Grazie a uno studio statunitense emergono nuove evidenze scientifiche, mentre in Italia restano le solite vecchie disuguaglianze nell’accesso alle cure
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California di San Francisco (UCSF) segna un passo importante nella comprensione dell’endometriosi, una delle patologie ginecologiche croniche più diffuse e, al contempo, meno comprese. Grazie all’analisi di milioni di cartelle cliniche anonime, provenienti dai sei centri sanitari della stessa Università della California, gli scienziati hanno mappato centinaia di correlazioni tra l’endometriosi e altre malattie, delineando un quadro più nitido di una condizione che colpisce circa il 10% delle donne nel mondo, spesso senza essere diagnosticata.
L’endometriosi è una patologia cronica in cui il tessuto che normalmente riveste l’interno dell’utero, ovvero l’endometrio, si sviluppa in sedi anomale, causando dolore persistente, infiammazione e, in casi non rari, infertilità. L’unico modo certo per diagnosticarla in via definitiva resta ancora oggi l’intervento chirurgico, e i trattamenti disponibili, prevalentemente ormonali o chirurgici, non sempre risultano efficaci e possono avere effetti collaterali importanti.
Lo studio dell’Università della California è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports Medicine e si inserisce in un filone di ricerca che sta contribuendo a ridefinire l’endometriosi come una patologia sistemica, che coinvolge più apparati dell’organismo, e non solo l’apparato riproduttivo. Un cambio di paradigma oggi possibile grazie alla disponibilità di grandi volumi di dati clinici digitali e alle tecnologie computazionali avanzate.
NUOVE CONNESSIONI FRA ENDOMETRIOSI E ALTRE PATOLOGI
Utilizzando algoritmi sviluppati ad hoc, il team di ricerca americano ha confrontato i dati sanitari di pazienti con diagnosi di endometriosi con quelli di donne che non sono affette dalla malattia, individuando oltre 600 condizioni associate all’endometriosi stessa. Oltre ai già noti legami con problemi di infertilità, disturbi autoimmuni e reflusso gastroesofageo, sono emerse anche connessioni inaspettate con patologie oncologiche, asma, disturbi oculari e cefalea. L’analisi ha anche evidenziato la frequente coesistenza tra endometriosi e emicrania, rafforzando ipotesi precedenti sull’utilizzo di farmaci contro il mal di testa come potenziale trattamento. Le associazioni identificate sono state verificate su larga scala, confrontando i risultati ottenuti a San Francisco con quelli osservati negli altri centri clinici dell’Università della California, rafforzando la validità delle correlazioni emerse.
I ricercatori sperano che questo tipo di analisi su vasta scala possa accelerare il percorso verso diagnosi più rapide e trattamenti personalizzati, colmando un ritardo che per decenni ha lasciato milioni di donne inascoltate di fronte a una sofferenza spesso invisibile e invalidante.
ITALIA: ANCORA TROPPE DISPARITÀ
Nonostante l’avanzamento delle conoscenze scientifiche sull’endometriosi, le prospettive sul piano dell’accesso gratuito alle cure restano differenziate sia per gravità della malattia che per Regione, anche se dal 2025 sono entrate in vigore (con 7 anni di ritardo!) le norme dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) già approvate nel 2017.
Il nuovo Nomenclatore tariffario prevede che alcune prestazioni sanitarie, tra cui visite ginecologiche e diversi tipi di ecografie, siano esenti dal pagamento del ticket per le donne con diagnosi di endometriosi moderata o grave (III e IV stadio ASRM). Tuttavia, resta esclusa una larga parte delle pazienti: quelle che non hanno ricevuto una diagnosi chirurgica - requisito necessario per accedere alla classificazione in stadi - non rientrano infatti nelle tutele previste dai LEA.
Anche nei casi in cui la diagnosi consenta l’accesso alle prestazioni gratuite, permangono ostacoli legati alla reale fruibilità delle cure. Non tutte le Regioni italiane dispongono di centri pubblici specializzati nella diagnosi e nel trattamento dell’endometriosi, costringendo molte donne a spostarsi lontano dalla propria residenza per accedere alle visite di controllo o agli interventi necessari. Inoltre, la formazione dei medici sull’endometriosi non è sistematica né obbligatoria: questo comporta che solo alcuni professionisti, spesso concentrati in pochi centri di riferimento, abbiano l’esperienza necessaria per affrontare i casi più complessi. Di conseguenza, anche in presenza di una tutela teorica, l’effettiva accessibilità alle cure rimane condizionata da disuguaglianze territoriali e da liste d’attesa sempre più lunghe.