22 Ottobre 2025 – Il 22 ottobre 2025 parte ufficialmente la 10ma edizione del Festival della Migrazione, promosso sin dal principio dalla Fondazione Migrantes. Ecco come il presidente del Festival, Edo Patriarca, ha presentato questa edizione speciale della manifestazione, nata a Modena, sulle pagine dell’ultimo numero di “Migranti Press”.
Raccontare 10 anni del Festival della migrazione è come raccontare un po’ la storia del Paese. Il tema delle migrazioni è una questione sulla quale si è giocato tanto nella politica come pure nel dibattito pubblico sociale e culturale. Quali sono stati e sono tuttora gli assi portanti di questa avventura iniziata da un gruppo di amici, dall’associazione Porta Aperta, con l’Università di Modena e la Fondazione Migrantes?
I punti sono rimasti pressoché invariati nonostante nel frattempo si siano succeduti governi di vario colore e con maggioranze diverse. Anzitutto abbiamo raccontato la realtà del fenomeno migratorio con verità e onestà. Abbiamo scritto nella nostra Agenda che “viviamo in emergenza dimenticando che le migrazioni sono un fenomeno strutturale, inestinguibile, che andrebbe accompagnato da una narrazione onesta fondata sulla verità del le cose, sulla realtà conosciuta e accolta per quella che è.
Troppa la propaganda, troppe le informazioni non veritiere e l’enfasi data alla presunta eccezionalità o all’emergenza del fenomeno migratorio che offuscano le cause più profonde e le dinamiche effettive”. Da qui il contributo di analisi e di dati offerti per fare chiarezza sul fenomeno. Partire dai dati di realtà per non offrire il fianco a stereotipi e luoghi comuni cavalcati da populismi che costruiscono il consenso sulla paura del diverso, sulla sacralizzazione dei confini da difendere con muri e barriere normative di ogni tipo, sulla presunta invasione che minaccerebbe le tradizioni del Paese e persino le sue radici cristiane.
Sappiamo che non è in atto alcuna invasione, che non sono i migranti a modificare la mappa demografica di un Paese invecchiato che perderà nei prossimi decenni abitanti soprattutto nelle aree interne, anche per l’emigrazione di tanti giovani italiani. Non saranno i 5 milioni di residenti stranieri in gran parte di religione cristiana a modificare questo trend negativo.
Dunque il Festival non è solo un’occasione per fare chiarezza, dicevamo, ma anche per svelare le contraddizioni sulle quali si sono mossi i governi succedutisi negli anni. La più evidente è la questione lavoro. La relazione tecnica che accompagna il cosiddetto “decreto flussi” – approvato nel luglio scorso dall’attuale governo –, che consente l’ingresso di mezzo milione di migranti regolari nel prossimo triennio, dichiara che “le dinamiche positive dell’andamento generale dell’economia e dell’occupazione possono essere sostenute solo da una politica migratoria che consenta in Italia di avere manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale e di difficile reperimento nel nostro Paese”.
Fermo restando che i lavoratori non sono pacchetti, numeri o solo “forza lavoro”, ma persone con diritti, quella del governo appare di primo acchito una presa di posizione sensata. Peccato non se ne traggano le dovute conseguenze: non si parla di politiche di accoglienza e di inter-relazione con le comunità locali; di regolarizzazione della immigrazione originariamente irregolare, ma ormai stabile e integrata; di formazione scolastica e professionale; di modifica della legge Bossi-Fini e di quella per accedere alla cittadinanza italiana; di investire risorse e speranze, in un Paese con il più basso tasso di natalità al mondo, sugli oltre 20 mila minori non accompagnati ospitati nel sistema Sai (Sistema accoglienza e integrazione) in carico ai Comuni, e che oggi rischiano di non aver più i mezzi per portarli avanti; non ultimo di favorire i ricongiungimenti familiari, proprio perché crediamo nella famiglia come spazio vitale anche per i lavoratori stranieri.
Abbiamo sempre dichiarato che il Festival è anche un evento politico nella sua accezione più nobile, per la costruzione di comunità sempre più fraterne e accoglienti, plurali e ricche di diversità. La nostra Agenda scritta a più mani, con il contributo del Comitato scientifico, intende offrire ai soggetti pubblici e privati e alle istituzioni una bussola, un orientamento per governare un fenomeno strutturale che si gestisce solo con politiche lungimiranti e stabili nel tempo.
Inoltre le battaglie per i diritti dei migranti misurano la qualità e la tenuta della democrazia e dello stato di diritto (quello sostanziale), che è nato proprio a tutela soprattutto delle persone più fragili. Con preoccupazione stiamo assistendo alla sua lenta erosione, indotta dall’ideologia del “governo forte” che attraversa le democrazie mature e che vorrebbe ridurre alla irrilevanza le autorità sovranazionali, avere una magistratura sempre allineata e Parlamenti ridotti a passacarte e sotto dettatura.
Ma l’aspetto più significativo del Festival è quello culturale, con il coinvolgimento delle Università, delle Migrantes diocesane, dell’associazionismo laico e cattolico, e di tante amministrazioni locali e regionali. Un riferimento costante sono i Messaggi per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, quelli di papa Francesco e ultimo quello di papa Leone: “Migranti, missionari di
speranza”.
In questi anni abbiamo narrato le migrazioni come un elemento costituivo della nostra umanità, un tratto quasi esistenziale. Gli uomini e le donne da sempre sono cresciuti sulla strada, le migrazioni da sempre hanno fatto la storia delle comunità. E questo ha comportato contaminazioni culturali e religiose straordinarie. Lo spirito che ha animato le precedenti edizioni è quello che anima la vita dei navigatori più esperti: viaggiano spesso andando di bolina, controvento, praticando lo studio e l’osservazione attenta del presente, senza attardarsi e guardando avanti.
Conoscere per comprendere per l’appunto, modificando i punti di osservazione, le posture, indagando con ostinazione nuove prospettive. Temi come l’educazione interculturale, la libertà religiosa e il dialogo fra le religioni, il valore delle diaspore nel nostro Paese, la presenza creativa dei giovani italiani ormai di seconda e terza generazione, l’Italia delle professioni sempre più “colorate” da persone con background migratorio, sono stati temi sempre presenti in tutte le edizioni.
È questa l’Italia che verrà e che noi testardamente continueremo a raccontare. Il messaggio di Leone XIV ci spinge a proseguire su questo cammino: lo sentiamo molto vicino: “In un mondo oscurato da guerre e ingiustizie, anche lì dove tutto sembra perduto, i migranti e i rifugiati si ergono a messaggeri di speranza”. Essi sono una benedizione, in un tempo in cui sono necessari e urgenti la condivisione e la cooperazione contro ogni forma di chiusura, contro nazionalismi e sovranismi.
“La generalizzata tendenza a curare esclusivamente comunità circoscritte – continua il San to Padre nel suo Messaggio – costituisce una seria minaccia alla condivisione di responsabilità, alla cooperazione multilaterale, alla realizzazione del bene comune e alla solidarietà globale a vantaggio di tutta la famiglia umana”. Papa Leone si rivolge soprattutto alle chiese locali, talvolta irrigidite e appesantite; le sollecita a restare aperte, a mantenere viva la dimensione pellegrina e a contrastare la tentazione di “sedersi”. Comunità per essere “nel mondo” e non per diventare “del mondo”. Un invito alle comunità cristiane che noi pensiamo valga per tutte le comunità locali in cui vive ancora speranza e fiducia nel futuro. (Edo Patriarca – “Migranti Press” 9 2025)