da “Huffpost”[31.10.25]: “Amichettismo e cultura. La destra eccede, ma anche la sinistra ha i suoi scheletri nell’armadio” - ISICULT

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da “Huffpost”[31.10.25]: “Amichettismo e cultura. La destra eccede, ma anche la sinistra ha i suoi scheletri nell’armadio”

Il problema essenziale è l’uso e l’abuso delle pratiche dell’“intuitu personae”, ovvero l’eccesso di discrezionalità che viene consentito al ministro.

Domenica sera su Rai 3, nella prima puntata dell’edizione n° 29 di “Report”, lo storico programma ideato da Milena Gabanelli che ha passato il testimone a Sigfrido Ranucci dal 2017, è andata in onda un’inchiesta curata da Luca Bertazzoni, intitolata “A noi!”, dedicata alla gestione delle “nomine” in alcuni importanti enti culturali italiani: partendo dal caso del maestro Beatrice Venezi, nominata direttrice musicale del Teatro la Fenice di Venezia fra le proteste e lo sciopero degli orchestrali, “Report” ha ripercorso le principali nomine avvenute nei posti-chiave del mondo della cultura, da Ales spa, società in-house del Ministero della Cultura, ai teatri ai festival, dal Ministero stesso a Cinecittà spa…

Chi redige questi post su “HuffPost Italia” è stato intervistato a lungo su alcune delle criticità del sistema culturale nazionale, a partire dal deficit di strumentazione tecnica necessaria per governarlo al meglio: nel nostro Paese, l’“evidence-based policy making” è una pia illusione, perché il principe di turno non ha vocazione a studiare al meglio il funzionamento delle industrie culturali e creative. Meno si sa, e più egli può esercitare discrezionalità.

Nel brevissimo estratto dalla mia intervista offerto nel servizio di Bertazzoni, può essere sembrato che volessi focalizzare l’attenzione su due delle più potenti donne del cinema italiano, Tiziana Rocca (titolare della Agnus Dei, che è sia una società di produzione cinematografica sia una associazione culturale) e Manuela Cacciamani (dall’estate del 2024 presidente di Cinecittà spa, già titolare della società di produzione OneMore Pictures), entrambe notoriamente amiche della sorella della premier, Arianna Meloni, Capo della Segreteria Politica di Fratelli d’Italia. Semplicemente – e senza accanimento alcuno – ho sostenuto come questi due percorsi di carriera professionale confermassero – esemplificativamente – la diffusa prevalenza del “capitale relazionale” sulla “qualità progettuale” (o tecnico-professionale): una patologia che IsICult, centro di ricerca indipendente, denuncia da molti anni, soprattutto in relazione alle scelte “intuitu personae” messe in atto dal principe di turno (ministro o sottosegretario o assessore che sia).

Nella serata di lunedì, il presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, Federico Mollicone (che è anche responsabile Cultura e Innovazione di Fratelli d’Italia) ha reagito polemicamente, sostenendo che il giornalista di “Report” si sarebbe dimostrato scorretto e partigiano: “nella puntata è stata tagliata la parte in cui, oltre a spiegare che le nomine sono nel pieno rispetto della legge, invitavo il giornalista a venire a Montecitorio per approfondire come nelle legislature precedenti, i ministri passati (come Franceschini, Bonisoli, Bondi) effettuavano nomine analoghe in modo altrettanto legittimo”.

Federico Mollicone ha involontariamente centrato il problema: l’uso e abuso del criterio dell’“intuitu personae”, che consente al principe di cooptare, anche nel paradossale caso di assenza di minimi pre-requisiti.

Se sul “caso Venezi” la valutazione è più complessa (la valutazione di un curriculum di un artista è più delicata del cv di un manager), il caso più eclatante resta quello di Fabio Tagliaferri, nominato dal governo Meloni alla guida di Ales spa, la società in house più importante e grossa del Ministero della Cultura (oltre duemila dipendenti, oltre 110 milioni di euro di ricavi): Tagliaferri è titolare di una ditta di autonoleggio in quel di Frosinone, e peraltro sembra continui a esercitare quel mestiere. Dal suo cv non emerge competenza alcuna in ambito di gestione di imprese culturali, eppure si trova a guidare Ales spa.

Ha ragione Mollicone nell’osservare che “così fan tutti” (per così dire, parafrasando Mozart e Da Ponte), ma il problema è proprio questo: il sistema italiano non prevede, nelle nomine di società ed enti controllati dallo Stato, dei pre-requisiti stringenti e chiari di esperienza professionale e competenza tecnica, non prevede procedure trasparenti, non prevede pubbliche valutazioni comparative dei cv.

Nel corso dei decenni, nessuno ha mai messo mano a una normativa specifica, e quindi “chiunque” può essere cooptato, se gode della benedizione del principe di turno: non si arriva all’assurdo della prospettata nomina del suo cavallo al rango di console da parte di Caligola, ma… quasi quasi.

E gli esempi anche “a sinistra” sono non pochi: ne citiamo uno sul quale concentrai la mia attenzione giornalistica anni fa. Nel 2020, Claudia Mazzola, già redattrice del Tg1 Rai, fu elevata – “in quota” Movimento 5 Stelle – dapprima al ruolo di Capo Ufficio Stampa di Viale Mazzini, e successivamente beneficiò di un altro salto, venendo cooptata come presidente della Fondazione Musica per Roma (che gestisce l’Auditorium disegnato da Renzo Piano). Emergeva nel suo cv una qualche competenza in ambito musicale? No. E una qualche esperienza in ambito manageriale? No. Nonostante ciò, fu nominata dalla allora sindaca Virginia Raggi, e poche furono le polemiche sul caso. Nonostante non fosse una ricercatrice, Mazzola è stata poi nominata anche direttrice dell’Ufficio Studi Rai, e dal giugno del 2023 è presidente di Rai Com. Ed ancora oggi mantiene la carica di Presidente di Musica per Roma. Un esempio sintomatico, tra i tanti.

In materia, gli “scheletri nell’armadio” sono tanti, insomma: a destra, a sinistra, al centro.

I tecnici usano chiamarlo “intuitu personae”: è la procedura secondo la quale, nei “negozi” (intesi giuridicamente) di particolare rilevanza viene valutata, dal “decisore”, la qualità personale (ovvero professionale anche) dei soggetti contraenti; nel caso in ispecie, del “nominato”.

Non viene in fondo valutata la capacità, il merito, la professionalità, l’esperienza soltanto (che spesso ci sono, ma – nota bene – non sempre), ma soprattutto la… affidabilità, intesa come fiducia personale. Questa “fiducia” può essere diretta, personale appunto, ma anche “indiretta”, ovvero stimolata da una logica di partito, di corrente, di fazione, di gruppo. In sostanza “di famiglia”, nel senso più deteriore del termine. Arianna Meloni l’ha definita logica “di comunità” (la sua).

Si chiama – piaccia o non piaccia – “amichettismo”, neologismo coniato nel 2021 dall’eccentrico Fulvio Abbate, che, focalizzando l’attenzione sociologico-politica su queste pratiche, colpì senza discriminazioni a sinistra come a destra. Ancora oggi, una volta che il “decision maker” ha deciso, generalmente tutto passa sotto silenzio. Il criterio essenziale, ahinoi: “è persona di fiducia”. Ciò basti.

Ha quindi ragione, sulla carta, Federico Mollicone: semplicemente vecchia e nuova “discrezionalità” del principe. Ha ragione, più ragione, “Report”, nel denunciare usi e abusi di questa discrezionalità.

In un Paese sano, le nomine pubbliche dovrebbero essere regolare da norme che garantiscano trasparenza, valutazione comparativa dei curricula, selezioni tecnocratiche che riducano l’arbitrio del Principe.

Che riducano gli amichettismi, che siano essi di sinistra, di centro, di destra…

Angelo Zaccone Teodosi

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Luca Baldazzi