Donne in fuga, corridoi umanitari e politica europea - Migrantes Online

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25 Novembre 2025 – Sebbene le informazioni disponibili ci dicano che nella popolazione in situazione di sradicamento forzato nel mondo, in generale, il numero di uomini e donne si equivalgono, tra coloro che affrontano i cosiddetti “viaggi della speranza”, via mare o terra, verso l’Europa, solo poco più del 10% sono donne. Il dato mostra la loro difficoltà rispetto agli uomini, la non pari opportunità di mettersi in cammino e raggiungere Paesi sicuri in autonomia, anche in ragione delle violenze da loro subite, della tratta e della morte che si incontra lungo il cammino.

Questa è una delle evidenze emerse da una ricerca qualitativa condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo nel biennio 2022-2024 insieme a 20 giovani donne under 35, provenienti da diversi Paesi. Il frutto della ricerca è un volume dal titolo Libere da, libere di? Storie di giovani donne in Italia con i corridoi umanitari, a cura di Cristina Pasqualini e Fabio Introini (Vita e Pensiero, 2025).

Il dramma delle donne in fuga da guerre, disastri ambientali, persecuzioni culturali e religiose ha trovato certamente in questi anni un canale alternativo, quello promosso dalla società civile e dalle Chiese, cattolica e riformate, in collaborazione con il Governo italiano e alcuni altri Governi dei Paesi europei, e denominato “corridoio umanitario”.

I corridoi umanitari nascono inizialmente per permettere alle persone più fragili – donne con bambini, anziani, disabili, famiglie –, bisognose di protezione, di poter lasciare un Paese che vive guerre e disastri ambientali, in sicurezza e senza intraprendere lunghi viaggi, di poter usufruire dell’ “accoglienza diffusa”, un modello che prevede l’inserimento in un contesto familiare, associativo o parrocchiale, e di iniziare un percorso di integrazione a carico dei diversi soggetti della società civile. È un percorso reso possibile da una clausola del regolamento visti del Trattato di Schengen.

Dal 2016, anno di una prima esperienza, al settembre 2023 sono state 6.473 in Europa le persone rifugiate che hanno ottenuto una forma di protezione internazionale grazie ai corridoi umanitari. L’utilizzo è avvenuto soprattutto in Italia. Le donne sono coloro che hanno maggiormente beneficiato di corridoi umanitari e dei percorsi di protezione attivati, anche se non abbiamo dati statistici elaborati.

Le loro provenienze sono diverse: la Siria (67%) soprattutto e, a seguire, l’Eritrea (15%); e poi, con percentuali ancora più ridotte, la Somalia, l’Afghanistan, il Sudan e il Sud Sudan, l’Iraq, lo Yemen, la Repubblica democratica del Congo e il Camerun. Donne tutte diverse, ma animate dalla stessa speranza, la maggior parte delle quali dall’Italia hanno continuato il cammino verso Paesi europei con comunità più numerose, verso gruppi parentali e territori linguisticamente più affini o che proponevano maggiori opportunità rispetto, ad esempio, al titolo di studio da loro posseduto.

Certo, potrebbe nascere un problema se la politica italiana ed europea usasse i corridoi umanitari per ridurre il numero di arrivi e selezionare le persone: in questo caso, il corridoio costituirebbe un alibi per nascondere la non volontà di riconoscere il diritto alla protezione internazionale in capo alla persona.

In questo senso, preoccupa il Patto europeo per la migrazione e l’asilo, approvato a fine legislatura nel 2024. L’accordo – che non presenta una parola sui corridoi umanitari e non considera la fatica del partire delle donne – entrerà in vigore nel 2026 e segna un’ulteriore limitazione dei diritti dei richiedenti asilo e rifugiati. Il Patto prevede, annualmente, l’accoglienza di 30.000 rifugiati, un numero che è di poco superiore a quelli accolti da 17 Paesi nel 2023 con i reinsediamenti: questo a dimostrare che la politica europea ha di fatto utilizzato i corridoi umanitari come unico canale per stabilire il numero dei richiedenti asilo da accogliere. Sarà anche l’unico canale legale di ingresso in Europa? (S.E. mons. Gian Carlo Perego – “Migranti Press” 9/2025)

Recapiti
Simone Sereni