Il centro di ricerca Fondazione Luigi Einaudi ha annunciato l’istituzione dell’Osservatorio sul diritto all’innovazione. L’iniziativa ha valore complementare alle istituzioni: infatti, offre competenze giuridiche e accademiche al servizio del governo e della ricerca.
Una missione indipendente che arriva dallo studio e dalla ricerca di commissioni scelte composte da esperti sulla questione dell’innovazione tecnologica, con particolare focus sull’Intelligenza Artificiale (IA).
A fronte del veloce impatto sociale e tecnologico a cui l’IA ha sottoposto l’Italia e il mondo intero, la Fondazione, e ora in particolar modo l’Osservatorio, intende “mantenere un approccio metodologicamente laico che consenta di approfondire in modo completo i vari profili cognitivi così da offrire all’opinione pubblica e ai decisori politici un utile contributo ai fini delle deliberazioni a carattere regolatorio che si renderanno necessarie”.
Un “manifesto di apertura”
Nomen omen. L’interesse dell’Osservatorio verso la trasformazione digitale e l’innovazione tecnologica hanno evidenziato problematiche europee di approccio da risolvere e colmare. Infatti, nel manifesto dell’Osservatorio si indica l’apertura al cambiamento come sottotesto permeante dell’iniziativa. Il cambiamento è ineluttabile, “non può essere arrestato evocando fantasmi, ma va governato in modo consapevole e pragmatico, com’è sempre accaduto nelle fasi più felici della Storia e com’è proprio della vocazione umana alla ricerca e al perseguimento del benessere”.
Anche se è forte il focus sulla ricerca tecnologica, rimane chiaro l’obiettivo principale. Assicurare una regolamentazione non dettata dalla paura del cambiamento e della poca conoscenza. Infatti, nella missione dell’Osservatorio rientra anche la tutela dei diritti individuali, la libertà di impresa e l’avanzamento tecnologico, tenendo conto delle normative come il GDPR ma senza soccombere ad esse.
Secondo i dati dell’economista Domenica Lombardi, componente nel comitato scientifico dell’Osservatorio, le aziende europee hanno visto il profitto ridursi del 3% dall’entrata in vigore del GDPR, con gli investimenti in calo del 26%.
Sottolineano gli esperti della neonata Commissione che lo sbaglio non è la regolamentazione ma l’eccessiva rigidità burocratica nelle normative. Ciò infatti toglie potenza alle esigenze di competitività e non stimola crescita e sviluppo economico e tecnologico. Un rischio quindi già constatato che l’Osservatorio invita a non ripetere anche nella nuova era tecnologica che l’Ue sta affrontando, improntata verso la crescita dell’IA.
A un anno dal Report europeo di Mario Draghi, il motto (e la speranza) che l’Ue non imponga regole che diventino un freno allo sviluppo è ancora una richiesta necessaria e valida.
Articolo di T.S.
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