TW: Termovalorizzatori, Malattie respiratorie, Disposofobia
L’incenerimento dei rifiuti viene spesso presentato come una soluzione rapida ed efficiente per smaltire la spazzatura delle nostre città, soprattutto quando il processo è associato alla produzione di energia attraverso i termovalorizzatori. Ma la realtà è diversa, soprattutto per le comunità che vivono a ridosso di questi impianti e ne subiscono gli impatti ambientali e sanitari.
Oggi, 14 ottobre, ricorre la Giornata Mondiale contro l’incenerimento dei rifiuti, un’occasione per ricordare che questa pratica non rappresenta una risposta sostenibile alla crisi dei rifiuti. Al contrario, è incompatibile con i principi dell’ economia circolare, che si fondano sulla riduzione alla fonte, sul riuso dei materiali e sul riciclo, per dare ai prodotti una seconda vita e ridurre drasticamente ciò che finisce in discarica.
In questo modello virtuoso, l’incenerimento dei rifiuti non è presente: bruciare i rifiuti significa infatti produrre nuove emissioni inquinanti, disperdere materiali preziosi e perpetuare un sistema lineare che genera spreco e danni ambientali. Una scelta che, in molti casi, danneggia l’ambiente tanto quanto lo smaltimento in discarica.
Il termovalorizzatore dei Castelli Romani
Nel 2025 la costruzione di impianti di incenerimento dei rifiuti è ancora considerata una soluzione per la grande produzione di rifiuti. Ma per molte comunità locali, questa “soluzione” significa soprattutto nuovi rischi e vecchi problemi. Lo sanno bene lɜ abitanti dei Castelli Romani, un’area della provincia di Roma finita al centro di un acceso dibattito dopo la decisione del Sindaco della Capitale , Roberto Gualtieri, di realizzare un termovalorizzatore a Santa Palomba, in una porzione di territorio tra il comune di Pomezia e quello di Albano Laziale.
Una costruzione del genere ha indignato non solo la popolazione, che si è organizzata in Comitati locali, ma anche lɜ sindacɜ dei Comuni dell’Area Metropolitana interessati. Le ragioni sono molteplici: un impianto di questo tipo, oltre a rappresentare un freno alla raccolta differenziata , scoraggiando lɜ romanɜ a ridurre e separare correttamente i rifiuti, comporta gravi conseguenze ambientali e sanitarie per chi vive nei territori limitrofi.
Da mesi, lɜ abitanti dei Castelli Romani continuano a manifestare per difendere il loro diritto a respirare aria pulita, mentre l’amministrazione capitolina sembra convinta del progetto e resta ferma sulle proprie posizioni. Una vicenda che mette in luce le contraddizioni tra la promessa di transizione ecologica e il ricorso a soluzioni che appartengono a un modello di gestione dei rifiuti ormai superato.
Inceneritori e Termovalorizzatori: perché sono dannosi?
Gli inceneritori (e i cosiddetti termovalorizzatori), che promettono di produrre energia dal processo di combustione, continuano a dividere opinione pubblica ed esperti. A prima vista sembrano una soluzione apparentemente conveniente, visto che riducono i volumi di rifiuti e al tempo stesso generano calore ed elettricità. Ma la realtà è più complessa e meno rassicurante.
La combustione dei rifiuti, infatti, rilascia nell’ambiente una miscela di sostanze pericolose ed inquinanti, con effetti diretti sulla salute umana e sugli ecosistemi. Tra le più critiche troviamo:
- Particolato fine (PM10, PM2.5 e ultra-fini): particelle invisibili che si disperdono nell’aria, per poi entrare nei polmoni e nel sistema circolatorio, aumentando il rischio di asma, bronchiti croniche, ictus e malattie cardiovascolari.
- Ossidi di azoto (NOx): gas responsabili della formazione di smog fotochimico e dell’aggravamento di patologie respiratorie, soprattutto nei bambini e negli anziani;
- Diossine e furani: tra gli inquinanti organici persistenti più pericolosi, noti per la loro capacità di accumularsi negli organismi viventi, risalire la catena alimentare e rimanere nell’ambiente per decenni. Sono classificati come cancerogeni dall’OMS;
- Metalli pesanti (come piombo, cadmio e mercurio): si depositano nel suolo e nelle acque, contaminando colture e fauna. Una volta ingeriti, possono compromettere gli alimenti che mangiamo, con un impatto sullo sviluppo neurologico, il sistema immunitario e gli organi vitali.
In sintesi, dietro la patina di modernità ed efficienza, gli inceneritori e i termovalorizzatori nascondono un alto costo sanitario, ambientale ed economico, che ricade soprattutto sulle comunità che vivono nei pressi degli impianti.
Dati e studi: cosa ci dice la scienza
- In Emilia-Romagna, studi condotti dall’ISPRA e pubblicati nella collana Monitor hanno evidenziato correlazioni tra la vicinanza agli inceneritori e diversi esiti sanitari, tra cui malformazioni congenite e mortalità infantile.
- Nel Lazio, il Programma ERAS ha analizzato lo stato di salute delle popolazioni residenti vicino ai termovalorizzatori, riscontrando possibili relazioni con malformazioni congenite, morti infantili, e riduzione del peso alla nascita.
- Un rapporto dell’Imperial College di Londra, citato da GreenReport, evidenzia che anche impianti moderni possono avere effetti sanitari significativi: l’impatto dipende da fattori come la distanza, l’età dell’impianto, gli stili di vita (es. il fumo) e l’efficienza dei sistemi di abbattimento.
- Nell’inceneritore di Torino, si segnala una “evidenza limitata” per alcuni tumori (fegato, stomaco, colon-retto, polmone) e per anomalie congenite, specialmente nei casi di esposizione prolungata.
- A Trieste, uno studio caso-controllo mostra che il rischio di cancro al polmone appare inversamente proporzionale alla distanza dall’impianto: chi vive più vicino presenta un rischio maggiore.
- Nel caso di Valmadrera (Lombardia), uno studio epidemiologico ha rilevato tracce di metalli pesanti e sostanze organiche nei fumi dell’inceneritore, anche se interpretare le relazioni causa-effetto risulta complesso per la varietà dei fattori intervenienti.
Questi dati non “provano” in modo incontrovertibile che ogni inceneritore produce malattie, ma parlano di associazioni statistiche che non possono essere ignorate, soprattutto al principio di precauzione.
Casi locali che parlano forte
- Brescia ospita uno dei maggiori termovalorizzatori d’Italia, capace di trattare oltre 500.000 tonnellate di rifiuti all’anno e alimentare reti di teleriscaldamento. Nonostante l’adozione di tecnologie avanzate e controlli continui, è stato oggetto di contestazioni e denunce per violazioni delle direttive ambientali.
- A Schio (Veneto), il termovalorizzatore, con capacità attuale di circa 84.000 tonnellate – è al centro di un contenzioso con cittadini, comitati civici e associazioni (tra cui ISDE) che denunciano la potenziale emissione di PFAS, diossine e metalli pesanti.
- Il progetto di un inceneritore a Santa Palomba, nel territorio dei Castelli Romani, ha suscitato l’indignazione non solo dei residenti ma anche di diversi sindaci e comitati locali. Già oggi si sollevano obiezioni sull’impatto sanitario, ambientale e sul disincentivo alla raccolta differenziata, un rischio concreto per chi abita vicino.
Perché resta un’alternativa problematica
- Accumulo e dispersione: Le emissioni di diossine, furani e metalli pesanti (piombo, cadmio, mercurio) non si degradano rapidamente; si depositano sul suolo, sulle piante, nelle falde acquifere e risalgono nella catena alimentare, accumulandosi negli organismi viventi.
- Perdita di materiale utile: Molti scarti “bruciati” contengono materiali preziosi (metalli, plastica, composti organici) che potrebbero essere recuperati e riciclati in un’economia circolare degna di questo nome.
- Emissioni indirette: Il trasporto dei rifiuti verso l’impianto, la manutenzione e la gestione operativa generano ulteriore inquinamento atmosferico (gas serra, particolato).
- Scorie pericolose: Anche dopo la combustione, rimane un residuo: le ceneri pesanti e leggere (bottom ash e fly ash) contengono sostanze tossiche e devono essere smaltite come rifiuto pericoloso.
- Efficienza ed emissioni residue: Anche i termovalorizzatori “moderni” non eliminano completamente le emissioni, e le normative, per quanto severe, non azzerano il rischio residuo, specie se l’impianto è vecchio o mal gestito.
Un problema mondiale
L’associazione GAIA, Global Alliance for Incinerator Alternatives, formata da organizzazioni provenienti da più di 90 paesi, si batte per un’economia realmente sostenibile, fondata sul riciclo e sulla riduzione dei rifiuti, opponendosi all’uso degli inceneritori. Recentemente ha pubblicato un report che documenta l’impatto di questi impianti sulla salute della popolazione che vive nelle zone circostanti a questi impianti.
Per l’indagine sono stati installati monitor della qualità dell’aria in città delle Filippine, della Nigeria e dell’Indonesia vicine a questi tipi di strutture, aree caratterizzate dalla presenza di inceneritori e termovalorizzatori. I dati raccolti sono allarmanti: i livelli di particolato fine (PM2.5) nell’aria risultano da 5 a 8 volte superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo significa che l’aria respirata quotidianamente da chi vive in queste zone, non è solo inquinata, ma tossica e potenzialmente cancerogena, con conseguenze dirette su malattie respiratorie, cardiovascolari e l’aumento del rischio di tumori per la popolazione.
Perché ci sono ancora gli inceneritori?
Anche se questi inceneritori non rientrano nell’economia circolare e danneggiano sia noi che l’ambiente, la chiusura di queste strutture non è realistica nell’immediato. La verità è che produciamo troppi rifiuti: quantità che non può essere smaltita solo con la semplice raccolta differenziata (che non riesce ancora a gestire in modo efficace). Di fronte a questo scenario, l’unica alternativa che viene spesso evocata è la discarica, con i suoi rischi ambientali e sanitari: rifiuti che fermentano per decenni, emissioni di gas serra, percolato che può contaminare falde e terreni ed impianti costruiti non di rado vicino a centri abitati.
Per questo motivo, gli inceneritori vengono ancora considerati da molti decisori politici come “il male minore”: una scorciatoia per ridurre i volumi di rifiuti e generare energia, pur al prezzo di nuove emissioni inquinanti… e per questo continuiamo a usarli.
La vera domanda, però, non è se scegliere tra discarica o inceneritore, ma come ridurre alla fonte la produzione di rifiuti e investire su strategie di prevenzione, riuso e riciclo che rendano entrambe queste opzioni obsolete.
Come possiamo cambiare il mondo?
La strada da percorrere è ancora lunga, ma non dobbiamo lasciarci abbattere. Ogni volta che si costruisce un nuovo inceneritore, si compie un passo indietro nella lotta per la giustizia climatica e per la salute delle comunità.
In Italia, realtà come l’organizzazione Zero Waste Italy, in collaborazione con GAIA, portano avanti battaglie concrete: lo scorso 30 settembre 2025 hanno proposto la Giornata Europea per una moratoria sulla costruzione di inceneritori e combustione dei rifiuti, un segnale forte contro chi vuole ancora difendere un modello vecchio, inquinante e fallimentare.
Il messaggio è chiaro: non possiamo continuare a scegliere tra discariche e inceneritori, perché entrambi rappresentano il passato. L’unica via è ridurre i rifiuti alla fonte, riutilizzare e riciclare, costruendo un’economia davvero circolare e giusta.
E noi, come cittadinɜ, abbiamo un ruolo fondamentale: anche se nel nostro piccolo, possiamo dimostrare che con i nostri comportamenti, le nostre scelte e la nostra voce, che non accetteremo ulteriori inceneritori. Non sono un’opzione. Sono un problema da superare.
Ridurre, riusare, riciclare: è questa la vera energia del domani. Non c’è posto per nuovi inceneritori.