Le biomasse solide rappresentano una chiave strategica per la transizione energetica del nostro Paese, ma il loro potenziale non è ancora pienamente sfruttato.
Paolo Appeddu, Amministratore Delegato di Biomasse Italia e Direttore Generale di Fiume Santo S.p.A., insieme all’On. Luca Squeri, Responsabile Energia di Forza Italia, e al Prof. Stefano Grigolato, Docente del Dipartimento di Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università degli Studi di Padova, hanno discusso del futuro di queste risorse nel mix energetico italiano.
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Quando si parla di biomasse, ci si riferisce a materiali organici di origine vegetale o animale che possono essere usati per produrre energia, in forma di calore, elettricità o biocarburanti. Pur contemplando la loro combustione per la generazione di energia, la cui minima quota di CO2 liberata è compensata da quella assorbita dai vegetali durante il loro ciclo di vita.
Le biomasse rappresentano qualcosa di più: una risorsa naturale, diffusa, capace di rigenerare territori colpiti da calamità o crisi ambientali e rilanciare economie rurali e locali. Da quest’ultimo punto di vista, gli impianti a biomasse contribuiscono, infatti, a creare e mantenere micro-filiere produttive locali: i fornitori di legname sono spesso microimprese o aziende a conduzione familiare, che operano nei boschi secondo piani autorizzati di taglio. La loro attività contribuisce a rendere il bosco più sicuro, accessibile e vivibile.
Ing. Paolo Appeddu, Amministratore Delegato di Biomasse Italia e Direttore Generale di Fiume Santo S.p.A
“Le biomasse rappresentano la principale fonte rinnovabile realmente programmabile, in grado di garantire continuità produttiva, flessibilità, stabilità e sicurezza per il sistema energetico nazionale, cosa che il fotovoltaico e l’eolico non possono fare allo stesso modo”, afferma Paolo Appeddu, che sottolinea subito l’importanza di questa fonte energetica. “In un periodo come quello che stiamo vivendo, in cui tutti i Paesi sono impegnati in una progressiva transizione verso una maggior componente rinnovabile nel proprio energy mix, le biomasse possono rivelarsi un’ottima soluzione”.
Con particolare riferimento a questo settore, oggi il gruppo EPH gestisce in Italia circa 80 MW di potenza installata, distribuita su tre impianti. “Due si trovano in Calabria, a Crotone e a Strongoli: si tratta di centrali di grandi dimensioni situate in prossimità dei porti”, precisa Appeddu, entrando nel dettaglio dell’attività di Biomasse Italia, società di cui è alla guida. “La nascita degli impianti calabresi è legata alla riconversione o al completamento di filiere industriali preesistenti. La terza centrale – da 7 MW – è localizzata, invece, in Valtellina, precisamente a Fusine, in provincia di Sondrio, e ha dimensioni più contenute”.
On. Luca Squeri, Responsabile Energia di Forza Italia
“Oggi le biomasse possono essere utilizzate in modo modulare, continuo e sostenibile e, soprattutto, permettono di ridurre la dipendenza energetica del Paese, in un momento storico particolarmente sfidante che, sin dall’inizio della guerra in Ucraina, ci ha insegnato quanto sia fondamentale avere fonti locali e sostenibili”, interviene l’On. Squeri. E aggiunge: “Le biomasse non sono l’unica risposta, ma devono essere opportunamente valorizzate. A questo proposito, dal mio punto di vista, sono due gli aspetti su cui lavorare nei prossimi mesi e anni. Il primo riguarda la tassonomia europea, che non identifica in modo univoco le biomasse e crea incertezza normativa a livello comunitario: serve una posizione nazionale netta. Il secondo, altrettanto decisivo, è dovuto alla mancanza di incentivi mirati per chi investe in questa tecnologia. Non è solo una questione legislativa, ma anche di leve fiscali efficaci e stabili nel tempo, che possano permettere una vera programmazione alle aziende della filiera”.
Su questo punto prende la parola anche il Prof. Grigolato: “È importante distinguere gli impianti che utilizzano biomassa reale da quelli che trattano altri materiali, come il CSS (Combustibile Solido Secondario) o i rifiuti urbani. La filiera delle biomasse va tutelata anche sul piano reputazionale, riconoscendo e valorizzando chi vi opera. Da questo punto di vista, Biomasse Italia è una realtà di primo ordine nel contesto nazionale”.
Le biomasse rappresentano un modello tangibile dell’integrazione tra sostenibilità ambientale, sicurezza energetica e benessere delle comunità, anche in corrispondenza di eventi imprevedibili. “Al riguardo Biomasse Italia sta lavorando, in provincia di Brindisi, al recupero del legname proveniente dagli ulivi morti per la Xylella. È un’iniziativa dal forte valore ambientale, perché trasforma un’emergenza fitosanitaria in una risorsa energetica, ma che ha anche un valore sociale, perché crea occupazione e rimette in moto la filiera”, racconta Appeddu.
La Xylella ha devastato l’olivicoltura pugliese, ma il recupero del legname infetto ha contribuito ad abbattere i costi di espianto per gli agricoltori. “Questo materiale è stato trattato attraverso una tecnica di fumigazione a bordo nave, sviluppata insieme agli istituti fitosanitari pugliesi e calabresi, che ne garantisce la sterilizzazione prima dell’arrivo a Crotone”, sottolinea Appeddu.
Prof. Stefano Grigolato, Docente del Dipartimento di Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università degli Studi di Padova
Il legno colpito dalla Xylella, però, ha una finestra di utilizzo molto breve: “Deve essere recuperato in fretta, altrimenti si deteriora”, specifica il Prof. Grigolato. “In contesti diversi, come quelli delle emergenze fitosanitarie in ambiente forestale — si pensi all’epidemia di Ips typographus nelle Alpi centrali e orientali — l’immediata mappatura dei territori colpiti e la realizzazione di infrastrutture logistiche adeguate rappresentano un modello di intervento replicabile anche in ambiti non strettamente forestali, come quello della Xylella. Si tratta di un vero esempio di economia circolare, che passa attraverso l’efficientamento dei processi di lavorazione e di logistica.
Tuttavia, non è solo una questione tecnica: è necessaria una cornice normativa adeguata. Oggi, infatti, alcuni residui di origine legnosa vengono classificati come rifiuti, rendendo complesse o addirittura impraticabili molte iniziative. Ne sono esempi le potature urbane o il recupero di biomassa derivante dalla manutenzione del territorio in aree che non rientrano nella mappatura delle superfici boscate.
Per promuovere una più ampia economia circolare, tutti i residui di biomasse legnose non trattate dovrebbero essere valorizzati e non penalizzati”.
Il Prof. Grigolato ricorda un altro caso emblematico: la tempesta Vaia del 2018, che ha abbattuto milioni di alberi nelle foreste alpine delle Alpi centrali e Nord-Orientali. “Si è trattato di un evento che ha generato un forte impatto ambientale, economico e sociale, al quale la risposta dei territori è stata immediata, evidenziando una notevole capacità di reazione, ma anche alcuni limiti.
Una parte significativa del materiale recuperato ha coinvolto imprese estere ed è stata esportata in altri Paesi, limitando così gli effetti del ritorno economico sul territorio.
Se fosse stata disponibile una maggiore capacità di lavorazione del legname su scala locale, sarebbe stato possibile valorizzare una quantità più ampia di residui di biomassa forestale, provenienti sia dalle lavorazioni sia dagli scarti delle utilizzazioni, su scala nazionale. Ciò avrebbe consentito un recupero economico del legname danneggiato più rilevante e un pieno successo in termini di capacità di trasformazione e di valorizzazione della risorsa su scala territoriale”.
Come accennato, oltre al valore ambientale, le biomasse rappresentano anche un’occasione concreta di sviluppo locale. L’On. Squeri lo dichiara con chiarezza: “Ogni impianto genera un indotto notevole: trasportatori, raccoglitori, manutentori, impianti di cippatura. Sono decine le piccole imprese locali coinvolte. E poi c’è il presidio sul territorio: se il bosco è curato, si riduce il rischio di dissesto e incendi”.
“Anche l’agricoltura può beneficiare di questa filiera”, sostiene Appeddu. “Molti frutteti, una volta giunti a fine ciclo produttivo, devono essere espiantati. Il legname risultante può essere conferito a impianti come quelli gestiti da Biomasse Italia, generando un piccolo reddito per l’agricoltore e favorendo il reinvestimento. Lo stesso vale per le potature, che rappresentano un’importante risorsa secondaria”.
Paolo Appeddu aggiunge poi un ulteriore tassello: “Stiamo lavorando anche su un progetto che riguarda i pini marittimi abbattuti per motivi di sicurezza urbana o per contenimento di infestanti che portano le pinete, omogenee per età e specie, ad ammalarsi. Oggi interventi di prevenzione come questi non sarebbero possibili se non ci fossero gli operatori capaci di valorizzare il materiale che altrimenti costituirebbe un problema da gestire. Inoltre, anche i sottoprodotti generati del nostro ciclo di generazione di energia rinnovabile, come ad esempio le ceneri, possono essere reinseriti e riutilizzati in appropriati processi produttivi. È una visione circolare al 100%”.
E, a proposito di sostenibilità, la catena del valore delle biomasse permette una gestione attiva dei boschi italiani, più del 70% dei quali non sono sottoposti a controlli frequenti. Riprende il Prof. Grigolato: “A livello europeo si stanno attuando delle politiche importanti: nel nuovo Regolamento LULUCF (Uso del suolo, cambiamento di uso del suolo e silvicoltura) e nella Direttiva RED III (Terza Direttiva Europea sull’energia rinnovabile) c’è un riconoscimento importante della gestione sostenibile dei boschi, legata anche al concetto di ‘carbon farming’, un approccio agricolo che mira a ridurre le emissioni di gas serra e ad aumentare il sequestro di carbonio nel suolo e nella vegetazione. Questo è un elemento da cogliere”.
L’On. Squeri sottolinea che vi sono altri temi da affrontare, come quello relativo alle emissioni in alcune zone critiche, come la Pianura Padana: “In Italia, si fa ancora troppo poco. La nostra media di utilizzo degli scarti forestali è circa un quarto rispetto a quella europea: se riuscissimo a raggiungerla, potremmo sostituire fino a 20 miliardi di metri cubi di gas. È una cifra impressionante, che rende l’idea delle opportunità a disposizione”.
L’On. Squeri evidenzia, inoltre, anche un vantaggio temporale: “Un’alternativa come il nucleare potrà dare un contributo concreto solo nel prossimo decennio, mentre le bioenergie possono offrire risultati già oggi, in modo rapido e concreto, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi 2030”.
Paolo Appeddu introduce anche l’urgenza di un diverso approccio culturale alle biomasse: “un tema che merita attenzione è quello della disinformazione. Esiste un forte pregiudizio verso gli impianti a biomassa: si tende a pensare al bosco come a un luogo sacro e intoccabile, da contemplare, ma non da gestire. La realtà è diversa: un bosco non mantenuto, soprattutto in aree antropizzate come quelle italiane, può diventare un problema ambientale e di sicurezza. Gli impianti di Biomasse Italia funzionano con scarti – materiali che altrimenti marcirebbero nei boschi o brucerebbero – liberando CO₂”.
“Sono d’accordo: una foresta gestita è più sicura, produttiva e resiliente”, risponde il Prof. Grigolato, “e se riuscissimo a far percepire la biomassa come parte di un’economia circolare e sostenibile, potremmo renderla una leva utile per la transizione ecologica”.
“Dal canto nostro”, sottolinea l’On. Squeri, “continueremo a promuovere le biomasse in sede istituzionale, dove recentemente sono state escluse dal fondo di 1,2 miliardi di euro del PNRR per l’efficientamento dell’edilizia pubblica. Una decisione che reputo inspiegabile dal momento che si tratta di una fonte rinnovabile efficace e già pronta, che permette di capitalizzare su risorse già presenti nel territorio. Ci impegneremo senza dubbio per definire un piano di incentivi e un percorso educativo”.
“Su questo elemento siamo già in prima linea”, conclude Appeddu. “L’azienda ha iniziato ad aprire i propri impianti agli studenti, così da diffondere una maggiore consapevolezza sulla gestione sostenibile delle risorse forestali. Crediamo che sia una grande occasione non solo per far conoscere le biomasse, ma anche per mostrare come il sistema ambientale, energetico e industriale italiano sia strettamente interconnesso e necessiti di interventi di sistema”.
Perché è questo che sono le biomasse: una chiave di sistema per contribuire concretamente alla transizione energetica, ad una gestione forestale sostenibile e alla rigenerazione dei territori.
Un’energia che, nata sul territorio, vi rimane, contribuendo allo sviluppo locale e al benessere dei suoi cittadini.