L’evoluzione delle media relations: dalla relazione personale alla complessità digitale - Disclosers

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Per comprendere il cambiamento della relazione giornalista-PR degli ultimi dieci anni, vale la pena ricordare come funzionavano in passato le media relations. Il rapporto con i giornalisti era molto più personale e diretto: telefonate, pranzi di lavoro, conferenze stampa fisiche erano momenti centrali per costruire fiducia e credibilità. I comunicati stampa venivano diffusi in maniera quasi esclusiva via email – o ancora prima via fax – e la relazione si basava soprattutto sulla continuità del contatto e sulla reputazione del professionista.

Questo modello aveva un vantaggio evidente: la possibilità di instaurare rapporti umani stabili, spesso di lunga durata, che permettevano ai giornalisti di avere interlocutori di riferimento e alle aziende di contare su relazioni consolidate. Tuttavia, presentava anche un limite: i canali erano pochi e le opportunità di visibilità più ristrette, con una forte dipendenza dai media tradizionali.

Oggi, invece, la moltiplicazione dei canali digitali e l’accelerazione del ciclo delle notizie hanno reso la relazione più complessa. Serve capacità di adattarsi a linguaggi diversi, rapidità nelle risposte e soprattutto la sensibilità di comprendere le esigenze di giornalisti che lavorano sotto una pressione informativa molto più intensa.

L’onda digitale e l’espansione dei canali

La rivoluzione digitale ha scardinato i confini tradizionali delle relazioni con i media. Social network, newsletter indipendenti, piattaforme di podcasting e canali verticali hanno moltiplicato le possibilità di diffusione delle notizie, ma anche alzato l’asticella delle aspettative. Giornalisti e creator si muovono in uno spazio informativo più affollato, in cui la competizione per l’attenzione è costante. Per chi si occupa di PR, non basta più inviare un comunicato: serve comprendere i linguaggi dei diversi canali e costruire contenuti calibrati sulle logiche di ciascuno, con una profonda conoscenza del target di riferimento del media al quale ci si sta rivolgendo.

Da PR tradizionali a digital PR e storytelling strategico

L’evoluzione non è stata solo tecnologica, ma anche culturale. È nata la figura del Digital PR Manager, chiamata a gestire non solo il rapporto con le redazioni ma anche la presenza su social e piattaforme, ciò significa comprendere maggiormente le dinamiche dei social e di altri touchpoint digitali. Al centro non ci sono più soltanto le notizie aziendali, ma narrazioni strategiche e angolazioni sempre diverse, capaci di posizionare il brand come voce di rilievo nel proprio settore, non solo come istituzione, ma come player che influisce sulla cultura. Nel mondo tech, per esempio, le relazioni con i media si sono spostate dal semplice rilascio di comunicati alla costruzione di thought leadership attraverso storytelling e contenuti di valore.

Misurazione, dati e trasparenza

La richiesta di trasparenza ha trasformato anche il modo di misurare l’impatto delle media relations. Oggi non basta contare le uscite stampa: i professionisti devono dimostrare outcome concreti, come reputazione, fiducia e percezione, secondo i Principi di Barcellona. Si tratta di linee guida internazionali definite dall’AMEC (International Association for the Measurement and Evaluation of Communication), introdotte nel 2010 e aggiornate negli anni, che hanno rivoluzionato la misurazione nelle PR. L’obiettivo è spostare il focus dagli output quantitativi (come il numero di articoli o le impressions) agli outcome qualitativi, cioè ai reali effetti che la comunicazione genera sulla reputazione, sulla percezione e sui comportamenti delle persone, risultati che si ottengono nel tempo, con costanza e una giusta strategia.

Parallelamente, i giornalisti chiedono sempre più spesso dati originali, ricerche, report proprietari e visual storytelling che possano rendere la notizia più rilevante per i lettori (Cision), per contenuti meno autoreferenziali, ma di maggior valore per il pubblico.

L’impatto dell’intelligenza artificiale e degli strumenti digitali

L’AI e l’automazione hanno rivoluzionato il lavoro delle PR, dalla selezione dei contatti alla personalizzazione dei contenuti. Strumenti basati su machine learning permettono di analizzare le conversazioni, intercettare trend e costruire database mirati. L’AI e l’automazione hanno rivoluzionato il lavoro delle PR, dalla selezione dei contatti alla personalizzazione dei contenuti. Strumenti basati su machine learning permettono di analizzare le conversazioni, intercettare trend e costruire database mirati. Secondo il 2025 State of PR Report di Muck Rack, il 77% dei professionisti PR utilizza già strumenti di intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT nel proprio workflow.

Sul fronte delle piattaforme, LinkedIn si conferma la più preziosa per il 56% dei PR, con un incremento rispetto all’anno precedente, mentre solo l’11% considera X (ex Twitter) realmente utile per il proprio lavoro. Addirittura il 39% dichiara di aver smesso di usare X per scopi professionali negli ultimi dodici mesi.

Questi dati mostrano come il baricentro delle media relations digitali si stia spostando verso strumenti e piattaforme capaci di garantire maggiore rilevanza professionale e connessioni di qualità.

Nonostante l’efficienza dei tool però, l’elemento umano rimane imprescindibile: l’AI semplifica i processi e si rivela un ottimo supporto in task organizzative, ma non può sostituire l’interpretazione critica e strategica, oltre che la capacità di costruire fiducia che ha un essere umano. Inoltre, sempre secondo Muck Rack, il 72% dei PR segnala come difficoltà principale il basso tasso di risposta dei giornalisti, e il 62% la riduzione dei media list rilevanti. Due sfide che nessun algoritmo può risolvere: richiedono capacità relazionale, empatia e ascolto.

Ascolto ed empatia come risorse intramontabili

Se le tecnologie hanno ridefinito gli strumenti, l’essenza delle media relations si gioca ancora sul terreno delle relazioni personali. Lo conferma il report “State of the Media 2025”, che evidenzia come i giornalisti preferiscano interazioni personalizzate, fondate su collaborazione, rispetto dei tempi e capacità di ascolto. L’empatia diventa così un asset strategico: comprendere le esigenze del giornalista, calibrare i contenuti sul suo pubblico, evitare sovraccarichi informativi, tenendo conto che ogni giorno ricevono centinaia di proposte e comunicati stampa.

In altre parole, mettere la relazione al centro, prima ancora della notizia.

Uno sguardo al futuro

Le media relations del futuro non saranno né esclusivamente tradizionali né completamente digitali: vivranno in una dimensione ibrida, che unisce presenza umana, pensiero strategico, tecnologia. La sfida sarà mantenere autentico il dialogo in un settore che è sempre più affollato da linguaggi diversi, media nascenti, informazioni, figure professionali nuove.

La trasformazione degli ultimi dieci anni ci mostra che i mezzi, le piattaforme e i linguaggi cambiano, ma ciò che resta costante è il valore delle relazioni. La velocità con cui cambiano strumenti e piattaforme non riduce il peso delle relazioni, anzi, ascolto ed empatia restano (e saranno sempre di più) il motore per costruire fiducia e consolidare partnership durature.

Non sono soltanto valori etici, ma strumenti concreti per costruire fiducia, credibilità e partnership durature tra PR e giornalisti.


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