Educare alla diversità attraverso il lifelong learning - Solidarietà e Cooperazione CIPSI

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di Giulia Mastrotucci, volontaria del Servizio Civile Universale presso Solidarietà e Cooperazione CIPSI di Roma, nel progetto “Gesti di cura: comunità solidali coi migranti”

Il concetto di lifelong learning si fonda sull’idea che l’apprendimento non sia confinato a un periodo specifico della vita, ad esempio la scuola o l’università, ma che accompagni ogni individuo per tutta la vita in modo permanente e costante. Questo approccio valorizza il sapere formale e informale, le esperienze sociali e personali, i contesti educativi non convenzionali. In questo senso, l’apprendimento diventa uno strumento non solo di crescita individuale, ma anche di inclusione sociale e di cittadinanza attiva.

Emblematico è l’esempio dei minori stranieri che, arrivati, in Italia, devono fare i conti con un sistema completamente diverso dal loro.

In Italia, l’arrivo dei minori stranieri porta con sé sfide legate all’inserimento scolastico, all’apprendimento della lingua e all’adattamento alle regole di una società nuova. Spesso, però, il percorso di integrazione si riduce a una serie di passaggi obbligatori: imparare l’italiano, rispettare le norme, prepararsi a un futuro lavorativo. Questa visione rischia di trasformarsi in una forma di integrazione forzata, dove le priorità è l’adattamento immediato, piuttosto che la costruzione di una reale partecipazione sociale. Avere una buona formazione professionale è importante, su questo non ci sono dubbi, ma il problema nasce quando l’idea di formazione continua viene ridotta solo a un insieme limitato di competenze, spesso pensate unicamente per soddisfare le esigenze del mercato capitalistico. In questo schema, la lingua madre e le tradizioni culturali rischiano di essere considerate un ostacolo, invece che un patrimonio da condividere.

L’obiettivo dovrebbe invece essere quello di favorire nei giovani stranieri un percorso verso la cittadinanza attiva, intesa come partecipazione consapevole alla vita della comunità. Il lifelong learning offre in questo senso una chiave di lettura efficace: non si tratta soltanto di imparare una lingua o le regole, ma di sviluppare un apprendimento continuo che valorizzi le competenze pregresse, la cultura d’origine e l’esperienza migratoria come risorsa. Si tratta di un metodo che invita a leggere la diversità come una ricchezza, e a riconoscere che ogni esperienza educativa deve tenere conto delle diversità presenti nella scuola o nella società.

Per concretizzare questo approccio, c’è la necessità di ripensare i luoghi educativi e le modalità di coinvolgimento.

Come accennato in precedenza, bisogna valorizzare le identità, ovvero riconoscere che ogni bambino o ragazzo porta con sé una storia unica, che non deve restare in ombra ma può diventare un’occasione di crescita per tutti. Pensiamo, ad esempio, a un alunno di origine straniera che racconta ai compagni le tradizioni del proprio paese: quel momento non è solo un racconto personale, ma diventa una lezione di geografia, di storia e soprattutto di intercultura. Anche un semplice piatto cucinato in casa, o una fiaba narrata nella propria lingua madre, può diventare un ponte tra culture e un arricchimento per tutta la classe.

In questo contesto, la scuola non può limitarsi a trasmettere nozioni standard, ma deve trasformarsi in una comunità educativa. Ciò significa creare spazi in cui ci sia tempo per l’ascolto e il confronto: un insegnante che apre un cerchio di parola ogni settimana, ad esempio, offre agli studenti la possibilità di condividere emozioni, difficoltà e successi. In questo modo il giovane impara a vedere la scuola come una seconda casa.

Non sono da sottovalutare le esperienze sociali e culturali: lo sport, ad esempio, permette a ragazzi di lingue e culture diverse di collaborare per raggiungere un obiettivo comune, segnare un gol o vincere la partita. L’arte, con i laboratori teatrali o musicali, dà voce a chi magari non trova le parole in italiano ma riesce a esprimersi con il corpo o con i suoni. Una mostra fotografica organizzata dagli studenti può raccontare i luoghi della loro città visti con occhi diversi.

Infine, l’inclusione non può fermarsi ai banchi di scuola: è necessario coinvolgere famiglie e comunità. Una festa di fine anno in cui i genitori cucinano piatti tipici, o un progetto di lettura condivisa che vede insieme adulti e ragazzi, sono occasioni in cui la relazione educativa si allarga e diventa comunitaria.

Applicare il metodo del lifelong learning all’integrazione dei minori stranieri significa passare da una prospettiva di adattamento ad una di crescita reciproca. Solo in questo modo l’integrazione non sarà più una sfida da affrontare, ma un’opportunità per formare cittadini attivi e consapevoli, capaci di arricchire con le proprie esperienze il futuro comune.

La vera inclusione nasce quando nessuno deve rinunciare alla propria identità per cercare di appartenere, quando tutti imparano a riconoscersi nell’altro.

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Ufficio stampa