Moda e pubblicità in Italia 1950-2000, la nuova nostra di Fondazione Magnani Rocca

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Moda e pubblicità in Italia 1950-2000, la nuova nostra di Fondazione Magnani Rocca

Un viaggio intelligente e ironico tra desideri, stereotipi e rivoluzioni visive di un Paese che cambia
La mostra è aperta fino al 14 dicembre 2025 a Mamiano di Traversetolo – Parma

Non avrai altro stile all’infuori di me. Potrebbe essere una frase simbolo di una supermodel anni 90’, quelle lanciate dal genio visionario di Gianni Versace. Un concetto che identifica i cinquant’anni che hanno cambiato la società italiana e si rifà allo scandaloso slogan “Non avrai altro jeans all’infuori di me” sopra la foto di Oliviero Toscani per Jesus jeans.

È da questa immagine potente e provocatoria che prende forma un nuovo, sorprendente percorso espositivo alla Fondazione Magnani-Rocca, la “Villa dei Capolavori”. Immersa nella campagna parmense, la Fondazione custodisce una delle più importanti collezioni d’arte private al mondo — Monet, Renoir, Cézanne, Tiziano, Goya — e si conferma ancora una volta come luogo in cui l’arte, la memoria e la cultura visiva dialogano con le trasformazioni del presente.

Dal 1950 al 2000 lo stile italiano si lancia nel mondo.

È l’era di brand celeberrimi da Fiorucci ad Armani, da Versace a Moschino, di modelle vere dive e icone del loro tempo.

La moda diviene una macchina potente di comunicazione e si definisce come linguaggio e performance del corpo. La mostra racconta come la moda e la pubblicità, insieme, abbiano saputo attraversare i cambiamenti economici, sociali e culturali del nostro paese a generare, registrandone i racconti, i miti, gli stereotipi, la creatività, i desideri.

Gli anni Ottanta e Novanta segnano l’apice: vedono l’indiscusso successo del brand “Made in Italy” che si trasforma anche in metabrand. La moda italiana smette di essere solo industria e comunica storie, personaggi, esperienze creando nuovi immaginari. Quegli immaginari che si traduranno in nuovi soggetti consumatori.

La pubblicità dunque cattura nelle sue maglie un Paese che si guarda e si reinventa. Le supermodelle non sfilano: interpretano e costruiscono miti. I brand non vendono: inscenano mondi narrativi.

Ma prima di tutto questo, c’è una lunga storia da raccontare. Una storia che parte dal dopoguerra, attraversa sogni domestici e rivoluzioni silenziose, si nutre di televisione, grafica, fotografia, slogan, fino a trasformare l’immagine in linguaggio. Una storia italiana che si nutre di suggestioni diverse che si moltiplicano in quella che diventerà una rete: collettiva, visiva.

Forse la pubblicità non dice chi siamo. Dice cosa temiamo di essere e cosa sogniamo di diventare. È un archivio delle nostre illusioni, delle ansietà e paure, e dunque delle nostre verità più profonde. Sfogliarla è come leggere il nostro DNA culturale. È una grammatica emotiva che ci accomuna. Un atlante di desideri che cambia forma con ogni generazione.

La mostra ‘Moda e Pubblicità in Italia 1950-2000’, dal 13 settembre al 14 dicembre 2025 alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo (Parma), invita il pubblico a un viaggio nel cuore visivo del secondo Novecento italiano. Più di trecento opere – tra manifesti, riviste, spot, fotografie, cinema, video, gadget pubblicitari e persino le mitiche figurine Fiorucci – in un percorso inedito che attraversa cinquant’anni di trasformazioni dell’immaginario collettivo, con uno sguardo filologico ma poetico sulla storia della moda e della sua comunicazione, a comporre l’atlante visivo di un’Italia che cambia pelle e desideri. Il cinema e la televisione ne diventano lo specchio, con spot entrati nel mito collettivo tra gli anni Ottanta e Novanta.

Gli scatti dei grandi maestri della fotografia di moda – Giampaolo Barbieri, Giovanni Gastel, Alfa Castaldi — e le illustrazioni di René Gruau, Sepo, Erberto Carboni, Franco Grignani, Crepax, Antonio Lopez, Lora Lamm – restituiscono un’estetica che è insieme racconto pubblicitario e ritratto di un’epoca.

Pucci, Ferré, Armani, Gruppo GTF, Moschino, Fiorucci, Alberta Ferretti, Dolce & Gabbana, Versace, Prada, Zegna, Max Mara, Diesel: non solo grandi stilisti e brand, ma architetti di immaginari. Hanno trasformato la moda italiana in un linguaggio globale e in un dispositivo culturale capace di plasmare desideri, status e identità.

Un paese raccontato nei suoi spot

L’Italia entra nel secondo dopoguerra timidamente, osservando il dinamismo pubblicitario americano ma restando ancorata a un sistema artigianale: grafici, illustratori, cartellonisti. È solo dagli anni Settanta che la fotografia – e con essa la visione moderna del fashion advertising – si impone davvero, grazie a protagonisti come Oliviero Toscani. La pubblicità della moda, inizialmente strumento descrittivo, evolve in linguaggio simbolico, capace di raccontare valori, tensioni, visioni.

Fino agli anni Ottanta, lo sviluppo è ostacolato da un sistema mediatico rigido e pedagogico: Carosello, con le sue regole e le sue censure, ritarda il confronto con le avanguardie internazionali. Ma proprio questa lentezza crea una forma di “italianità pubblicitaria”, un gusto visivo e narrativo che unisce memoria, ironia e affabulazione.

La vera svolta arriva con le televisioni private, il colore in tv, la disgregazione dei modelli unici: la pubblicità diventa un linguaggio pop, potente, invasivo. È una nuova forma d’arte visiva, e la moda il suo laboratorio più vibrante. Un’importante sezione della mostra sarà dedicata proprio alla visione di alcuni degli spot televisivi più iconici di quegli anni, entrati a far parte dell’immaginario collettivo.

Una macchina del tempo estetica e culturale

Negli anni Cinquanta, il messaggio pubblicitario sogna l’America e celebra il frigorifero. Le cucine diventano palcoscenici ideologici, la donna regina silenziosa dell’universo domestico.

Negli anni Sessanta, la motorizzazione, la televisione e il baby boom trasformano i consumi in abitudini. È il tempo della “normalità desiderata”: la pubblicità non riflette più la realtà, la inventa.

Gli anni Settanta sono ambigui: tra la famiglia del Mulino Bianco e il femminismo, la pubblicità fluttua tra rassicurazione e inquietudine. È ancora costretta entro cliché, ma comincia a incrinarli.

Negli anni Ottanta, l’immagine si libera. Il corpo diventa testo (come diceva Roland Barthes) e il brand un mito inconscio (Dichter), la realtà un simulacro estetico (Baudrillard). La pubblicità non mostra più un mondo: lo crea, lo ritualizza, lo desidera.

Gli anni Novanta sono già globali, ironici, postmoderni. La pubblicità gioca con i codici, i marchi diventano attori culturali, i consumatori sono interpreti attivi. È il tempo del “brand come rituale sociale”, come racconto condiviso.

Visioni, ruoli, rituali – La pubblicità crea i bisogni o li rispecchia? Viviamo in un mondo di immagini che non rimandano più al reale? Siamo spettatori o co-autori della narrazione pubblicitaria?

Il brand ci dà libertà o ci organizza in rituali condivisi? Il corpo che vediamo è messaggio, strumento, o enigma?

La mostra è un laboratorio di queste e altre domande. Attraverso una sequenza visiva di grande forza, ogni visitatore è invitato a riflettere sul rapporto tra immagine e identità, tra consumo e coscienza, tra visibilità e potere.

Le collaborazioni – L’esposizione, fra gli altri contributi, si avvale della collaborazione col prestito di un importante numero di manifesti d’epoca del Museo nazionale Collezione Salce di Treviso e della Collezione Alessandro Bellenda – Galleria L’IMAGE, Alassio (SV), del Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma, della Civica Raccolta delle Stampe ‘Achille Bertarelli’ – Castello Sforzesco del Comune di Milano, di archivi aziendali e di importanti collezioni private. Per tutta la parte filmica si avvale del contributo dell’Archivio Generale Audiovisivo della Pubblicità Italiana e del personale apporto del suo Fondatore e Direttore, lo storico della pubblicità Emmanuel Grossi.

L’Archivio Storico Barilla mette a disposizione alcuni spettacolari caroselli con Mina (1965-1970) con gli abiti disegnati da Piero Gherardi, costumista di Fellini, e da altri celebri couturier.

La mostra e il catalogo – La mostra – a cura di Dario Cimorelli, Eugenia Paulicelli, Stefano Roffi come il precedente capitolo dedicato al periodo 1850-1950 – è accompagnata da un ricco catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, dove, oltre alla riproduzione di tutte le opere esposte, vengono pubblicati saggi di Eugenia Paulicelli, Silvia Casagrande, Vanessa Gavioli, Emmanuel Grossi, Chiara Pompa, Emanuela Scarpellini.

Citazioni dai curatori

«Ogni decennio ha il suo modo di desiderare. Rivedere queste immagini è come rivedere noi stessi, con altri occhi» – afferma Dario Cimorelli, cultore di storia della pubblicità.

Eugenia Paulicelli, docente alla City University of New York, sottolinea il valore antropologico e culturale della pubblicità, che «racconta mondi individuali e collettivi attraverso i corpi, le stoffe, i gesti, le luci, la musica».

Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca, conclude: «Questa mostra dialoga con l’identità della Villa, che è da sempre un luogo dove l’arte incontra la memoria. Anche la pubblicità, come la pittura, è una forma di rappresentazione del desiderio».

La Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo custodisce una delle più importanti collezioni d’arte di origine privata al mondo.

La Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo, espone infatti le opere appartenute a Luigi Magnani, con autori quali Monet, Renoir, Cézanne, Goya, Tiziano, Dürer, de Chirico, Rubens, Van Dyck, Filippo Lippi, Carpaccio, Burri, de Pisis, Tiepolo, Canova e la più significativa raccolta di lavori di Morandi.

Immersa nella campagna di Parma, la Villa conserva il fascino senza tempo degli ospiti illustri che l’hanno frequentata, con i suoi arredi di epoca neoclassica e impero, circondata dal Parco Romantico, un grande giardino all’inglese con piante esotiche, alberi monumentali e gli splendidi pavoni bianchi e colorati. Il Parco parco storico è stato recentemente restaurato grazie ai fondi del PNRR. Si tratta di un unicum mondiale per la sua eccezionale stratificazione: pochi luoghi in Europa possono vantare una testimonianza altrettanto completa dell’evoluzione dell’arte del giardino europeo. Nel parco coesistono armoniosamente tre visioni del paesaggio: il giardino formale ottocentesco voluto nel 1819 dal generale Filippo Paulucci delle Roncole, il parco all’inglese romantico realizzato da Marianna Panciatichi tra il 1850 e il 1860, e il giardino all’italiana progettato da Luigi Magnani negli anni ’60 del Novecento.

A completare questa sintesi viva di tre secoli di paesaggismo, un giardino contemporaneo ispirato al “New Perennial Movement”, che reinterpreta in chiave ecologica e sensibile il rapporto tra natura, estetica e cultura.

MODA E PUBBLICITÀ IN ITALIA 1950-2000
Fondazione Magnani-Rocca, Villa dei Capolavori, Mamiano di Traversetolo (Parma)

Dal 13 settembre al 14 dicembre 2025. Orario: dal martedì al venerdì continuato 10-18 (la biglietteria chiude alle 17) | sabato, domenica e festivi continuato 10-19 (la biglietteria chiude alle 18). Aperto anche 1° novembre e 8 dicembre | Lunedì chiuso.

Biglietti: € 15 valido anche per le Raccolte permanenti e il Parco Romantico | € 13 per gruppi di almeno quindici persone | € 5 per le scuole e sotto i quattordici anni. Il biglietto comprende anche la visita libera agli Armadi segreti della Villa. Per meno di quindici persone non occorre prenotare; i biglietti si acquistano all’arrivo alla Fondazione.

Info: www.magnanirocca.it | info@magnanirocca.it | 0521 848327 / 848148

Visite guidate: il sabato ore 16 e la domenica e festivi ore 11.30, 15.30, 16.30, visita alla mostra ‘Moda e Pubblicità in Italia’ con guida specializzata; è possibile prenotare a prenotazioni@magnanirocca.it , oppure presentarsi all’ingresso del museo fino a esaurimento posti; costo € 20 (ingresso e guida).

Ristorante tel. 0521 1627509   whatsapp 393 7685543   e-mail marco@bstro.it

Ufficio Stampa: Studio ESSECI  Sergio Campagnolo

Rif. Simone Raddi  simone@studioesseci.net  tel. 049 663499.

Cartella stampa e immagini: www.studioesseci.net

La mostra è realizzata grazie al contributo di:

FONDAZIONE CARIPARMA, CRÉDIT AGRICOLE ITALIA

Media partner: Gazzetta di Parma, Kreativehouse.

Con la collaborazione di: AXA XL Insurance e Aon

Angeli Cornici, Bstrò, Cavazzoni Associati, Società per la Mobilità e il Trasporto Pubblico.

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