La povertà educativa è una delle forme più subdole di esclusione sociale: non si limita alla mancanza di accesso all’istruzione, ma riguarda la privazione delle opportunità necessarie a sviluppare pienamente le proprie capacità, aspirazioni e talenti. Colpisce soprattutto i minorenni e i giovani in condizione di fragilità, i cosiddetti neet, ma anche interi nuclei familiari segnati da precarietà economica, isolamento sociale e mancanza di reti di supporto.
Non si tratta solo di libri o di banchi di scuola: la povertà educativa è assenza di stimoli culturali, di spazi di socializzazione sicuri, di adulti significativi in grado di accompagnare la crescita. È la condizione di chi non ha accesso ad attività sportive o artistiche, a strumenti digitali adeguati o a figure di riferimento capaci di sostenere il cammino scolastico e personale. In questo senso, la povertà educativa amplifica altre fragilità – economiche, abitative, sociali – creando circoli viziosi che riducono le possibilità di emancipazione.
Ricordiamo i termini della Commissione scientifica che l’Istat ha istituito nel 2023 per definire e misurare la povertà educativa: essa viene interpretata in modo ampio, non solo come mancanza di istruzione scolastica, ma come carenza di tutte quelle opportunità – familiari, scolastiche, sociali e culturali – che favoriscono lo sviluppo di competenze cognitive e non cognitive, come le capacità relazionali, emotive e di autonomia. La povertà educativa risulta essere, quindi, il risultato del combinato disposto di povertà di risorse e povertà di esiti.
Nel 2023, i dati Istat mostrano un forte peggioramento della povertà educativa in Italia. Il 70,5% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 19 anni non è mai andato in biblioteca e il 39,2% non ha praticato sport; inoltre, il 16,8% non ha partecipato ad alcuna attività culturale. Anche sul fronte dell’istruzione emergono criticità: il 10,5% dei giovani ha abbandonato la scuola precocemente e l’8,4% degli studenti dell’ultimo anno ha competenze insufficienti. L’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia resta limitato (28% agli asili nido). Tutto ciò si collega all’aumento della povertà assoluta tra i minorenni, che coinvolge il 13,5% dei bambini sotto i 16 anni, con picchi nel Mezzogiorno.
Il progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”, promosso dal CNCA e da una rete di 18 organizzazioni del terzo settore, interviene su questa emergenza con azioni concrete e integrate. Sono previsti percorsi di consulenza per la funzione genitoriale, per rafforzare la capacità delle famiglie di sostenere i figli; gruppi di autoaiuto e socializzazione che permettono di costruire comunità solidali; attività di supporto allo studio che non si limitano al recupero scolastico, ma che valorizzano le risorse trasversali dei minorenni, stimolando creatività, autonomia e fiducia in sé stessi.
L’approccio è quello dell’antifragilità: trasformare la condizione di svantaggio in occasione di crescita, mobilitando risorse latenti degli individui e delle comunità. Così, le difficoltà non vengono soltanto mitigate, ma diventano terreno fertile per nuove competenze e legami sociali più solidi.
Contrastare la povertà educativa significa investire sul futuro del Paese. Ogni ragazzo sostenuto, ogni famiglia accompagnata, ogni rete comunitaria attivata rappresentano non solo un’opportunità di riscatto individuale, ma anche un passo avanti verso una società più equa, coesa e capace di affrontare le sfide con resilienza e speranza.
Le doti educative, uno strumento innovativo contro la povertà educativa
Tra le pratiche più efficaci sperimentate in Italia per contrastare la povertà educativa ci sono le doti educative: percorsi personalizzati che mettono al centro ogni bambino o ragazzo, offrendo opportunità concrete di crescita che altrimenti resterebbero inaccessibili.
Non si tratta di semplici contributi economici, ma di progetti educativi su misura, che possono includere sostegno scolastico, attività sportive e culturali, corsi di musica, accesso a strumenti digitali o la presenza di un tutor dedicato.
Le doti restituiscono a bambini e ragazzi in contesti fragili non solo pari opportunità, ma anche la possibilità di scoprire e valorizzare i propri talenti.
Innovative perché flessibili e personalizzate, le doti educative non colmano soltanto un vuoto: aprono orizzonti, creano fiducia, attivano comunità educanti. Sono un investimento concreto sul futuro dei più giovani e, con loro, sull’intero Paese.
Nel seminario di dicembre 2024 organizzato dal progetto Perla, Silvia Mastrorilli della cooperativa Dedalus ha condiviso, con le organizzazioni afferenti all’iniziativa progettuale, una testimonianza significativa sull’uso delle doti educative come strumento innovativo di intervento. Ha portato l’esperienza di “FUTURA”, un progetto pilota che ha coinvolto 300 ragazze e giovani donne tra i 13 e i 24 anni a Napoli, Roma e Venezia. Attraverso percorsi personalizzati di beni, servizi e accompagnamento, le doti sostengono il completamento degli studi, l’ingresso nel mondo del lavoro o la conciliazione tra maternità e professione, con l’obiettivo di contrastare la povertà educativa e promuovere l’empowerment femminile.
Domenico Di Palma, CNCA
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