Che siate prossimi alla maturità o in cerca di un lavoretto pomeridiano, o che abbiate già conseguito la laurea e siate in cerca di lavoro, vi sarà sicuramente capitato di temere i colloqui di lavoro ed è normale avere un po’ di paura, siete giovani e probabilmente non ne avete ancora affrontato uno!
Prima o poi però vi siederete di fronte a qualcuno (il temuto “recruiter“) che vorrà sapere chi siete e cosa potete offrire.
In questo articolo cercherò di aiutarvi a capire che tutti, nessuno escluso, hanno un sacco di esperienze, competenze e valori aggiunti preziosissimi, da far valere in fase di colloquio.
Esperienze lavorative: NULL
Il “problema”, lo sappiamo, è che a 18 o 19 anni, la vostra sezione “Esperienze Lavorative” è probabilmente un deserto. Ed è qui che la maggior parte dei ragazzi fa un errore madornale: si concentra su ciò che non ha (anni di carriera), invece di valorizzare ciò che è.
In questi ultimi due anni ho tenuto tantissimi incontri di orientamento e mentoring nelle scuole superiori, ho captato le sensazioni, le emozioni e i dubbi dei ragazzi. Ho notato che spesso ragazzi pieni di talenti, con molti hobby o passioni, pensassero “io non eccello in nessuna materia a scuola, per me è molto difficile capire cosa voglio fare da grande”.
E’ in questi momenti, di fronte a queste preoccupazioni, che ho capito che il senso profondo del mio lavoro fosse anche quello di far capire alle nuove generazioni – me compresa – che il nostro asso nella manica, ragazzi/e, non è un curriculum pieno di titoli, ma la capacità di dimostrare le nostre soft skills.
Hard skills vs Soft Skills
Dimenticate per un momento i voti e le interrogazioni. Oggi, nel mondo del lavoro (e in molti atenei), non cercano solo “cosa sai”, ma soprattutto “come ti comporti“. Ed è qui che entrano in gioco le soft skills!
Le soft skills non sono nozioni tecniche, sono le qualità legate alla vostra personalità, al vostro modo di interagire e di affrontare le sfide, a differenza invece delle hard skills, che sono tendenzialmente delle conoscenze che si imparano sui banchi di scuola o con la formazione e la pratica in generale, facili da identificare e misurare con test, certificati o diplomi.
Provo a farvi degli esempi di soft e hard skill, per capirci meglio:
- livello B2 di Inglese, ottenuto tramite corso pomeridiano e misurabile con un certificato → hard skill
- essere puntuali agli appuntamenti o con le scadenze → soft skill
- saper programmare in Python, conoscenza acquisita tramite progetto personale o a scuola → hard skill
- saper usare un software di grafica (come Photoshop o Illustrator), imparato da un tutorial online, ad esempio → hard skill
- capacità di improvvisazione, saper rispondere velocemente a un cambio di programma o adattarsi a un nuovo ambiente → soft skill
L’abilità nascosta: trasformare la vita in competenza
La cosa bella delle soft skills è che non sono specifiche per un lavoro, ma sono trasferibili a qualsiasi contesto (dallo sport, alla scuola, al primo impiego). Sono sempre più richieste perché l’intelligenza artificiale non può sostituirle.
Inoltre, le soft skills non sono delle caratteristiche innate, o almeno non sempre! Questo significa che se di norma non siete delle persone particolarmente empatiche, potete sempre sviluppare o allenare questa caratteristica nella vita di tutti i giorni, ad esempio con i vostri amici, ascoltandoli quando si sfogano con voi e immedesimandovi in loro quando vi chiedono un parere.
Potreste non aver mai gestito un budget aziendale (hard skill), ma forse avete gestito un budget settimanale per le uscite con gli amici o per un viaggio in Interrail, ed è da lì che nasce una soft skill importantissima anche sul lavoro: la buona gestione del tempo e delle risorse, la capacità di organizzazione e pianificazione.
Da hobby a soft skill
Pensateci bene. Ogni cosa che fate fuori dalla scuola è una miniera d’oro per trovare queste competenze nascoste:
- Siete la persona che organizza le gite e i weekend? Non siete solo il “PR” della classe, provate a immaginarvi più come a persone con spiccate capacità di organizzazione e pianificazione, forse anche con una naturale leadership.
- Fate sport di squadra, o anche individuale, a livello agonistico? Avete allora sicuramente imparato cosa sono la resistenza allo stress, l’ orientamento all’obiettivo e l’importanza del lavoro di squadra (per non parlare della disciplina). Quando vi chiedono del vostro impegno, non parlate solo di medaglie. Raccontate come gestite l’allenamento serale e lo studio: è la prova che sapete gestire il tempo e siete disciplinati.
- Siete appassionati di videogiochi strategici o di giochi di ruolo? Avete quindi affinato il problem solving e il pensiero critico. Un/a recruiter sarà molto più colpito/a se spiegate come avete dovuto superare un livello complesso.
- Avete fatto volontariato, o avete un ruolo in parrocchia/associazione? Ecco che arrivano l’empatia, la capacità comunicativa e, in molti casi, la flessibilità, perché sicuramente avete dovuto adattarvi a contesti e persone sempre diverse.
- Se suoni in una band, ti sarà sicuramente capitato di dover fare una modifica in corso d’opera rispetto agli spartiti, perchè un/a tuo/a compagno/a era fuori tempo o aveva sbagliato le note. Hai sicuramente sviluppato attenzione, ascolto, la capacità di adattarti a imprevisti e risolvere i problemi.
Il Metodo STAR
Arriviamo al momento clou del colloquio, quello in cui il selezionatore chiede: “Mi parli di un momento in cui ha dovuto risolvere un problema complesso.”.
Il segreto è usare una struttura narrativa potentissima, il Metodo STAR (Situation, Task, Action, Result):
- Situazione (S): introduci il contesto.
Esempio: “Eravamo a metà del progetto finale per la scuola, e il software che dovevamo usare ha smesso di funzionare, mettendo a rischio la consegna.”
- Compito (T): spiega qual era l’obiettivo da raggiungere.
Esempio: “Il mio obiettivo era trovare una soluzione alternativa in meno di 24 ore per non far saltare la scadenza del gruppo.”
- Azione (A): racconta cosa hai fatto tu. Sii preciso.
Esempio: “Invece di farmi prendere dal panico, ho fatto una ricerca rapida su tre programmi open-source, ne ho testato uno che sembrava promettente e ho passato la notte a convertire i dati del vecchio software nel nuovo.”
- Risultato (R): concludi con il risultato della tua azione.
Esempio: “Grazie a questo, siamo riusciti a consegnare in tempo e abbiamo scoperto uno strumento migliore, dimostrando al resto del gruppo che l’adattabilità e il problem solving sono cruciali.”
La chiave è: invece di affermare di avere una soft skill, dimostrala attraverso una dinamica vera e aggiungendo dettagli concreti per spiegare come e quando avete sviluppato quella soft skill in modo convincente.
Il Primo Colloquio
Per concludere, la preparazione a un colloquio non riguarda solo le risposte, ma l’intero approccio.
Innanzitutto, informatevi a fondo sull’azienda o sull’istituto/università a cui stai mandando la vostra candidatura.
Se non dimostri di sapere cosa fanno, sembrerà che hai inviato curriculum a caso.
Poi, curate la vostra presenza. Arrivate con un piccolo anticipo – la puntualità è la prima competenza trasversale che si nota. Seguono ordini e pulizia nell’aspetto.
Infine, e questo è fondamentale, mostrate entusiasmo e interesse. Mantienete il contatto visivo, una postura aperta (niente braccia conserte!) e, quando è il vostro turno di fare domande, non tiratevi indietro dicendo di aver capito tutto. Potreste chiedere, ad esempio: “Quali sono le tre sfide principali da affrontare in questo ruolo all’inizio?” o “Quali opportunità di formazione offrite ai nuovi assunti?”.
Ricordate sempre, il primo colloquio non è un interrogatorio, è una conversazione. Siete ragazzi/e giovani, nessuno si aspetta che siate già esperti. Vogliono vedere il vostro potenziale, la vostra voglia di imparare e, soprattutto, che siate persone di cui ci si può fidare. E le prove di questo, le avete già collezionate, basta solo saperle raccontare.
In bocca al lupo ragazzi/e!
Rubrica a cura di Generazione Stem
Biografia autrice
Serena Aprano è una studentessa magistrale di Ingegneria Informatica, al Politecnico di Torino. Parallelamente lavora con i media digitali: dopo essere stata speaker e autrice radiofonica per diversi anni, oggi realizza video di divulgazione scientifica sui social (@serseebo su Instagram) e per Generazione STEM. Raccontare la tecnologia ai ragazzi è la cosa che la appassiona di più e un progetto nei media tradizionali come tv, libri e radio è il suo sogno.
E’ segretaria di produzione presso un importante teatro di Torino rivolto alle nuove generazioni, per cui idea, realizza e coordina podcast e video-podcast rivolti ai ragazzi. Tiene incontri nelle scuole di ogni ordine e grado, in cui fa orientamento STEM e insegna ai ragazzi come pensare, scrivere e registrare podcast e format radiofonici.