Associazione Comunità Il Gabbiano in Lombardia: l’housing sociale come accoglienza diffusa sul territorio - CNCA

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In Italia, negli ultimi 20 anni, il mercato immobiliare ha realizzato prevalentemente alloggi destinati alla vendita. Il progressivo ritiro del pubblico dagli investimenti immobiliari a fini sociali (dal 1984 al 2015 si è scesi dal 20% al 3,9% di edilizia agevolata sul totale degli immobili edificati) e la bolla speculativa del mercato immobiliare hanno notevolmente contribuito ad allargare l’area del disagio, sbarrando o rendendo difficoltoso l’accesso alla casa a vaste categorie di persone.

Le trasformazioni socio-demografiche e la crescita dei processi di precarizzazione sono alla base dell’attuale richiesta di abitazioni a costi accessibili, non più solo da parte dei ceti bassi, ma anche di quelli medio-bassi che non hanno la capacità di acquistare una casa e nemmeno il diritto di accedere all’edilizia popolare perché non sono ritenuti sufficientemente poveri.

Negli ultimi anni, poi, il bisogno abitativo si è esteso a fette sempre più ampie di popolazione a causa di dinamiche sociali ed economiche che si vanno ampliando: carriere lavorative interrotte o discontinue, difficoltà di accesso al mercato del lavoro, percorsi migratori, separazioni o famiglie monoparentali, aumento del costo degli immobili, coinvolgendo nuclei familiari, giovani coppie, anziani, immigrati regolari che vivono in condizioni sociali e/o economiche svantaggiate.

L’housing sociale: una risposta al bisogno di casa 

L’housing sociale – che nasce come offerta di alloggi rivolta a persone che, escluse per ragioni di reddito dall’edilizia residenziale pubblica, non sono in grado di sostenere i costi del libero mercato – diventa sempre più un intervento dal forte valore e potenziale sociale che apre nuove possibilità di integrazione e convivenza in un’ottica di miglioramento della qualità della vita personale e della comunità di residenza e di contrasto a fenomeni sommersi e illegali che costituiscono un rischio per l’intera cittadinanza (sub-affitto, evasione fiscale…).

È, inoltre, una risposta flessibile che può declinarsi dalla “semplice” offerta di un alloggio per singoli e famiglie, temporaneamente in difficoltà, all’offerta di alloggi per persone in condizione di fragilità sociale che, invece, necessitano di una casa come parte integrante di un percorso più ampio volto all’autonomia dopo periodi di accoglienza, riabilitazione o assistenza protetti (persone con disabilità fisica e psichica, rifugiati, madri con bambini, giovani da poco maggiorenni, giovani a rischio emarginazione, vittime di tratta e/o violenza).

L’impegno dell’Associazione Comunità Il Gabbiano

L’Associazione Comunità Il Gabbiano ODV si occupa fin dalle sue origini di accoglienza. Nasce come comunità terapeutica, ma fin dai suoi esordi nel 1983 l’associazione è consapevole che, dopo un periodo più o meno lungo vissuto in un luogo protetto come quello della comunità terapeutica, le persone devono necessariamente ritornare a vivere sul territorio. Questo ritorno, desiderato e sognato dalla gran parte delle persone accolte temporaneamente nelle comunità, è sempre più difficile; spesso le persone fragili faticano a trovare una casa e un lavoro senza i quali è quasi impossibile ri-costruire un proprio progetto di vita.

Per questo motivo negli ultimi quindici anni Il Gabbiano ha attivato, su tutti i territori in cui lavora, servizi di housing sociale, sorti a seguito di un’attenta analisi dei bisogni emergenti delle persone e progettati sempre in stretta collaborazione e concertazione con i servizi del territorio.

Il modello di housing messo a punto in questi anni è un modello che prevede l’accoglienza diffusa sul territorio, piccoli appartamenti capaci di ospitare dalle 3 alle 5 persone inseriti nei contesti di vita cittadina o di paese, mai troppo lontani dai centri abitati perché è nei centri abitati che si ricostruiscono lentamente e con fatica le trame di vita delle persone.

Il modello di housing proposto non si riduce però alla sola offerta di un’abitazione, ma tende a offrire anche, attraverso l’intervento di operatori esperti e qualificati, un accompagnamento individualizzato e tarato sui bisogni specifici delle persone accolte.

L’housing sociale del Gabbiano è stato sostenuto in questi anni da numerose e diverse progettazioni. In provincia di Lecco è nato grazie a un progetto sperimentale approvato con decreto regionale n.6964 del 01/08/2012 ai sensi della D.G.R. 3239/2012 “Linee guida per le sperimentazioni nell’ambito delle politiche di welfare sociale”; in provincia di Sondrio è nato dal progetto “Abitare, Accogliere in Valtellina approvato nell’ambito della D.G..R. 29 dicembre 2011 n. IX/2866 “Determinazione in merito alla ripartizione delle risorse del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali anno 2011”; in provincia di Bergamo con un progetto finanziato da Fondazione Cariplo – “Abitare insieme in Val di Magna” – pensato e costruito con le realtà del territorio ed ha consentito di ristrutturare una palazzina donata al Gabbiano e di predisporre 11 appartamenti per housing sociale; a Milano da un progetto, finanziato da Fondazione Cariplo, dal titolo “AB.I.C.T. Abitare Insieme Case e Territori a Milano”, che ha previsto l’assegnazione di due grandi appartamenti in un nuovo complesso residenziale nella zona di Affori. inoltre, Il Gabbiano è, da tempo, intervenuto anche direttamente, rilevando in affitto da Aler alcuni appartamenti per ospitare persone e famiglie in difficoltà.

L’esperienza nel progetto “Perla”

Il progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”, che prevede una linea specifica per il supporto alla ricerca di soluzioni abitative e l’accoglienza in housing sociale, si inserisce perfettamente in questo solco e ha consentito, a oggi, di inserire presso l’housing sociale del Gabbiano 5 persone a grave rischio di marginalità sociale e sostenerne 11 nella ricerca di alloggi abitativi a costi calmierati.

Negli appartamenti individuati dal Gabbiano sono ospitate persone che si trovano in situazioni di fragilità, persone provenienti dal carcere o da percorsi riabilitativi comunitari e persone che hanno una lunga frequentazione dei servizi per le dipendenze, dei servizi sociali, dei servizi psichiatrici territoriali. A tutti viene proposto un abitare sociale temporaneo che contempla, oltre all’offerta di dimora, anche l’offerta di servizi educativi, di supporto e di aiuto all’accompagnamento e al reinserimento sociale e lavorativo.

La gestione di tale modello prevede necessariamente due livelli:

  1. il primo livello è rivolto alla persona accolta in housing e prevede la co-costruzione di un Progetto di Accompagnamento e di reinserimento sul territorio tarato sulle caratteristiche ed esigenze individuali;
  2. il secondo livello è basato, invece, sul monitoraggio della situazione generale del territorio per organizzare azioni comuni che rispondano alle necessità come, ad esempio, la sottoscrizione di accordi e collaborazioni con enti e soggetti locali, la ricerca di servizi convenzionati, la creazione di relazioni basate sul mutuo aiuto tra persone per prevenire l’innescarsi di un circolo vizioso di povertà e vulnerabilità.

Dal lavoro fatto finora si consolida l’idea che sia sempre più necessario, da una parte, essere presenti là dove i fenomeni sociali accadono, imparare a leggerli e a comprenderli, dall’altra che “fare housing” e individuare soluzioni abitative per le persone più fragili con gli interlocutori locali abbia un valore non solo sociale ma politico: i territori devono essere pensati come “strutture” capaci di connettere le risorse delle persone, dei servizi, della comunità locale: una dimensione relazionale e allo stesso tempo concreta e operativa entro cui (ri)costruire legami, (ri)allacciare nodi, (ri)narrare storie, (ri)generare processi di cambiamento e benessere.

Lo spostamento che, da tempo, si prova ad attuare ed è sempre più necessario è quello di pensare al territorio come setting, cioè come orizzonte e campo di azione del lavoro terapeutico, educativo e sociale.

Si tratta, a nostro parere, di transitare da una concezione del lavoro sociale come insieme di attività concentrate nei “luoghi della cura” a una concezione di questo lavoro come insieme di attività orientate al prendersi “cura dei luoghi” per la salvaguardia dei diritti essenziali che riguardano la casa, il reddito, la salute, senza la garanzia dei quali non può esserci benessere personale e collettivo; al costruire insieme alle persone percorsi che possano soddisfare i loro bisogni in una logica non assistenzialistica, ma di empowerment, responsabilizzazione, partecipazione e sviluppo di opportunità, coinvolgendo il più possibile anche i cittadini/e in iniziative per la coesione della comunità locale che possano costruire intorno alle persone più fragili un tessuto sociale accogliente e supportivo.

Infine, ma non da ultimo, crediamo sia sempre più rilevante diventare consapevoli della valenza culturale e politica del nostro operato: il lavoro sociale è per sua natura anche politico. Promuovere giustizia sociale e contribuire al miglioramento dell’offerta dei servizi dell’abitare sono azioni integrate nel mandato professionale degli operatori sociali; sono azioni politiche poiché sono volte al tentativo di cambiamento degli aspetti strutturali che contribuiscono a generare le condizioni di fragilità delle persone.

Patrizia De Filippi, Associazione Comunità Il Gabbiano ODV

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