Cop30: il multilateralismo continua lentamente

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Fonte immagine Che cosa resta della COP30 | Il Bo Live UniPD

Ufficio Policy Focsiv – Per l’ennesima volta, nonostante tutto, i negoziati multilaterali sul riscaldamento climatico proseguono, ma ancora con lentezza e con risultati deboli rispetto alla crescente crisi. Ciò significa che le organizzazioni della società civile devono moltiplicare i loro sforzi per spingere i governi e il settore privato ad accelerare il passo. Non ci si può fermare. Le iniziative dei popoli, delle regioni e dei vari gruppi di Paesi, devono avanzare per abbandonare i combustibili fossili, sostenere le misure di adattamento e rimborsare le perdite e i danni secondo i principi della giustizia climatica e sociale.

Riprendiamo qui i commenti dell’International Institute for Sustainable Development. Del centro studi ECCO e di Italian Climate Network, con cui Focsiv collabora.

Highlights and images for 22 November 2025

La Conferenza di Belém sul Cambiamento Climatico ha tenuto i delegati sulle spine fino alla fine. Il flusso abituale delle sessioni plenarie finali degli organi di governo della Convenzione Quadro ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi è stato ripetutamente interrotto da gruppi e Parti (Stati) che sollevavano una serie di punti di ordine, obiezioni e commenti su varie questioni negoziali.

Panama, Uruguay, Argentina, Paraguay ed Ecuador hanno denunciato la sconfitta della decisione sull’Obiettivo Globale di Adattamento (GGA) nonostante le loro delegazioni avessero issato le bandiere e segnalato punti di ordine. Hanno lamentato che gli indicatori cancellano due anni di lavoro tecnico condotto con il contributo degli esperti. Anche l’Alleanza Indipendente dell’America Latina e dei Caraibi, il Gruppo per l’Integrità Ambientale, l’Unione Europea, la Sierra Leone e il Canada hanno espresso preoccupazioni riguardo alla decisione.

La Colombia ha osservato di aver sollevato un punto d’ordine prima dell’adozione della decisione sul programma di lavoro per la mitigazione (MWP). Sottolineando che la “COP della verità non può sostenere un risultato che ignora la scienza”, hanno esortato a modificare il testo per dichiarare che i temi dei dialoghi globali del MWP 2026 saranno: industria e percorsi per la transizione dai combustibili fossili in modo giusto ed equo, per mantenere gli 1,5°C a portata di mano.

A seguito di questo tumulto, la plenaria è stata sospesa per oltre un’ora, con le Parti che si radunavano in varie parti della sala. Quando la sessione ha ripreso i lavori per terminarli, il presidente della COP 30, André Corrêa do Lago, ha espresso il suo rammarico per non essere stato informato dei punti di ordine; ha preso nota della conferma da parte del Segretariato che le decisioni erano state adottate; ha suggerito che i lavori su queste questioni continuino alla riunione di giugno 2026 degli Organismi Sussidiari; e ha invitato il Segretariato a preparare le migliori pratiche per garantire la prevedibilità e la legittimità del processo.

L’adozione di altre decisioni, al contrario, è andata più liscia. I partecipanti hanno applaudito l’adozione del nuovo piano d’azione di genere così come la decisione di sviluppare un meccanismo di transizione giusta. Risolto un lungo stallo, la COP ha accettato l’offerta della Turchia di ospitare la COP 31 e ha accolto con favore un accordo tra Turchia e Australia per condividere la presidenza della COP 31. La COP ha inoltre accettato l’offerta dell’Etiopia di ospitare la COP 32 nel 2027, per cui sarà la prima volta che gli organi di governo si riuniranno in un paese “meno sviluppato”.

La presidente della COP 30, Corrêa do Lago, ha inoltre annunciato la creazione di due roadmap per la Presidenza: una sulla transizione dai combustibili fossili in modo giusto ed equo e l’altra sull’arresto e l’inversione della deforestazione entro il 2030, con risultati da riportare alla COP 31. Marina Silva, Ministro dell’Ambiente e dei Cambiamenti Climatici del Brasile, ha spiegato che questa è stata la risposta della Presidenza alla mancanza di consenso per affrontare queste questioni nella decisione “Mutirão” (il testo finale della Conferenza).

In conclusione, il Segretario Esecutivo dell’UNFCCC Simon Stiell ha sottolineato che la COP 30 si è svolta in acque geopolitiche turbolente, ma ha evidenziato l’unità delle 194 nazioni che continuano a lottare per un pianeta vivibile. Indicando la decisione “Mutirão”, ha sottolineato che la conferenza ha riconosciuto che la transizione globale verso basse emissioni di gas serra e uno sviluppo resiliente al clima è irreversibile. Ha esortato al rifiuto della disinformazione e ha implorato i paesi ad accelerare l’attuazione dei piani climatici nazionali.

Il presidente della COP 30, Corrêa do Lago, ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito al processo, inclusi gli osservatori, che ha incoraggiato a continuare a chiedere di più e a guidare i negoziatori nella giusta direzione. Ha chiuso la sessione alle 20:44 del 22 novembre.

I commenti finali di Ecco: COP30: la COP delle dure verità – ECCO

La COP30 di Belém si chiude con un risultato che, pur non risolvendo tutte le divergenze, dimostra che la cooperazione multilaterale sul clima prosegue nonostante le tensioni geopolitiche. Positivo il ruolo dell’Europa nonostante le resistenze esterne dei Paesi BRICS e dei Paesi del Golfo per salvaguardare l’economia fossile. Ampie e nuove coalizioni di Paesi, segno di una riorganizzazione degli schemi globali, hanno chiesto il massimo livello possibile di ambizione, inclusa una chiara tabella di marcia per l’uscita dalle fonti fossili, e un passaggio dalla stagione delle promesse a quella dell’implementazione.

Sebbene la Mutirão Decision, il testo finale della COP30, non citi esplicitamente i combustibili fossili e non accolga l’appello del Presidente Lula e di oltre 80 Paesi per una roadmap su fossili e deforestazione, mantiene viva la traiettoria tracciata a Dubai su questo tema. L’avvio di nuovi processi per accelerare la transizione energetica, come il Global Implementation Accelerator e la Belém Mission to 1.5, offrono strumenti concreti per permettere ai Paesi di collaborare, ciascuno con i propri percorsi, per avanzare nella definizione del “come” uscire dai combustibili fossili.

Luca Bergamaschi, Direttore e Co-fondatore di ECCO – il think tank italiano per il clima, ha detto: “Il risultato di questa COP è un testo di compromesso che dà una prima risposta, non scontata nell’attuale contesto geopolitico, di come colmare il divario tra le politiche attuali e l’obiettivo di 1.5°C. Bene il ruolo dell’Europa nel portare tutti i Paesi ad accettare un aumento dell’ambizione. L’Accordo della COP30 riafferma innanzitutto l’Accordo di Parigi come stella polare della cooperazione internazionale e dimostra che la maggioranza dei Paesi, con l’Europa al centro, è pronto ad avviare un percorso di uscita dai combustibili fossili. Un percorso che riflette dove sta andando l’economia reale, la finanza, con gli investimenti nelle energie pulite raddoppiati nel 2024 rispetto a quelli fossili, e le richieste della società”.

Sul fronte finanziario, la COP30 invia un messaggio più incoraggiante sull’importanza di investire in resilienza e decide di triplicare i finanziamenti per l’adattamento entro il 2035. Emergono impegni per rendere la finanza climatica più prevedibile, accessibile e commisurata ai bisogni dei Paesi vulnerabili, elementi essenziali per un sistema finanziario più equo e allineato alle sfide climatiche.

Eleonora Cogo, Responsabili del Cluster Finanza di ECCO – il think tank italiano per il clima, ha detto: “La COP di Belém dimostra che il resto del mondo avanza sul clima anche in assenza degli Stati Uniti. Lo abbiamo visto soprattutto sul fronte della finanza climatica, dove i Paesi hanno compiuto passi avanti significativi nel rafforzare prevedibilità del sostegno verso i paesi più vulnerabili.  E il fatto che qui si stia parlando di politiche commerciali, di transizione economica e sociale, dimostra che per poter influenzare le regole del futuro, bisogna essere presenti a questi tavoli.

La combinazione di questi elementi permette di consolidare quanto avviato a Dubai e di mettere le basi per un ciclo di lavoro più concreto verso l’allineamento dei flussi finanziari e il riequilibrio tra mitigazione e adattamento.

La COP30 non chiude il divario di ambizione, evidenziato dall’insufficienza dei Piani nazionali di riduzione delle emissioni,. Si rafforza però la volontà politica di molti Paesi di continuare a lavorare su percorsi paralleli, multilaterali e regionali, per avanzare con decisione nella transizione dai combustibili fossili, indipendentemente dai limiti del sistema negoziale delle Nazioni Unite.

Il cammino per il contenimento delle temperature nei limiti indicati dalla scienza resta complesso, ma Belém indica che la strada è ancora aperta e che l’urgenza dell’azione è condivisa da un numero crescente di governi, città, imprese e comunità.

Di seguito COP30, L’ANALISI FINALE DI ITALIAN CLIMATE NETWORK | Italian Climate Network

La COP30 di Belém ha confermato alcune aspettative, deludendone altre. La delegazione di Italian Climate Network ha seguito i negoziati di persona, osservandone da vicino progressi, lacune e compromessi su tutti i principali filoni: dalla mitigazione all’adattamento, passando per giusta transizione, perdite e danni, questioni di genere.

Dal Mutirão alle decisioni sul Global Stocktake, la COP ha ribadito la soglia di 1,5°C come riferimento dell’Accordo di Parigi, ma senza strumenti concreti per centrarla. Sul fronte dei combustibili fossili e degli NDC gli avanzamenti restano limitati, così come le misure per colmare i gap di ambizione e implementazione. La finanza per l’adattamento cresce solo lentamente, mentre la giusta transizione fa passi avanti sul piano sociale, meno su quello climatico.

«La COP30 e il Brasile hanno voluto lanciare un segnale forte verso la sopravvivenza del sistema multilaterale sul clima», commenta il Presidente di Italian Climate Network, Jacopo Bencini. «Ma quella che hanno chiamato la “COP della verità” – verità scientifica, verità politica, la prima nel nuovo contesto diplomatico guidato dai BRICS, senza gli Stati Uniti – si è scontrata con le verità della realpolitik e di un’alleanza strumentale con la Cina rivelatasi debole e fallace nelle ultime 72 ore del vertice». 

«La COP30 ha ribadito l’obiettivo di 1.5°C, ma senza gli strumenti necessari per dare un significato reale a questa soglia, che oggi è soprattutto politica: i modelli climatici ci dicono infatti che è ormai praticamente spacciata», sottolinea la Direttrice Scientifica di Italian Climate Network, Serena Giacomin. «Quel riferimento dovrebbe indicare direzione e velocità della transizione, cioè un piano d’azione credibile per allontanarsi dai combustibili fossili nei tempi imposti dalla fisica del clima».

Di seguito trovate l’analisi dettagliata dei principali risultati, compromessi e criticità della COP30, realizzata dalla nostra delegazione per offrire un quadro completo degli esiti negoziali e delle implicazioni per il percorso globale verso la neutralità e la giustizia climatica.

COP30, L’ANALISI FINALE DI ITALIAN CLIMATE NETWORK | Italian Climate Network

Scarica qui il comunicato stampa di CIDSE

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