle condizioni di applicabilità del regime di autorizzazione generale previsto dal Codice alle CDN. Tali temi esulano, secondo Agcom, dallo specifico ambito di applicazione del procedimento, che non ha come obiettivo l’analisi del mercato dell’interconnessione IP né tantomeno la conseguente introduzione di rimedi regolamentari;

D) il provvedimento, essendo volto alla classificazione delle infrastrutture CDN, ha un carattere pre-regolamentare (nel senso di un intervento classificatorio volto alla trasparenza) e non prevede alcun rimedio “specifico” a carico dei soggetti coinvolti, se non quelli strettamente derivanti dall’acquisizione dell’autorizzazione generale. L’Autorità potrebbe intervenire per dirimere criticità di carattere tecnico e/o economico, in un’ottica di regulation by litigation, favorendo in primo luogo il raggiungimento di un accordo tra le parti;

E) rispetto all’atteso DNA, il procedimento ha il fine di chiarire e uniformare l’attuale regime autorizzatorio per i CDN provider e i Content and Application Provider che gestiscono o sono in controllo di un’infrastruttura CDN sul territorio nazionale e che si inserisce nei tempi e nel merito dell’attuale dibattito comunitario sulle prospettive della nuova regolamentazione delle reti e dei servizi digitali;

F) sussiste la possibilità per il Ministero (competente alla gestione del regime dell’autorizzazione generale) di definire, qualora ritenuto opportuno e/o necessario, uno specifico Regolamento attuativo in relazione all’autorizzazione generale dei CDN provider e CAP.

CONCLUSIONI

Con l’adozione della delibera 207/25/CONS si chiude – al netto di eventuali ricorsi dinanzi alla giustizia amministrativa – con risposta affermativa, la discussione circa la riconducibilità delle CDN nell’alveo della definizione di rete di comunicazione elettronica con conseguente estensione del regime di autorizzazione generale ai fornitori di CDN la cui infrastruttura è installata sul territorio nazionale e ai CAP che sono in possesso o gestiscono o controllano una CDN sul territorio nazionale per la distribuzione dei propri contenuti alla clientela finale.

Si tratta di una decisione, quella di Agcom, che si inquadra in un contesto ad elevata complessità che vede numerosi e variegati modelli di business incentrati su tipologie di CDN molto diverse nelle funzionalità espresse e che rappresentano strumenti di rilevanza cruciale per la digitalizzazione del paese, in un momento in cui l’UE sta rivedendo il quadro normativo generale in vista del DNA atteso per la fine dell’anno, è cruciale non ostacolare la crescita dei piccoli operatori europei e gli equilibri geo-politici sono fragili. È assolutamente importante, dunque, che tali elementi vengano attentamente considerati in sede di definizione del regime di autorizzazione generale per tali soggetti per tarare adeguatamente gli obblighi tenendo conto delle peculiarità specifiche di questi attori del mercato e dell’importanza di assicurare che le libere dinamiche di mercato siano adeguatamente preservate.

Recapiti
Silvia COMPAGNUCCI