Il Verdometro un viaggio sensoriale alla riscoperta della natura

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Quando la creatività e le competenze incontrano l’educazione ambientale, nascono progetti che portano nel mondo piccole e significative rivoluzioni. Abbiamo chiesto come si fa ad Antonia Teatino: architetta, designer e delegata regionale per il tema educazione per Slow Food Sicilia, Antonia ha dato vita a strumenti creativi e a legami importanti con una rete di scuole italiane che l’ha condotta a incontrare decine di insegnanti e studenti.

16 modi per dire verde

«Mai sentito parlare di plant blindness? Si tratta dell’incapacità di vedere e apprezzare le piante e il verde intorno a noi; è qualcosa che il nostro occhio dà per scontato e, così, finiamo per ignorare questo patrimonio».

Questa consapevolezza, maturata in particolare durante il lockdown del 2020, ha spinto Antonia a creare una serie di strumenti semplici da realizzare ma tutt’altro che banali, tra i quali il Verdometro. Si tratta di un cartoncino che raccoglie varie sfumature di verde, da avvicinare agli elementi naturali per riconoscerne le varie sfumature e capire come cambiano i colori con il rincorrersi delle stagioni, riconnettendosi alla Natura vicina dentro e fuori casa. Un dispositivo pensato in particolare per le scuole e progettato per allenare lo sguardo ed esercitare lo sguardo dei più piccoli sulla natura, scaricabile gratuitamente o replicabile con cartone e colori.

Il progetto nasce da un’intuizione profonda: partire dalla pratica per costruire la teoria, usando l’osservazione come chiave di apprendimento. «Ogni colore racconta una storia – spiega Antonia – dai toni teneri dei germogli primaverili ai verdi profondi dell’estate, fino agli sfumati autunnali».

Come cantava Niccolò Fabi, in alcune lingue africane ci sono «16 modi per dire verde», una varietà linguistica che riflette l’attenzione che viene riservata all’ambiente circostante.

Il Verdometro ha avuto un grande successo anche presso la rete degli orti di Slow Food, è stato infatti inviato a tutti i coordinatori in modo da poter essere messo a disposizione di tutti coloro che frequentano i relativi spazi.

Ma non è finita qui: Antonia ha partecipato anche a Terra Madre 2024 spiegando come funziona lo strumento da lei ideato e accompagnando gli avventori durante la visita agli orti allestiti nello spazio Educazione di Slow Food Italia; con l’occasione è stata offerta anche una breve formazione per i più piccoli sull’importanza di abbinare vegetali di diversi colori nel piatto per poter beneficiare  quotidianamente delle differenti proprietà nutritive dei cibi, associate alle diverse tinte. 

Foto di Paolo Properzi a Terra Madre 2024

Il Cartolaio del Bosco: una rete di innovazione educativa

Partendo dalle sue conoscenze e dalle sue intuizioni, Antonia Teatino ha inoltre creato una progetto di eco-design applicato alla didattica e al turismo slow per l’educazione sostenibile, oggi anche molto seguito sui social: Il Cartolaio del Bosco oggi è una vera e propria comunità che solo nel 2024 ha coinvolto 54 scuole, 140 insegnanti e 14 regioni, con estensioni internazionali in Spagna e Colombia.

«Il cartolaio è colui che fabbrica strumenti per scrivere, disegnare, colorare; il bosco può essere rappresentato anche dalle piantine che abbiamo sul balcone, un piccolo giardino di fronte casa o il cortile della scuola». 

Un movimento che si sviluppa attraverso la condivisione quotidiana di lavori da svolgere in classe, un luogo virtuale dove insegnanti e studenti condividono le proprie scoperte.

Antonia propone alla rete, con cadenza regolare, esercizi da riproporre in classe o in casa per avvicinare i più piccoli agli elementi naturali, seguendo accortezze che provengono dai suoi studi di design ed ecologia. 

«Togliere è sempre meglio che aggiungere: osservare e toccare un sasso, invece di dipingerlo, può essere un semplice esercizio da fare con i bambini. Realizzare un piccolo timbro con mezzo gheriglio di noce, soffermandosi sulla sua forma così particolare è un’altra attività che piace molto. Ho realizzato anche un “memory sensoriale”: un piccolo mazzo di carte realizzate con le foglie: spunto per fare focus sui colori, sulle venature e su tutti quei dettagli che possiamo cogliere con la vista e con il tatto. Tutte le attività sono pensate per essere realizzate da zero dagli alunni, tutti gli strumenti che utilizzano possono fabbricarli in autonomia associando materiali biodegradabili o materiali di recupero come come carta, cartoncini o elementi naturali raccolti durante le passeggiate urbane come foglie, rametti o semi». 

Prosegue Antonia: «Oggi il progetto riceve quotidianamente numerosi contributi da tutti gli attori coinvolti: vengono proposte alla rete attività e lavori da insegnanti e studenti. Questo per me è motivo di grande orgoglio perché la riuscita di un progetto di questo tipo vive dei contributi di tutti. Per un bambino c’è una grande differenza tra l’essere fruitore finale e co-progettare le attività: in questo modo si incoraggiano l’autostima, l’inclusività e la valorizzazione di ogni individualità rispettando i tempi di tutti».

Educare alla sostenibilità

Da alcuni anni Antonia propone anche formazione ai docenti, completamente gratuite grazie all’intercettazione di fondi a vari livelli.

«È fondamentale per me poter interagire con insegnanti ed educatori in modo che i concetti che tratto nelle formazioni possano accompagnare gli alunni trasversalmente nelle varie discipline e durante molte delle attività proposte a scuola. Questa dinamica mi consente di rendere le attività accessibili a tutti e di agire il cambiamento dall’interno».

La filosofia che Antonia vuole trasmettere parte dalla ricerca realizzata nel corso del suo dottorato in disegno industriale, con un focus sul design sostenibile. La progettazione delle attività e degli strumenti didattici tiene conto degli impatti che gli oggetti generano nel corso delle varie fasi produttive applicando alla didattica il concetto del Cradle to cradle, dalla culla alla culla. Si tratta di un approccio che consiste nel ripensare i processi produttivi così da valorizzare il riuso e il riciclo in modo da allungare il ciclo di vita di prodotti e materiali, limitando al massimo i rifiuti.

Un concetto intuitivo e applicabile tanto su piccolissima scala quanto su progetti di portata più ampia, ma che ancora oggi non viene pienamente integrato nei processi produttivi.

«Quando penso a una nuova attività cerco sempre un modo per ridurre, semplificare, mi dedico a progettare limitando gli impatti utilizzando materiali facilmente biodegradabili o durevoli e riparabili.

L’importante è rallentare lo sguardo – racconta, – osservare un sasso, una foglia, scoprire i dettagli che normalmente trascuriamo. La vera rivoluzione inizia quando impariamo a vedere ciò che prima era invisibile». Un approccio che va oltre l’educazione tradizionale, basato sull’esplorazione sensoriale e sulla scoperta.

In questi giorni Antonia ha conseguito il master in “Comunicazione Sociale” presso l’UNiversità di Tor Vergata proprio sul tema della plant blindness. Il suo contributo è quanto mai prezioso: un manifesto di innovazione, sostenibilità e connessione che parte da un semplice foglio di carta e arriva a trasformare il nostro rapporto con la natura.

di Giada Fabiani

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