Stop al commercio con gli insediamenti illegali - Azione Cattolica Italiana

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Nelle stesse ore in cui Israele intensifica le operazioni di terra a Gaza City, dopo quasi due anni di bombardamenti ininterrotti nella Striscia, decine di realtà associative ed organizzazioni nazionali ed internazionali rilanciano l’iniziativa “Stop al commercio con gli insediamenti illegali” promossa da Oxfam, per chiedere al governo italiano e ai governi europei di interrompere il commercio con gli insediamenti nei territori palestinesi occupati.

Il Rapporto da cui muove l’iniziativa – tra le molte adesioni in Italia citiamo Amnesty International Italia, First Social Life, Fondazione Finanza Etica, Fondazione Gruppo Abele, Libera, Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente, Pax Christi, Rete Humus, Rete Italiana Pace e Disarmo, Un Ponte Per, Vento di Terra – mira a diffondere la conoscenza degli effetti disartrosi dell’economia dell’occupazione israeliana nei territori palestinesi e chiede al governo italiano di bandire il commercio con gli insediamenti illegali e imporre trasparenza sull’origine dei prodotti.

Infatti, si legge nel documento: “Il progetto di insediamento illegale realizzato da Israele ha frammentato la Cisgiordania e distrutto l’economia palestinese causando povertà diffusa e sofferenza. Le famiglie con cui collaboriamo sperimentano costantemente la violenza dei coloni estremisti, trasferimenti ed espropri forzati, dure restrizioni alla libertà di movimento e la totale negazione del diritto all’autodeterminazione e alla sovranità”.

Il parere della Corte Internazionale di Giustizia

Nel luglio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia, con un parere consultivo, ha ribadito che gli Stati devono astenersi “dall’instaurare con Israele trattative economiche o commerciali concernenti i Territori Palestinesi Occupati, o parti di essi”, e che devono “adottare misure per prevenire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale”. Ciononostante, continuano gli estensori del rapporto: “l’Unione Europea e i suoi Stati membri costituiscono il maggiore interlocutore commerciale di Israele e le loro politiche continuano a sostenere finanziariamente e regolare l’economia degli insediamenti in aperta violazione del diritto internazionale”.

L’iniziativa di resistenza pacifica, attraverso il boicottaggio economico, arriva in un momento in cui il genocidio a Gaza e l’aumento delle violenze e delle occupazioni in Cisgiordania – due facce della stessa medaglia – sembrano inarrestabili. Infatti, il numero di vittime nella Striscia di Gaza ad oggi – più dell’80% civili secondo un’indagine congiunta di +972 Magazine, Local Call e The Guardian – è pari a 65.000, mentre quello dei feriti e mutilati raggiunge i 165.000; tra questi, tanti, troppi bambini. A tal proposito, anche l’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, attraverso un lungo e articolato studio, parla esplicitamente di genocidio in atto.

Qualcosa dal basso si può fare

Al cospetto di questa deriva dell’umanità, quante volte il tema dell’impotenza è stata al centro dei nostri pensieri? Quanto spesso, davanti alle testimonianze fotografiche dei bombardamenti o degli attacchi dei coloni, ci siamo sentiti o ci siamo detti senza potere? Se è innegabile che i grandi leader mondiali si sono dimostrati non già guida, ma timone allo sbaraglio, per usare le parole del cardinale Domenico Battaglia, qualcosa dal basso si può fare.

Già lo scorso giugno, nel rapporto della relatrice speciale dell’ONU Francesca Albanese è emerso con chiarezza il legame sistematico tra economia e genocidio nella Striscia di Gaza, fornendo all’opinione pubblica la possibilità di agire direttamente attraverso scelte di consumo e di risparmio consapevoli. Allo stesso modo, l’iniziativa “Stop al commercio con gli insediamenti illegali”, mettendo in luce la stretta correlazione tra l’attività di alcune aziende e la distruzione sistematica di abitazioni in Cisgiordania, con conseguente spostamento di popolazione, arresti arbitrari e misure punitive collettive, apre un’ulteriore breccia nel muro dell’impotenza e da anche a noi, i senza potere, qualche strumento per sottrarci alla complicità.

Recapiti
Mariantonietta D'Apolito