Introduzione
Uno sviluppo sostenibile può essere promosso solo attraverso l’innovazione tecnologica. I dispositivi elettronici consentono di calibrare meglio i processi produttivi e, in particolare, di passare agli azionamenti a velocità variabile; i benefici si vedono sia nel risparmio energetico sia nella migliore qualità della produzione. Ma sarebbe un errore pensare che la tecnologia elettronica comporti un risparmio energetico per effetto della sua sola presenza.
Uno sguardo al passato
Nell’antichità e nei secoli che precedettero la Rivoluzione Industriale l’energia era fornita da animali, uomini, vento e acqua. Tutte fonti rinnovabili. L’evoluzione tecnica non aveva tra le priorità il risparmio energetico; mirava invece a ridurre il lavoro umano e animale, cercando di utilizzare al meglio l’energia del vento e dell’acqua.
Nel XVIII secolo, la diffusione della manifattura e il problema dell’estrazione dell’acqua dalle miniere portò l’attenzione sulla capacità di spinta del vapore, già conosciuta nell’antichità; l’energia del vapore appariva più flessibile in termini di potenza e luogo di installazione delle macchine. Con il carbone, cominciò l’epoca delle fonti non più rinnovabili.
L’incipiente capitalismo obbligava a fare due calcoli sulle spese e James Watt trovò il modo di far consumare meno carbone alle macchine. In un contesto ormai maturo, la diffusione delle macchine di Watt diede il via alla Rivoluzione Industriale.
Lo sviluppo industriale e il risparmio energetico
Con lo sviluppo industriale e la concorrenza internazionale, i consumi energetici divennero un fattore di competitività da non trascurare. La tecnologia elettrica si affiancò a quella del vapore e col tempo la sostituì del tutto. Nel corso del ‘900, la tecnologia elettronica, e microelettronica in particolare, ha permesso lo sviluppo dell’informatica; l’elettronica di potenza ha permesso la realizzazione di azionamenti elettrici molto più efficienti dei tradizionali azionamenti pneumatici o elettromeccanici.
I consumi dell’elettronica
Tuttavia, non sempre l’elettronica permette un risparmio energetico. Sul mercato sono presenti relè allo stato solido (SSR), cioè componenti elettronici in grado di sostituire i tradizionali relè elettromeccanici, che se utilizzati per applicazioni puramente ON/OFF, sono decisamente più energivori. Esaminiamo due relè della Finder.
Il relè elettromeccanico 55.12 ha due contatti di scambio e corrente nominale 10 A. Come mostrato nelle FIG. 1 e 2, il relè dissipa solo quando è eccitato.
Quando il relè è eccitato, la bobina consuma 1 W; la sezione di potenza invece non dissipa perché è trascurabile la caduta di tensione sui contatti di potenza.
Il relè allo stato solido 77.01.x.xxx.80.50 ha un’uscita con corrente nominale 5 A e livelli di autoconsumo come riportati nelle FIG. 3 e 4.
Il datasheet riporta una corrente di dispersione di 0.5 mA a 230 V nello stato OFF, che quindi genera dissipazione. Nello stato ON è presente una caduta di tensione sui tiristori (SCR) che, con la corrente di 5 A, produce una dissipazione di 4 W, molto superiore a 1 W del relè elettromagnetico.
Conclusione
Se la logica di controllo è ON/OFF, il relè elettromeccanico è dunque più efficiente. I relè a stato solido, e più in generale i dispositivi elettronici, comportano un risparmio energetico solo se contribuiscono alla riduzione delle perdite nel processo controllato, solo se trasformano gli azionamenti elettromeccanici ON/OFF in azionamenti a velocità variabile. L’elettronica in sé, è energivora; i quadri elettrici con la presenza di molti componenti elettronici necessitano di un sistema di raffreddamento.
A vantaggio dei componenti elettronici resta la flessibilità, cioè la facilità con cui è possibile integrare funzionalità aggiuntive.