I risultati della sperimentazione, condotta in Italia, dimostrano l’importanza di trattamenti di precisione basati sulla profilazione molecolare dei tumori
L’agnostico, per definizione, riconosce i limiti della conoscenza, sa di non avere un quadro completo ed esaustivo su questioni filosofiche e religiose da sempre aperte - come l’esistenza del divino - e pertanto sospende il proprio giudizio. Tuttavia, in oncologia il termine “agnostico” si riferisce a un modello di trattamento slegato dal suo caposaldo per eccellenza, rappresentato dall’interpretazione del dato istologico. A favorire la nascita di questo moderno approccio sono stati i progressi in genetica e biologia molecolare, con la possibilità di esplorare dettagliatamente la variabilità antigenica dei tumori. Sulla scorta di tutto ciò, i risultati del recente studio ROME costituiscono una pietra miliare, dal momento che invitano a guardare oltre l’istologia, spingendo il pedale sulla genetica e accogliendo il modello oncologico “mutazionale”. Soprattutto, dimostrano con i numeri l’efficacia dell’approccio “agnostico”.
L’APPROCCIO “AGNOSTICO” E I FARMACI A BERSAGLIO MOLECOLARE
Descritto a fine settembre su Nature Medicine, lo studio di Fase II ROME ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di oncologi italiani ed è stata una delle sperimentazioni randomizzate più ampie mai realizzate per valutare l’efficacia della medicina di precisione rispetto alla terapia standard nel trattamento dei tumori solidi in fase avanzata. La medicina di precisione fa riferimento all’opportunità di adottare il trattamento più individualizzato possibile, personalizzandolo sulla base della storia clinica e delle caratteristiche del malato, nonché sulla carta d’identità molecolare del tumore. Lo sviluppo di strumenti con cui tracciare il profilo molecolare di tumori come quello alla mammella o al polmone, ha consentito la messa a punto terapie “sartoriali”, mostrando come il cancro sia una realtà multiforme, contraddistinta da un’ampia varietà di geni e antigeni. Pertanto la terapia deve essere “cucita su misura” in base alle particolarità identificate.
L’istologia ha da sempre rappresentato la linea guida da seguire, sia nella caratterizzazione del tumore che nella ricerca e messa a punto dei farmaci, ma l’individuazione di nuove mutazioni genetiche sta cambiando le cose. Tali mutazioni fungono da biomarcatori in grado di tratteggiare una popolazione di pazienti che, a prescindere dalla localizzazione del tumore, risponde a un dato trattamento: ciò ha condotto allo sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare (come pembrolizumab, dostarlimab, oppure trastuzumab deruxtecan), dando risalto all’approccio “agnostico”.
IL TRIAL ROME
La reale efficacia clinica dell’approccio terapeutico mirato rispetto ai trattamenti standard è stata finora oggetto di intensi dibattiti, a causa della mancanza di studi randomizzati di congrue dimensioni. Il trial ROME è stato pensato e progettato per colmare tale lacuna, valutando se l’impiego sistematico delle tecniche di profilazione genomica, combinate alle decisioni terapeutiche degli specialisti coinvolti nei Molecular Tumor Board (MTB), potesse migliorare gli esiti clinici in persone affette da diversi tipi di tumore solido in stadio avanzato. Nel dettaglio, lo studio ha coinvolto 37 centri oncologici su tutto il territorio italiano, arruolando, tra ottobre 2020 e luglio 2023, 400 pazienti che sono stati poi suddivisi in due gruppi, uno per l’erogazione di terapie su misura (Tailored Treatment, TT) e l’altro della terapia standard (SoC). I tumori riscontrati con maggior frequenza sono stati quello del colon-retto (16,2%), della mammella (10%), dello stomaco (9%) e delle vie biliari (8,8%), nonché il glioblastoma (8,8%); circa metà dei pazienti inclusi aveva già ricevuto due linee di terapia sistemica.
L’aspetto distintivo dello studio ROME è consistito nel metodo agnostico adottato, con i pazienti che, invece di essere selezionati in base all’istologia, sono stati sottoposti alla profilazione molecolare completa da campioni di tessuto e sangue e, dopo la valutazione dei Molecular Tumor Board, sono stati trattati con farmaci mirati o immunoterapici approvati contro le alterazioni geniche trovate. Obiettivo principale del trial ROME è stato il tasso di risposta globale (ORR), mentre gli obiettivi secondari includevano la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS), il tempo al fallimento del trattamento (TTF), il tempo al successivo trattamento (TTNT) e la sicurezza.
RISULTATI CHE RISCRIVERANNO IL PARADIGMA TERAPEUTICO
Lo studio ROME ha fornito per la prima volta evidenze solide a supporto della superiorità di un approccio mirato rispetto alle terapie convenzionali nei pazienti con tumori solidi avanzati. Nel braccio di trattamento con terapie su misura (TT) è stato raggiunto un tasso di risposta globale del 17,5%, rispetto al 10% del braccio di controllo sottoposto a trattamento standard (SoC); la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata di 3,5 mesi nel braccio TT, contro i 2,8 mesi di quello di controllo. La sopravvivenza globale non ha mostrato differenze significative, ma gli autori sono convinti che questo dato sia stato determinato dall’elevato tasso di passaggio dei pazienti (circa 59%) dal braccio di controllo a quello di trattamento dopo la progressione di malattia. Anche gli altri indicatori hanno confermato il vantaggio della strategia basata sulla profilazione molecolare, con il 24,6% dei pazienti nel braccio TT che, a 12 mesi, era ancora in trattamento, rispetto all’8,7% in quello di controllo.
Gli oncologi italiani hanno anche esaminato specifici sottogruppi di pazienti definiti da determinate alterazioni genetiche: in quelli con elevato carico mutazionale trattati con immunoterapia nel braccio TT il tasso di risposta globale è stato del 25,7%, contro il 15,4% del braccio di controllo, mentre in quelli con instabilità dei microsatelliti il 57% era libero da progressione a un anno nel gruppo TT, contro nessuno nel braccio di trattamento standard; in quelli con mutazioni nel gene BRAF trattati con vemurafenib e cobimetinib nel braccio TT la PFS a 12 mesi è stata del 64,8%, contro lo 0% nel braccio di controllo, e in quelli con alterazioni del gene HER2 la PFS mediana è stata di 4,6 mesi nel braccio TT (sottoposto a varie combinazioni di anticorpi monoclonali come pertuzumab, trastuzumab e trastuzumab emtansine), contro 2,6 mesi nel gruppo SoC. Tali valori rafforzano il concetto di efficacia della terapia mirata su specifici bersagli molecolari, indipendentemente dal tipo di tumore.
Infine, sul versante della sicurezza, i livelli di tollerabilità delle terapie mirate sono risultati confrontabili con quelli dei trattamenti standard, a conferma del fatto che non comportino significativi incrementi della tossicità.
IL PREZIOSO RUOLO DEI MOLECULAR TUMOR BOARD
In oncologia, il concetto di multidisciplinarietà si concretizza in modo particolare nei Molecular Tumor Board, team composti da oncologi, farmacologi, genetisti, bioinformatici, anatomo-patologi e altre figure specialistiche del mondo della salute, che si riuniscono, su attivazione del Gruppo Oncologico Multidisciplinare, per valutare i risultati dei test genetici (e non solo) e individuare le opzioni terapeutiche per pazienti con tumore in fase avanzata contro cui non ci sono terapie disponibili. Si tratta di una risorsa preziosa che - insieme alle metodiche di profilazione molecolare - è disponibile presso i centri specializzati. Per lo studio ROME sono state effettuate centinaia di riunioni settimanali in cui sono stati discussi i casi, e il confronto fra gli esperti ha consentito di selezionare la strategia più promettente, massimizzando la probabilità di beneficio per il paziente, col minimo rischio.
Disporre di un profilo genomico del tumore da discutere tra tutti gli esperti negli MTB ha permesso di migliorare in maniera significativa i principali parametri di risposta dei pazienti mediante l’impiego di terapie personalizzate: questa la conclusione del trial ROME, che invita in maniera decisa alla creazione di reti di centri ad elevata specializzazione e, al contempo, traccia la strada verso l’integrazione con software e strumenti di intelligenza artificiale per supportare le analisi e migliorare la selezione dei pazienti, specialmente nelle situazioni più complesse.
In oncologia, “l’approccio agnostico alla terapia, che sceglie la cura in base alla mutazione molecolare e non all’organo d’origine, può cambiare la storia della malattia. Ma perché ciò accada serve una rivoluzione culturale nella classificazione dei tumori”, ha spiegato Giuseppe Curigliano, professore ordinario di Oncologia medica all’Università degli Studi di Milano, nella sua lectio magistralis al decimo meeting annuale della rete nazionale Alleanza Contro il Cancro. “Il cambiamento nella classificazione del tumore metastatico – ha aggiunto Curigliano – non sarà però possibile se non aumenterà l’accesso ai test che rilevano le alterazioni molecolari”.