Card. Battaglia: "Fare pastorale con rom, sinti e camminanti vuol dire riconoscere la dignità di chi vive di soste e ripartenze" - Migrantes Online

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13 Settembre 2025 – 13 Settembre 2025 – “Un arameo errante era mio padre non è una frase triste: è una chiave. Dice che veniamo da poco e che Dio costruisce casa proprio lì, quando mancano sicurezze. Per la pastorale con rom e sinti vuol dire riconoscere la dignità di chi vive di soste e ripartenze, smontare il pregiudizio che confonde mobilità e sospetto, passare dall’“integrazione” che uniforma a una alleanza che valorizza lingue, mestieri, musica e famiglia allargata”.

Questo il cuore della lectio su Dt 26, 1-11 che l’arcivescovo di Napoli, S. Em. card. Domenico Battaglia, ha proposto ai partecipanti all’Incontro nazionale dedicato a chi opera o intende impegnarsi nelle attività pastorali della Chiesa italiana con rom, sinti e camminanti, organizzato e promosso dal 12 al 14 settembre a Napoli con la collaborazione dei referenti per la pastorale rom e sinti della Fondazione Migrantes.

All’inizio della mattina, alle ore 8, aveva celebrato e presieduto la S. Messa S.E. mons. Giuseppe Mazzafaro, vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti e vescovo Delegato per la Conferenza episcopale campana per i migranti, rom e sinti, spettacolo viaggiante.

Il card. Battaglia – facendo riferimento all’immagine del versetto 5 del capitolo 26 del libro del Deuteronomio, ha proposto alle persone riunite presso il seminario arcivescovile “Card. Alessio Ascalesi” uno chiaro stile pastorale: “Se il padre era errante, il Vangelo non chiede prima un domicilio e poi la fede: offre una famiglia che cammina con chi è in viaggio, capace di fermarsi in area di sosta, in un campo tollerato, in un parcheggio ai margini, e di iniziare dal passo giusto: salutare, conoscere i nomi, ascoltare le storie, chiedere permesso, parlare con capifamiglia e mamme, costruire fiducia prima dei progetti”.

“Niente sgomberi senza alternativa”

L’arcivescovo di Napoli ha concluso la sua lectio con una preghiera che ha racchiuso tutto il senso del suo intervento e che è anche un appello a chi ha responsabilità politiche e istituzionali:

Signore Gesù,
arameo errante fra gli erranti,
Cristo dei cammini, dei rom e dei sinti, dei senza indirizzo:
mettici in strada con Te.

Ferma Tu le ruspe: che non parta nessun braccio meccanico
finché non c’è una via d’uscita vera,

finché non c’è una porta, un tetto, un contratto, un nome scritto giusto.
Spezza il lessico delle “bonifiche”:
non si bonifica la vita, si protegge.

Custodisci le roulotte come tabernacoli leggeri,
i cani legati al parafango, i panni tesi tra due alberi,
le foto sugli sportelli come ex voto:
sono case provvisorie, ma sono case.

Dona coscienza a chi governa e a chi firma:
niente sgomberi senza alternativa,
nessun ordine senza ascolto,
nessuna statistica senza volti.
Difendi l’unità delle famiglie:
nessun bambino sfrattato dall’infanzia.

Accendi nella Chiesa una pastorale di tenda:
comunità-ponte, cappellanie stabili,
laici e preti capaci di stare in mezzo,
tradurre lingue, guarire diffidenze,
aprire scuola, salute, lavoro, documenti.
Insegnaci quattro passi semplici e radicali:
accogliere, proteggere, promuovere, integrare.

Smaschera le nostre paure,
perdona i nostri recinti e le parole taglienti.
Fa’ della città una piazza:
da sgombero a patto,
da sospetto a fraternità.
Trasforma i campi in patti firmati,
le baracche in indirizzi,
le frontiere in mense apparecchiate.

Metti in noi il coraggio di schierarci:
parlare quando è scomodo,
negoziare quando è difficile,
fare da scudo con la nostra presenza
quando il diritto viene calpestato.
Perché il Tuo Regno non spiana: abita.

E quando la polvere si posa,
fa’ che restino in piedi le persone,
che la legge si faccia misericordia,
e che ogni campo diventi campo di festa.
Amen.

Recapiti
Simone Sereni