"L’archeologia oltre il passato: turismo lento, valore sociale e la Convenzione di Faro" di Fabio Carbone | Twissen

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  • 14 Novembre 2025
  • Posted by: Twissen
  • Categories: Travellers, Trends

Crotone e Tobruk: due laboratori mediterranei per un futuro di sviluppo
sostenibile e pace positiva
di Fabio Carbone
Docente e ricercatore presso l’Universita’ di Northampton (UON) – UK
Direttore del centro di ricerca per lo Sviluppo Globale Economico e Sociale (GESD, UON)
Consulente per lo sviluppo sostenibile attraverso il turismo e la valorizzaizone dei beni culturali in contesti di
ricostruzione post-bellica.

Questo articolo nasce dalle riflessioni condivise durante il mio intervento come keynote speaker alla 2ª Conferenza Internazionale di Archeologia e Turismo organizzata dall’Università di Tobruk, in Libia, dedicata al tema Investimenti e sviluppo sostenibile tra
archeologia e turismo: prospettive e sfide.
Nel mio contributo, dal titolo Archaeology Beyond the Past: Slow Tourism, Social Value, and the Faro Convention, ho messo in dialogo due città del Mediterraneo — Crotone e Tobruk.
Due comunità costiere, periferiche e centrali allo stesso tempo: porti di storia e identità che oggi cercano di ridefinire il proprio rapporto con la memoria, lo sviluppo e il futuro.
L’idea centrale è che l’archeologia, se intesa nel senso ampio proposto dalla Convenzione di Faro (Consiglio d’Europa, 2005), non sia soltanto una scienza del passato, ma una pratica del presente, capace di generare valore sociale, coesione e, in prospettiva, quella che Johan Galtung (1969) definisce “pace positiva”: non mera assenza di conflitto, ma presenza attiva di giustizia, dialogo e partecipazione.

Archeologia viva: dal passato al futuro

Tradizionalmente, l’archeologia è stata intesa come disciplina della tutela e della conservazione, uno sguardo rivolto al passato più che al futuro. La Convenzione di Faro propone invece un cambio di prospettiva radicale: il patrimonio culturale non è un insieme di oggetti, ma una rete di relazioni. L’articolo 4 afferma che “chiunque, da solo o collettivamente, ha diritto di trarre beneficio dal patrimonio culturale e di contribuire al suo arricchimento”. Il patrimonio diventa così un diritto di cittadinanza culturale. In questa visione, l’archeologia diventa un linguaggio attraverso il quale le comunità si raccontano e si riconoscono.
A Crotone, l’antica Kroton continua a parlare: non solo attraverso i reperti conservati nel Museo Archeologico di Capo Colonna, ma anche nella memoria collettiva di una città che cerca di conciliare la gloria del passato con la costruzione di un futuro sostenibile. A Tobruk, le vestigia greco-romane convivono con la memoria più recente dei conflitti del Novecento e con le sfide della ricostruzione. Qui l’archeologia non è soltanto eredità materiale, ma può diventare strumento di resilienza civica, riconnettendo il presente alla lunga storia del Mediterraneo come spazio di incontro e scambio.

Crotone e Tobruk: due laboratori mediterranei

Il confronto tra Crotone e Tobruk nasce da una constatazione: entrambe le città si trovano su una soglia, in bilico tra marginalità e rinascita.
Sono porti storici, crocevia di civiltà e custodi di un patrimonio archeologico straordinario, ma ancora lontane dal trasformare quella ricchezza in valore sociale ed economico sostenibile.
Nel caso di Crotone, i dati più recenti mostrano una crescita incoraggiante ma ancora fragile. Nei primi quattro mesi del 2025, la Calabria ha registrato 464.240 pernottamenti (+10,1% rispetto al 2024) e 224.000 arrivi (+10,4%). L’aeroporto di Crotone ha superato i 273.000 passeggeri nel 2024, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente.
Il turismo crocieristico è in espansione, con 26 scali e oltre 27.000 passeggeri nel 2024, e 31 approdi già programmati per il 2025.
Tuttavia, dietro questi numeri si nasconde un paradosso. L’attracco delle navi da crociera a Crotone, per esempio, è stato celebrato come simbolo di rinascita. Ma, come ho più volte sostenuto (e sussurrato all’ orecchio degli addetti ai lavori locali), le compagnie di crociera
non sono organizzazioni umanitarie: non operano per la destinazione, ma attraverso di essa. Il loro impatto economico reale sul territorio è spesso minimo, mentre i costi ambientali e infrastrutturali restano a carico della comunità locale. Per una destinazione emergente
come Crotone, questo tipo di sviluppo può trasformarsi in una vittoria di Pirro: brillante in apparenza, ma priva di radici e di effetti duraturi. La vera crescita passa invece da un modello di turismo che rafforzi l’economia locale, valorizzi l’identità e metta al centro i cittadini.
In questo senso, Crotone resta nella fase di “esplorazione” individuata da Butler (1980): un punto cruciale, in cui le scelte odierne determineranno se la città evolverà verso la sostenibilità o verso la dipendenza da modelli esterni.
La sfida è chiara: crescere senza perdere autenticità, definendo una visione fondata su conoscenza, cultura e partecipazione.
Tobruk, nella Libia orientale, vive una fase simile ma in un contesto più complesso.
Dopo anni di frammentazione e instabilità, la città sta riscoprendo il proprio patrimonio (archeologico, naturale e umano) come risorsa per la ricostruzione sociale. Diversamente da siti già affermati come Cirene, Leptis Magna e Sabratha, Tobruk rappresenta un laboratorio vivente, un luogo dove il turismo culturale può nascere quasi da zero, integrando educazione, cooperazione internazionale e coinvolgimento comunitario. In questo senso, Tobruk può diventare un modello di heritage-led recovery, dove la valorizzazione archeologica si intreccia con l’educazione civica e la costruzione della pace.

Turismo lento e spirito di Faro

In entrambe le città, la risposta non può essere il turismo di massa. Serve un approccio misurato, radicato e partecipativo. Il paradigma del turismo lento (slow tourism), sviluppato nei primi anni Duemila, rappresenta la chiave ideale per tradurre i principi della Convenzione di Faro in pratica concreta. Non si tratta semplicemente di “viaggiare più lentamente”, ma di riconnettere il viaggio al senso, le persone ai luoghi. A Crotone, questo significa valorizzare esperienze autentiche: i mercati locali, la pesca, l’artigianato, le aziende agricole, la cucina tipica, i percorsi sulle orme di Pitagora e della Magna Grecia. Il visitatore non è più spettatore, ma partecipante, parte della vita quotidiana
e delle storie delle persone che incontra.
Lo stesso vale per Tobruk, dove il turismo culturale potrebbe coinvolgere i giovani, le università, le guide locali; unire la visita ai siti archeologici con momenti di formazione, dialogo e scambio culturale. Un turismo, insomma, che non porti solo visitatori, ma connessioni — capace di generare fiducia, comprensione e piccole economie sostenibili.
In tal senso sarebbe una via da percorrere anche quella del turismo di eventi. Senza volersi qui dilungare sui dettagli tecnici e teorici, questa forma di turismo è utile a dare alla destinazione una personalità speciale e unica, e a promuoverla a livello nazionale e tra i mercati internazionali in modo sostenibile. Nel caso delle due località in questione, gli eventi sportivi sarebbero quelli più indicati, con particolare riguardo verso gli sport nautici, ma non solo. Inoltre, ancora turismo turismo e patrimonio storico archeologico tornerebbero ad allearsi, essendo – in particolare Crotone – legata fortemente alle olimpiadi antiche.
Come ricorda la Convenzione di Faro, il valore del patrimonio non risiede nella sua monumentalità, ma nei significati che le persone gli attribuiscono. In questo senso, il turismo lento è la traduzione pratica dello “spirito di Faro”: tempo, cura e reciprocità come strumenti di crescita sostenibile.

Pace positiva e valore sociale del patrimonio

Il legame tra patrimonio e pace è spesso sottovalutato. Eppure, come osserva Johan Galtung (1969), la pace non è assenza di guerra, ma presenza di giustizia e cooperazione. Da questa prospettiva, la valorizzazione partecipativa del patrimonio può diventare uno strumento concreto di pace positiva.

A Tobruk, dove le memorie del conflitto sono ancora vive, l’archeologia può offrire un terreno neutro e simbolico per ricostruire fiducia e senso di appartenenza. I giovani, in particolare, possono trovare nel turismo culturale un modo per partecipare alla rinascita del proprio Paese, diventando custodi e interpreti della propria storia.

A Crotone, la stessa logica vale in chiave civile: il turismo come educazione alla cittadinanza, come processo collettivo di riscoperta del territorio e dell’orgoglio locale. Come ho spesso ricordato in interventi pubblici e su testate come Il Crotonese e WeSud, “il vero turismo sostenibile nasce dal principio che i primi beneficiari del patrimonio devono essere i residenti”. Il valore del patrimonio, quindi, non si misura in numeri, ma in relazioni: nel capitale sociale fatto di fiducia, cooperazione e identità condivisa che esso genera.

Il Mediterraneo come cantiere di futuro

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