“Lavorare insieme per ripensare l’ambiente costruito”. Riflessioni sulla XIX Biennale di Architettura | Rizzoli Education

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“Intelligens. Natural, Artificial, Collective”. Con questo dibattuto e controverso titolo lo scorso 10 maggio ha aperto i battenti la 19a Mostra Internazionale di Architettura di Venezia (visitabile fino al 23 novembre). A curarla è Carlo Ratti, ingegnere e architetto, oggi docente al MIT di Boston (Massachusetts Institute of Technology) e al Politecnico di Milano, considerato uno dei dieci studiosi più accreditati nel campo della pianificazione urbana.

Un titolo da intelligere e 3 macrosezioni 

Cosa significa di preciso “Intelligens”? Se certo il participio presente del latino intelligere non può tradursi con il sostantivo “intelligenza”, è pur vero che foneticamente il termine strizza l’occhio all’inglese “intelligence” ed è solo sposando la soggettiva interpretazione del curatore che possiamo trovare un nesso al tema-guida dell’edizione di quest’anno. In buona sostanza, in questa Biennale Ratti trasferisce l’esito delle sue ricerche: la città, in cui coesistono natura e tecnologia, è concepita come un organismo vivente e i diversi tipi di intelligenza sono chiamati a “lavorare insieme per ripensare l’ambiente costruito”. Ma la figura dell’architetto, come oramai ci hanno dimostrato le ultime edizioni della Biennale di Venezia, nel nostro complesso presente sembra non bastare più. Così Ratti, attraverso una open call chiama a raccolta una vastissima compagine transdisciplinare: matematici, filosofi, ingegneri, scienziati del clima, docenti universitari, artisti, cuochi programmatori… in tutto 755 partecipanti schierati all’interno dell’Arsenale.

Il risultato è un’accumulazione di contenuti molto concentrata (complice anche l’impossibilità di fruire degli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini, quest’anno in restauro) scandita da tre macrosezioni – Naturale, Artificiale, Collettiva – e spiegata attraverso didascalie che riportano anche una versione sintetizzata attraverso l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale.

Così ad accoglierci all’ingresso dell’Arsenale è l’installazione nata dalla collaborazione tra Cittadellarte-Fondazione Pistoletto e gli ingegneri climatici Transsolar  e Daniel A. Barber: in una buia atmosfera dalla temperatura a tratti soffocante, sopra specchi d’acqua stanno sospese macchine per il condizionamento dell’aria a simboleggiare gli effetti dell’attuale cambiamento climatico, tema ricorrente in questa Biennale, tra le tante emergenze a cui far fronte in quella che Ratti chiama “era dell’adattamento”. 

Proseguendo è possibile imbattersi in progetti che esplorano comunità microbiche – il futuro delle costruzioni (biocalcestruzzo, fibre di banana, grafene) -, in robot umanoidi in grado di rispondere in più lingue ad ogni nostra interazione, nel modello (a grandezza naturale) di un  reattore nucleare raffreddato a piombo liquido TL-40  studiato per essere usato per la propulsione di grandi navi, nel futuro progetto di riqualificazione dell’unica Vela superstite di Scampia a Napoli attraverso un processo partecipato degli stessi ex residenti. E uscendo dall’Arsenale, proprio di fronte al bacino acqueo, due altri progetti sperimentali: il “Canal Cafè” (Leone d’Oro per la miglior partecipazione) che  rende potabile l’acqua della laguna tanto da renderla utilizzabile per un espresso (a rappresentare una possibile risposta a scenari di emergenza idrica) e “Gateway to Venice’s Waterways” che conduce a una piattaforma galleggiante dove alloggiano bici d’acqua (come modello di nuovo mezzo di trasporto).

Le partecipazioni nazionali

Sono 66 in tutto distribuite tra le sedi storiche ai Giardini e in città. Il nostro Padiglione Italia dal titolo “Terræ Aquæ. L’Italia e l’Intelligenza del Mare”, per la curatela di Guendalina Salimei, porta in scena un tema di per sé interessante: quello del mare e delle sue coste (che nel nostro paese si estendono per quasi 8000 chilometri) intese come spazio liminale da ripensare, riprogettare, valorizzare, recuperare inglobando aree portuali, strade litoranee, dighe, moli, fari, dune saline… Il risultato però dei numerosissimi contributi, frutto anche in questo caso di una open call, si traduce in un allestimento non facilmente intellegibile.

Originale l’approccio del Padiglione della Santa Sede (presso il complesso di Santa Maria Ausiliatrice) che, con il titolo “Opera Aperta”, propone come un laboratorio aperto ai visitatori il restauro della cappella del complesso religioso insieme a  momenti conviviali e spazi messi a disposizione dei giovani musicisti del conservatorio veneziano Benedetto Marcello.

Altri padiglioni come il Bahrain tornano sulla questione climatica portando in mostra principi costruttivi di controllo e mitigazione delle alte temperature mentre la Germania espone i drammatici effetti del riscaldamento globale nei contesti urbani; Il Brasile riflette sul rapporto tra natura e città e l’Austria sulle diverse forme di abitare mettendo a confronto Vienna e Roma.

Una Biennale frutto del nostro tempo 

A conclusione della visita, indipendentemente da quanto sia stato possibile assimilare in un percorso sin troppo denso di contenuti, emerge un dato di fatto. La Biennale di Carlo Ratti, piaccia o meno, sembra essere lo specchio del nostro tempo. Un po’ caotica e iperstimolante, pervasa dalla presenza e dal contributo dell’Intelligenza Artificiale, dalla contaminazione di ambiti e discipline, dall’inquietudine di interrogativi irrisolti che scandiscono la mostra come il quotidiano: come sarà il clima di domani? Quali saranno le conseguenze di un picco demografico seguito da un successivo crollo? Come reagire in quest’era dell’adattamento che ha ceduto il passo a quella della mitigazione? Prospettive e sperimentazioni non offrono nella maggior parte dei casi soluzioni concrete bensì magari processi ancora di ricerca in un presente instabile ed incerto. Ed in questo la Biennale, osservatorio sul mondo, sembra rispettare tutta la complessità del tempo presente.

Immagine di copertina: Fondazione Pistoletto Cittadellarte, The Third Paradise Perspective, Installazione all’Arsenale di Venezia, Biennale 2025.

Recapiti
Andrea Padovan