Ogni messaggio, ogni parola e ogni scelta narrativa contribuiscono a costruire un’immagine (di un brand o di un personal brand). Lo vediamo e lo viviamo ogni giorno sul campo, quando in agenzia progettiamo e sviluppiamo contenuti per raccontare notizie corporate, lanci di prodotto (o di servizio), eventi o pubblicazioni di report.
E dobbiamo sempre tenere a mente anche che nella comunicazione, non esistono fatti raccontati in modo neutro: ciò che scegliamo di mettere in primo piano, il tono con cui lo facciamo e le parole che usiamo definiscono la cornice attraverso cui il pubblico interpreta la realtà.
È il principio del framing, uno dei meccanismi più potenti (e spesso inconsapevoli) con cui la comunicazione influenza la percezione. Un concetto che nasce nella psicologia cognitiva e che, nel tempo, è diventato una chiave di lettura fondamentale anche per chi lavora nel marketing, nel giornalismo e nelle pubbliche relazioni.
Cos’è il framing e perché conta
Secondo gli studi di Erving Goffman e successivamente di George Lakoff, il framing non è semplicemente una tecnica retorica: è il modo in cui selezioniamo e organizziamo le informazioni per dare senso al mondo.
Ogni cornice narrativa evidenzia alcuni aspetti di una realtà e ne oscura altri, orientando quindi la lettura.
Dire “taglio delle tasse” o “riduzione delle entrate fiscali” descrive lo stesso evento, ma evoca reazioni emotive opposte. Nel primo caso la cornice è positiva (liberare risorse) nel secondo suggerisce perdita o rischio.
Nelle comunicazioni aziendali, questa dinamica è costante perché conta “cosa” viene comunicato e “come” viene fatto. Il framing agisce sulle associazioni mentali, sui valori evocati, sulla direzione in cui il pensiero del pubblico viene portato. È ciò che permette a un brand di essere percepito come innovativo, inclusivo, sostenibile o, al contrario, distante, autoreferenziale, poco credibile.
Pensiamo, ad esempio, a un comunicato stampa che ha lo scopo di raccontare i risultati di una survey: scegliere quali dati inserire nel titolo e nel primo paragrafo spesso è funzionale anche allo sviluppo di un’argomentazione utile alla narrazione di una parte importante dell’azienda.
Le basi psicologiche del framing: perché una parola cambia tutto
Il potere del framing si radica nei meccanismi cognitivi con cui elaboriamo le informazioni: non reagiamo ai fatti in modo oggettivo, ma lo facciamo attraverso degli schemi mentali che ne guidano l’interpretazione.
Gli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky, nei loro esperimenti sulle decisioni in condizioni di incertezza, hanno dimostrato che la scelta delle parole può modificare radicalmente il giudizio.
Nel celebre Asian Disease Problem, le persone tendevano a preferire una misura sanitaria se descritta come “salverà il 30% della popolazione” piuttosto che “morirà il 70% della popolazione”, pur trattandosi dello stesso dato.
Questo effetto, noto come “loss aversion”, rivela quanto le cornici linguistiche influenzino le nostre emozioni e, con esse, le decisioni.
Applicato alla sfera comunicativa, significa che un brand con la propria comunicazione può attivare interpretazioni, emozioni e immagini mentali.
Nel linguaggio scritto, il framing agisce attraverso tre dimensioni:
- Lessico: le singole parole costruiscono associazioni emotive. “Investire” e “spendere”, “crisi” e “transizione”, “sostenibile” e “duraturo” evocano scenari diversi, pur appartenendo allo stesso campo semantico.
- Sintassi: la struttura delle frasi orienta la percezione del controllo e dell’intenzione. Dire “abbiamo ridotto le emissioni” pone il brand come agente attivo, mentre “le emissioni si sono ridotte” sposta l’attenzione sull’evento, non sull’azione.
- Punto di vista: scegliere da dove si racconta un fatto determina chi diventa protagonista, chi spettatore e chi viene escluso dal racconto.
Le PR si muovono esattamente su questo terreno: nel modo in cui una notizia viene scritta, una dichiarazione formulata o un tema introdotto, si costruisce la cornice che guiderà la lettura giornalistica e pubblica.
Cornici e tono di voce: il linguaggio come leva strategica
Ogni brand utilizza un linguaggio che riflette la propria identità, ma è la coerenza del tono di voce a trasformare la comunicazione in riconoscimento. Un tono coerente – nei comunicati stampa, nei social, nelle interviste, nelle campagne – serve a costruire familiarità cognitiva, cioè quella sensazione di riconoscimento immediato che rafforza la fiducia e riduce la distanza con il pubblico.
Quando il tono di voce è chiaro e coerente, ogni messaggio diventa un tassello del racconto di marca. Al contrario, un linguaggio disallineato o contraddittorio genera confusione perché se il brand cambia volto a seconda del contesto, perde credibilità.
La cornice narrativa, dunque, determina come l’azienda verrà interpretata e ricordata.
Il framing nelle PR: quando le parole orientano la reputazione
Alla luce di tutto quello che stiamo dicendo, nelle PR, le cornici narrative giocano un ruolo decisivo. Ogni relazione con i media, ogni intervista, ogni dichiarazione istituzionale (e non) è un’occasione per posizionare un messaggio dentro una cornice precisa.
Un comunicato stampa, per esempio, può raccontare un’innovazione tecnologica come “strumento per rendere la vita delle persone più semplice” oppure come “passaggio verso la piena automazione dei processi”. In entrambi i casi il fatto è lo stesso, ma il significato cambia completamente: nel primo prevale la dimensione umana, nel secondo quella dell’efficienza e del progresso tecnico.
Scegliere una cornice significa scegliere quale valore attribuire a ciò che si comunica e di conseguenza quale tipo di percezione generare.
Nella gestione delle media relations, questo implica un lavoro attento di costruzione linguistica e di scelta dei canali e dei media, che inizia molto prima della diffusione di una notizia, ovvero nella definizione dei messaggi chiave, nella preparazione dei portavoce e nella progettazione delle risposte alle domande più critiche.
Dal racconto alla relazione: costruire fiducia attraverso coerenza
Le cornici narrative, da sole, non bastano. Perché funzionino, devono poggiare su una coerenza di fondo tra ciò che un’azienda comunica e ciò che realmente fa. Un brand può adottare cornici diverse a seconda del contesto (istituzionale, di prodotto, di crisi), ma se il suo linguaggio resta riconoscibile, il messaggio sarà sempre percepito come vero.
Nel lungo periodo, questa coerenza costruisce un forte capitale narrativo perché tutto l’insieme di parole, immagini e associazioni rendono il brand immediatamente distinguibile nel caos informativo.
La capacità di “incorniciare” i messaggi con precisione e un approccio analitico oltre che autentico, rappresenta oggi una forma evoluta di leadership comunicativa, capace di dare direzione alle conversazioni e continuità alla reputazione di un brand.
Comunicare è scegliere una prospettiva
Ogni racconto è una scelta di prospettiva. Nelle PR, come in ogni forma di comunicazione strategica, il framing non serve a “costruire” una realtà, ma a renderla leggibile e coerente con i valori del brand.
Saper gestire le cornici narrative significa guidare la percezione, costruire fiducia con le persone e favorire la comprensione, tre elementi essenziali per una reputazione solida e duratura.
La forza di una narrazione non risiede solo nell’intensità del messaggio, nella solidità e nell’accuratezza del contenuto, ma (anche) nella chiarezza della cornice che lo sostiene.
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