In occasione del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ADOC accende i riflettori sulla violenza economica
Non lascia segni visibili sulla pelle, ma scava un vuoto profondo nell’autonomia delle persone, trasformandosi in una moderna forma di schiavitù. È la violenza economica: un fenomeno strutturale e culturale che utilizza la manipolazione finanziaria come arma di potere e controllo su donne, anziani e disabili.
Il quadro che emerge è allarmante. Una quota significativa delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza denuncia di essere vittima anche di abusi economici, che si manifestano attraverso l’esclusione dalle decisioni familiari, il controllo ossessivo delle spese e il sabotaggio lavorativo. L’ISTAT conferma l’emergenza, evidenziando come una parte consistente della popolazione femminile non disponga di un reddito autonomo. Una dipendenza che rischia di trasformarsi in una trappola, colpendo con particolare durezza studentesse, casalinghe e disoccupate. A questo si somma un preoccupante divario di competenze: secondo la Consob, la grande maggioranza delle donne ammette di avere conoscenze finanziarie limitate e di essere di fatto esclusa dalla partecipazione attiva alle scelte economiche della famiglia.
“La violenza economica segue uno schema ciclico e subdolo,” dichiara Anna Rea, Presidente Nazionale ADOC. “Inizia spesso sotto le spoglie di una falsa protezione — ‘Ci penso io alle finanze’ — per poi intensificarsi con la chiusura dei conti, il ritiro delle carte di credito e l’odioso fenomeno dei ‘debiti condivisi’, con cui la vittima è costretta a intestarsi passività non sue. L’obiettivo dell’abusante è l’isolamento totale: senza denaro diventa impossibile muoversi, mantenere amicizie o fuggire. E quando ci sono figli, il ricatto del sostentamento rende la trappola quasi impossibile da scardinare.”
Per ADOC, questa non è una questione privata, ma una responsabilità collettiva che richiede una risposta culturale e sociale forte. È urgente investire sull’alfabetizzazione finanziaria fin dai banchi di scuola, con programmi mirati per le ragazze volti a decostruire la narrativa che associa il denaro al potere maschile. Parallelamente, è fondamentale formare chi opera a contatto con il pubblico – come il personale bancario – affinché sappia riconoscere i campanelli d’allarme dell’abuso.
In questa direzione va l’impegno concreto di ADOC che, collaborando attivamente con ABI, Notariato, Feduf e Banca d’Italia, promuove annualmente corsi e webinar per accrescere la consapevolezza finanziaria e fornire strumenti reali di autonomia.
“La libertà inizia dall’indipendenza economica, che si fonda necessariamente su un lavoro non precario e retribuzioni adeguate,” conclude la Presidente Rea. “Riconoscere, nominare e combattere questo abuso significa ridefinire i confini della libertà femminile e, con essa, la qualità democratica del nostro Paese.”