Un Paese senza figli non ha futuro - Azione Cattolica Italiana

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C’è chi si vanta di vincere medaglie, chi di conquistare mercati, chi di battere primati sportivi. L’Italia, invece, riesce a distinguersi in un’altra disciplina: quella del “crollo demografico”. E stavolta lo fa con un risultato da applausi: –7% di nascite in soli dodici mesi. Mai successo prima. Una performance da record, appunto, solo che non c’è nulla da festeggiare.

I dati Istat parlano chiaro: 166mila bambini nati nel primo semestre del 2025, 12mila in meno rispetto all’anno scorso. Se fosse una squadra di calcio, titolerebbero i giornali: “crolla la difesa, attacco inesistente, panchina vuota”. Solo che qui non si tratta di sport, ma del futuro stesso di un Paese.

Il demografo Alessandro Rosina e il presidente del Forum delle Associazioni Familiari Adriano Bordignon lo ripetono come un mantra: “Il record negativo dei nuovi nati rilevato dall’Istat fotografa un vero e proprio inverno demografico che rischia di avere un impatto potenzialmente devastante sul nostro Paese”.

Più che un’analisi, sembra un “bollettino di guerra”

La differenza? Che in guerra almeno qualcuno prova a reagire. Da noi, invece, ci limitiamo a constatare che va sempre peggio. La verità è che manca una visione di futuro che metta al centro la famiglia e i giovani che una loro famiglia la vorrebbero tirare su: “È essenziale riclassificare le politiche familiari e demografiche come investimenti strutturali, piuttosto che come semplice spesa corrente, e richiedere una deroga specifica all’Ue per le politiche familiari”, prova a chiedere Bordignon.

Nel frattempo, ogni anno ci sorprendiamo di “quanto in basso siamo scesi”. Un po’ come quando, in vacanza, si scende piano piano lungo la spiaggia e l’acqua sale: solo che qui non è il mare che cresce, ma il Paese che sprofonda.

Gli altri Paesi qualcosa provano: la Francia investe su immigrazione, congedi e parità di genere; la Germania attrae giovani e rafforza la formazione; la Svezia sperimenta politiche innovative. Noi? Noi osserviamo. Con attenzione, si capisce. Perché in Italia la politica non manca di tempo per riflettere. D’azione, semmai, se ne vede meno.

Mancanza di volontà politica e di coraggio culturale

La verità è che il problema non è la mancanza di bacchette magiche, come tutti amano ripetere. È la mancanza di volontà politica e di coraggio culturale. In Italia avere un figlio resta, di fatto, un atto di eroismo. O di follia, secondo i punti di vista. Perché significa affrontare un lavoro precario, salari bassi, politiche di conciliazione deboli, un welfare che ti sorride solo nelle brochure. Ah, e ricordiamoci i dieci giorni di congedo di paternità: perché un figlio si cresce in una settimana e mezzo, giusto?

Intanto cresce la rassegnazione. Ci abituiamo all’idea che “tanto andrà così”, che i giovani non possono permettersi case, stabilità, progetti. E ogni volta che arriva un nuovo dato, ecco l’immancabile commento: “È grave, bisogna intervenire”. Un attimo dopo, silenzio. È come guardare un incendio e limitarsi a dire: “Certo che fa caldo”.

Eppure una via c’è, ed è chiara: rafforzare la condizione dei giovani. Non con bonus a tempo o slogan da campagna elettorale, ma con un investimento serio, costante, credibile. Dare loro la possibilità di formarsi, di lavorare, di costruirsi un futuro senza dover scegliere tra figli e carriera, tra stabilità e sogni. Solo così si riduce il divario tra i figli desiderati e quelli reali.

Un Paese senza figli è un Paese senza futuro. Non serve un demografo per capirlo, basta un po’ di buon senso. Ma intanto in Italia va di moda collezionare primati negativi. E allora, avanti così: un altro anno, un altro record. Complimenti a noi.

Recapiti
Antonio Martino