È possibile simulare la complessità biologica di un individuo per prevedere l’evoluzione di una malattia e stabilire la terapia ideale? Gli studi sono in corso e la risposta potrebbe non essere così lontana
Alzi la mano chi non ha mai sognato di avere un gemello, o meglio un clone, con cui condividere le fatiche della vita. Il film “Mi sdoppio in 4” ha ironicamente portato sul grande schermo questo desiderio, ma le conseguenze di dover dividere la propria vita con una copia di sé stessi possono essere pericolose (“Il sesto giorno”) o del tutto tossiche (“Inseparabili”). Al di fuori dei confini della fantascienza, gli studi sui gemelli rappresentano una risorsa preziosa per la ricerca in campo scientifico, come dimostra il “Twin Study”, realizzato anni fa dalla NASA mettendo a confronto due gemelli esposti a diverse condizioni ambientali, uno in orbita e l’altro rimasto sulla Terra. Oggi, nel pieno dell’era dell’intelligenza artificiale, l’interesse è rivolto anche ai “gemelli digitali”, cioè alle copie virtuali di persone o processi biologici costruite a partire da dati reali.
DAI SIMULATORI DI VOLO AI MODELLI CARDIACI
È già da molto tempo che utilizziamo i simulatori, programmi sempre più precisi e dettagliati in grado di replicare le condizioni di volo, nel caso di un aereo, o di riprodurre fedelmente il bilanciamento di un’automobile da corsa. Molti piloti di Formula 1 si allenano sui simulatori e a tanti sarà già capitato di leggere che le dinamiche di un incidente aereo vengano riproposte al simulatore per comprendere a fondo la natura di un problema. Si tratta di esempi ormai entrati nella vita comune, che evidenziano i vantaggi di disporre del ‘gemello digitale’ di una macchina attraverso cui porre in correlazione, in modo bidirezionale, l’universo fisico con quello virtuale: ciò genera montagne di dati e consente di aggiornare le conoscenze nella progettazione di nuovi velivoli, automobili o altri sistemi complessi, nonché di incrementare l’innovazione di un’ampia gamma di servizi.
In medicina, lo stesso approccio può essere esteso allo studio del corpo umano. Qualche tempo fa, la rivista Time ha pubblicato un articolo che citava le ricerche della professoressa Blanca Rodriguez, esperta di Medicina Computazionale all’Università di Oxford, che ha creato un modello virtuale del cuore, utilizzando un fitto schema di equazioni e incrociando valanghe di dati, in modo da poterne fare uso nei trial farmacologici per meglio comprendere l’impatto di alcune molecole sull’alterazione del ritmo cardiaco: i risultati della sua ricerca si sono dimostrati anche più affidabili degli studi condotti su modelli animali, a conferma di come i gemelli digitali possano essere una risorsa da sfruttare con intelligenza (anche artificiale).
COLTURE CELLULARI, ORGANOIDI E INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Senza la potenza analitica degli algoritmi di intelligenza artificiale difficilmente i gemelli digitali potrebbero rivelarsi utili, dal momento che la loro accuratezza dipende proprio dalla capacità di analisi di un’impensabile quantità di dati. In medicina, l’impiego di un approccio basato su gemello digitale prevede di poter integrare i dati clinici di un individuo (da quelli ematochimici e di genetica alle immagini prodotte dalla TAC o dalla risonanza magnetica), di riprodurre processi biologici e patologici per mostrare come si evolva una malattia e, infine, di simulare diversi scenari di cura. Tutto ciò potrebbe mettere nelle mani del medico informazioni indispensabili per orientare il percorso terapeutico del malato.
D’altro canto non è una novità che la medicina faccia uso di “modelli” per testare innovative soluzioni farmacologiche: dalle colture cellulari alle cavie in laboratorio, fino agli organoidi, aggregati cellulari con una ben specifica conformazione tridimensionale che assomigliano a organi in miniatura e permettono di replicare con precisione vari processi fisiologici e patologici. La storia, quindi, propone un’ampia panoramica di modelli che non sono mutualmente esclusivi, bensì tra loro integrabili. I gemelli digitali, quindi, non sostituiscono lo studio di modelli classici ma si combinano ad essi, incrementando il livello qualitativo dell’informazione ottenuta. Oggi stanno rivelando la loro utilità in ambito cardiologico (per lo studio delle aritmie), neurologico (epilessie, malattie di Alzheimer e di Parkinson e sclerosi multipla), oftalmologico (cheratite neurotrofica) e ovviamente oncologico, per supportare la scoperta di nuovi farmaci ad azione mirata contro i tumori.
I PROGETTI “DIGITAL TWIN” E “ONCOLOGIA”
In particolare, il progetto “Digital Twin” di Humanitas (finanziato con 3 milioni di euro dal programma FISA del Ministero dell’Università e della Ricerca) aspira a rivoluzionare i trattamenti oncologici combinando l’utilizzo di gemelli digitali e intelligenza artificiale generativa. “Il progetto rappresenta un’opportunità unica per migliorare la comprensione e il trattamento dei tumori rari, patologie di complessa gestione clinica”, afferma in un comunicato stampa il prof. Matteo Della Porta, Responsabile della sezione Leucemie dell’Unità Operativa di Ematologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, che guiderà la ricerca. “La medicina personalizzata, basata sull’analisi dei dati specifici del paziente, offre una strategia promettente per migliorare la diagnosi e la cura di queste condizioni”. Per questo motivo, patologie oncologiche come le leucemie e le sindromi mielodisplastiche rappresentano il primo obiettivo del progetto, che allarga i suoi confini allo sviluppo di modelli predittivi di medicina personalizzata applicabili anche ad altre patologie umane complesse, a partire dai tumori solidi.
Digital Twin è frutto della partnership tra IRCCS Istituto Clinico Humanitas - primo in Italia a essersi dotato di un AI Center - e Humanitas University e prevede, tra i vari obiettivi, lo sviluppo di un “gemello digitale umano interconnesso” che integra dati da diverse fonti per monitorare l’evoluzione di una malattia nel tempo. I ricercatori sono fiduciosi che questo genere di ricerca possa apportare concreti benefici allo sviluppo di nuovi trattamenti, a partire da una riduzione dei tempi della ricerca. Logicamente, tutto ciò è reso possibile dall’implementazione dell’intelligenza artificiale. “È un partner che ci permette di esplorare nuove frontiere nella medicina personalizzata – aggiunge Victor Savevski, Chief Innovation Officer e Direttore di Humanitas AI Center – e ha importanti implicazioni: evitare ai pazienti trattamenti inefficaci e ridurre i costi sanitari a lungo termine”.
Un analogo programma di ricerca, dal titolo “OncologIA”, prevede di creare un gemello digitale del paziente affetto da tumore, ricostruendo con precisione il quadro clinico e consentendo così l’adozione delle terapie più efficaci per contrastare la malattia. Realizzato dal Gruppo Almaviva, OncologIA coinvolge il Politecnico di Bari e l’Università del Salento e sta attraversando le fasi di sperimentazione all’IRCCS Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari, grazie al finanziamento della Regione Puglia. In questo caso, il modello allo studio non prevede solo una “replica digitale” del paziente ma anche un’ottimizzazione del processo di cura, che può essere monitorato in maniera capillare attraverso dispositivi indossabili che registrano centinaia di parametri insieme, aiutando il malato in ogni fase di tale percorso.
UN LIVELLO DI EFFICIENZA ANCORA IN FASE DI REGOLAZIONE
Sotto molti aspetti, i gemelli digitali si stanno proponendo come un paradigma innovativo nella medicina di precisione per la loro capacità di integrare dati di natura differente e prevedere le risposte patologiche dell’organismo, disegnando scenari diagnostici e terapeutici impensabili fino a pochi anni fa. Tuttavia, a dispetto di quanto finora descritto, rimane ancora molta strada da percorrere prima di vedere i gemelli digitali in un ambito prettamente clinico: ad oggi, nessun dispositivo basato su questa tecnologia è stato approvato dagli enti regolatori internazionali ed è ancora in fase di definizione il contesto legale per l’utilizzo di simili strumenti, allo scopo di garantire il rispetto della privacy e la trasparenza d’uso. Tuttavia, il potenziale dei gemelli digitali è elevatissimo e il loro impiego non potrà che migliorare la qualità della ricerca medico-scientifica.