Violenza sulle donne, l’Intesa Stato-Regioni del 2022 rischia di ridurre i posti di accoglienza - CNCA

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L’Intesa Stato-Regioni del 2022, al momento in stand-by,
stabilisce nuovi criteri per la gestione di case rifugio e centri antiviolenza.
Tra questi c’è quello dell’esclusività del 
servizio, con il rischio che si generi
un effetto opposto e una riduzione drastica dei posti di accoglienza

In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza
contro le donne, il Cnca Lombardia solleva una questione cruciale
che rischia di compromettere l’efficacia della rete di accoglienza
per le donne in situazioni di violenza

Milano, 24 novembre 2025 –  Per il  Cnca Lombardia e le sue  46 organizzazioni, offrire una varietà di servizi, in aggiunta a quelli di accompagnamento a donne che hanno subito violenza, è un arricchimento. Oltre all’aiuto specializzato, l’esperienza delle cooperative  sociali  e delle altre organizzazioni in diversi settori, come quelli delle dipendenze, dei minori, delle persone senza fissa dimora e della migrazione, permette alle operatrici di dare alle donne che si rivolgono a loro un aiuto completo.

Quello che però è considerato un merito dalle organizzazioni rischia di divenire uno svantaggio. L’Intesa Stato-Regioni del 2022 che regolamenta i centri antiviolenza (Cav) e le case rifugio ha infatti stabilito come criterio fondamentale per gestire o aprire queste strutture che il loro bilancio debba essere totalmente ed esclusivamente dedicato al solo tema della violenza di genere.

Tuttavia, come ricorda Eleonora Del Fabbro, coordinatrice del gruppo antiviolenza del Cnca, molte delle organizzazioni che fanno cooperazione sociale implementano anche altre tipologie di attività. Un vincolo del genere rischia di generare un effetto opposto e, anziché garantire servizi di qualità, ridurre drasticamente i posti di accoglienza.

La Convenzione è al momento in uno stato di stand-by proprio perché, dopo essere stata approvata e dopo una fase di primo adeguamento, le Regioni stesse si sono accorte che alcuni requisiti sono problematici e potrebbero generare una diminuzione dei servizi. “Il rischio di chiusura però -avverte Del Fabbro- resta altissimo”.

Tra i criteri imposti dalla nuova convenzione ci sono anche quelli di avere un’esperienza almeno quinquennale nel settore, essere dotati di spazi adeguati e avere un personale costituito da sole donne, in continua formazione: requisiti condivisibili e sensati per garantire degli standard minimi per Cav e case rifugio.

L’obiezione sollevata dal Cnca Lombardia è che il criterio di esclusività del servizio non valuti davvero la qualità degli interventi offerti. “In che modo la gestione del bilancio può misurare l’efficacia del lavoro? Perché dovrebbe essere un disvalore il fatto che, con un numero adeguato di personale, un’organizzazione offra altri servizi che possono beneficiare le stesse donne che hanno sperimentato violenza? -si chiede Del Fabbro- Io la vedo solo come una risorsa che non inquina l’operato ma al contrario nobilita il servizio che offriamo”.

Dalle 88 case rifugio e dai 66 centri antiviolenza gestiti dalle organizzazioni del Cnca a livello nazionaleappare chiaro che il maltrattamento è quello che porta le donne a chiedere aiuto ma durante la permanenza nei rifugi emergono molto spesso altre fragilità nelle ospiti: problemi di dipendenza, mancanza di lavoro, disturbi psichiatrici e assenza di una casa. La violenza sulle donne che vivono in strada -sia da parte di sconosciuti che dei propri partner-, per esempio, è un tema frequentissimo ma ampiamente ignorato.

“Premesso che sposiamo a pieno i valori e le scelte politiche dei movimenti femministi che hanno portato all’apertura delle prime associazioni, per noi è una risorsa avere in seno alle organizzazioni del Cnca tante tipologie di attività che possono aiutare le donne nella complessità del problema: a trovare una casa, inserirsi nel mondo del lavoro, o a ricevere delle cure personalizzate. Avere diverse progettualità non toglie valore alla professionalità delle operatrici dei Cav e delle case rifugio, così come non pregiudica in alcun modo l’utilizzo della metodologia basata sul genere”.

La stessa Convenzione di Istanbul del 2011, primo trattato internazionale giuridicamente vincolante a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza, attribuisce grande importanza a politiche integrate.

“Quello a cui assistiamo con sempre maggior frequenza è una compresenza di fragilità. Pensare di poter affrontare il problema da solo -conclude Del Fabbro- è una visione anacronistica e irrealistica”.

PER INFORMAZIONI e CONTATTI per ufficio stampa
CNCA Lombardia • 340.0795015

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Mariano