Le foreste italiane sono sempre più minacciate da incendi, crisi climatica e ritardi cronici nella gestione sostenibile del patrimonio naturale.
Il 2025 è un anno da bollino rosso per le foreste italiane, da inizio anno al 15 ottobre sono bruciati 94.070 ettari di territorio, pari a 132 mila campi da calcio, quasi il doppio rispetto agli ettari andati in fumo nel 2024. Il Sud Italia l’area più colpita. A partire dalla Sicilia con 49.064 ettari bruciati in 606 incendi, seguita dalla Calabria, con 16.521 ettari andati in fumo in 559 eventi. Le fiamme non hanno risparmiato la Puglia, con 8.009 ettari persi in 114 eventi, la Campania con 6.129 ettari in 185 eventi e la Basilicata con 4.594 ettari in 62 eventi.
Le foreste alleate cruciali contro la crisi climatica
All’impennata degli incendi, si affianca l’accelerata della crisi climatica che contribuisce a rendere le foreste più fragili e vulnerabili con eventi meteo estremi sempre più intensi e ondate di siccità. Secondo Copernicus, l’estate 2025 per l’Italia è stata la quinta più calda registrata dal 1950 ed è stata segnata da un’anomalia termica di +1,62°C.
Preoccupa poi la proliferazione del bostrico, un piccolo coleottero che negli ultimi anni è stato uno dei principali responsabili dei gravi danni alle foreste alpine già devastate dalla tempesta Vaia, causando il disseccamento e la morte di molti abeti rossi. Ingenti i danni economici. In Trentino, ad esempio, i danni attribuibili al bostrico nel periodo 2019-1°giugno 2024 sono ammontati a circa 2,7 milioni di metri cubi di legname (Fonte Provincia di Trento).
Sta di fatto che l’Italia, a causa di incendi, crisi climatica e insetti parassiti, sta perdendo dei preziosi alleati nella mitigazione dei cambiamenti climatici: le foreste sono pozzi naturali di assorbimento e stoccaggio di anidride carbonica (CO2). Quelle italiane riescono ad accumulare ben1,24 Gt miliardi di tonnellate di carbonio organico, ma per adempiere a questa funzione devono rimanere efficienti e in buona salute.
Ritardi nella gestione forestale sostenibile
In Italia appena il 18% delle foreste ha un piano di gestione forestale vigente, ed è appena del 10% la percentuale delle foreste certificate con un incremento di 107mila nuovi ettari nel 2024 (ossia appena dell’1%). La manifattura nazionale del legno arredo dipende dall’estero per l’approvvigionamento di materia prima dato che l’Italia importa circa l’80% del nostro fabbisogno.
Inoltre, la Penisola è in forte ritardo nel contrastare la crisi climatica visto che mancano all’appello i Piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT) con effetti anche di mitigazione e adattamento al clima degli ecosistemi forestali su scala locale; così come nella lotta al contrasto alla deforestazione e al degrado forestale a livello globale non è riuscita a dare sino ad ora un segnale forte nel chiedere di velocizzare l’attuazione del regolamento EUDR, approvato nel 2023, e prorogato di 12 mesi dall’Ue a cui si potrebbe aggiungere un ulteriore rinvio.
Tra i pochi passi avanti compiuti dal Paese, bene, invece, l’approvazione delle linee guida per l’attuazione del “Registro pubblico sui crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agricolo e forestale” che prevede regole per certificare i progetti di assorbimento di CO₂, e la nascita della Rete nazionale dei primi 60 Boschi Vetusti che tutelano la biodiversità forestale.
Una cosa, però, è certa, l’Italia ad oggi paga lo scotto di sottovalutare il suo patrimonio forestale fondamentale per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica e attuare il Clean Industrial Deal made in Italy.
Per approfondire scarica il Report Foreste 2025