Clima e città, adattarsi o subire? • Legambiente

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L’Italia colpita da 800 eventi meteo estremi negli ultimi 11 anni. In ritardo i piani di adattamento, le città faticano a reagire in maniera rapida ed efficace.

Gli effetti negativi dei cambiamenti climatici sono sempre più evidenti in particolare nelle aree urbane che, in Italia come nel resto del mondo, subiscono gli impatti devastanti portati da piogge intense, lunghe ondate di calore, tempeste di vento. Le conseguenze sono gravi dal punto di vista economico, dei disagi subiti e in termine di vite umane. Nelle aree urbane vivono più persone e si concentrano infrastrutture e servizi che subiscono danni e interruzioni. Non si tratta di semplice percezione: le aree urbane sono effettivamente più a rischio perché è dove, ad esempio, a causa dell’intensificarsi di piogge record sempre più frequenti aumentano in parallelo i fenomeni alluvionali, con danni crescenti a edifici, infrastrutture e servizi vitali per la vita in città. Inoltre, le superfici asfaltate e cementificate non permettono un adeguato assorbimento e filtrazione delle acque piovane, mentre parallelamente si assiste a una riduzione delle aree verdi.  

Bisogna anche considerare che molte città e conurbazioni sono concentrate sulle coste e rischiano ancora di più di subire rilevanti impatti in futuro, fino a scomparire, a causa dell’innalzamento del livello dei mari, come evidenziato dalle proiezioni di IPCC1 sul Mediterraneo e quelle di ENEA, INGV, CNR e vari ricercatori universitari per le aree costiere italiane.   

All’opposto, uno dei cambiamenti più evidenti, e dalle pesanti conseguenze immediate, è quello dell’aumento delle temperature urbane estive, che hanno raggiunto livelli critici in diverse città italiane soprattutto negli ultimi 10 anni, con valori superiori ai 40°C per più giorni consecutivi e impatti significativi sulla salute pubblica. Questo fenomeno è aggravato dall’effetto isola di calore urbana, che rende le città più calde rispetto alle aree circostanti anche di 4°C, a causa della cementificazione, della scarsa presenza di aree verdi, della presenza di impianti di condizionamento e della densità abitativa e di veicoli a combustione.  

A fronte di questo scenario, ancora in molti casi in Italia si risponde con la realizzazione di azioni puntuali e non coordinate, che esulano da aspetti fondamentali per l’adattamento quali la pianificazione con un approccio multilivello e multisettoriale, anche per ovvie mancanze dal punto di vista della governance nazionale. Il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, approvato a fine 2023, rimane ancora un documento e nulla più. Il PNACC, infatti, manca di attuazione vista l’assenza del decreto per l’istituzione dell’Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, composto dai rappresentanti delle Regioni e degli Enti locali, per l’individuazione delle priorità territoriali e settoriali e per il monitoraggio dell’efficacia delle azioni di adattamento, che doveva essere emanato entro il 21 marzo 2024, ossia a tre mesi dall’approvazione del PNACC stesso. Manca poi la costituzione del Forum permanente per la promozione dell’informazione, della formazione e della capacità decisionale dei cittadini e dei portatori di interesse, che funge da organo consultivo e che è cruciale per gli aspetti di concertazione, in particolare se si pensa alle tante azioni in ambito urbano su cui la cittadinanza dovrebbe esprimersi. Senza questi passaggi fondamentali il Piano rimarrà nella teoria e nelle buone intenzioni, vista anche l’assenza di fondi specifici per la realizzazione delle varie azioni. 

Intanto in Italia la crisi climatica corre veloce. Nella Penisola negli ultimi 11 anni – dal 2015 a settembre 2025 – sono ben 811 gli eventi meteo estremi, di cui 97 nel 2025 (gennaio-settembre), registrati in 136 comuni sopra i 50mila abitanti dove vivono in tutto 18,6 milioni di persone, ossia il 31,5% della popolazione nel nostro Paese. Eppure, solo il 39,7% dei comuni in questione ha messo in campo un piano o una strategia di adattamento ai cambiamenti climatici.

In positivo bisogna guardare a quelle realtà comunali che già da qualche anno hanno affrontato il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici dotandosi di strumenti fondamentali di governance: Piani di adattamento spesso redatti grazie a progetti europei e all’interno del percorso previsto dal Patto dei Sindaci. Ma occorre dare una spinta maggiore a quanto già fatto, utilizzando l’innovazione tecnologica e digitale che sono ormai a portata di mano, nonché la ricerca e la sperimentazione sul tema, che sono l’oggetto di studio di centinaia di gruppi di lavoro universitari nel mondo. Bisogna investire in formazione degli uffici comunali, con il coinvolgimento di figure chiave della rigenerazione urbana e figure professionali esterne con cui le Pubbliche Amministrazioni si relazionano. Il tutto per creare una cultura capace di affrontare le sfide dell’adattamento climatico in modo sistemico e interdisciplinare.  

La crisi climatica in atto e i pesanti impatti a livello ambientale, economico, sociale e sanitario, ci ricordano l’urgenza di azioni concrete. In Italia al momento l’unica urgenza sembra essere quella legata al Ponte sullo Stretto di Messina, dimenticando la sicurezza delle persone esposte agli effetti del cambiamento climatico. E’ quanto torniamo a denunciare nel nostro report CittàClima. Speciale governance per l’adattamento al clima dellearee urbane .

Per approfondire leggi il nostro comunicato stampa 

Recapiti
Gabriele Nanni