Innovazione
L’incontro si è aperto con una constatazione fondamentale: il sistema italiano ed europeo è in piena fibrillazione. Non siamo più di fronte a una tecnologia di frontiera remota, confinata ai laboratori di fisica teorica, ma stiamo vivendo un vero e proprio “Quantum Shift”, un passaggio tangibile che richiede una presa di coscienza immediata. La domanda che ha guidato i lavori dell’Osservatorio è stata diretta: Italia, sei pronta?
Ci troviamo in un momento storico cruciale, forse il primo vero punto di svolta per portare queste tecnologie dal laboratorio alle aziende. La sfida principale non è più solo scientifica, ma strategica: bisogna colmare il divario tra la ricerca accademica e l’applicazione industriale.
Lo scenario geopolitico e la strategia europea
Per comprendere il posizionamento dell’Italia, è necessario guardare prima al contesto globale ed europeo, illustrato durante l’evento con il contributo del Dott. Oscar Diez. L’Europa ha deciso di non restare a guardare, investendo pesantemente per garantire la propria sovranità tecnologica. Con oltre 11 miliardi di dollari investiti ogni anno nel settore (sommando fondi UE e dei singoli stati), il vecchio continente guida la classifica degli investimenti pubblici, superando anche gli sforzi governativi di altre superpotenze.
La Commissione Europea ha lanciato una Quantum Strategy e un Quantum Act specifici per rafforzare la catena di approvvigionamento e facilitare l’accesso ai capitali. L’obiettivo è chiaro ma ambizioso: arrivare al 2035 pronti per l’era della Post-Quantum Cryptography. Esiste infatti una roadmap precisa per proteggere le infrastrutture critiche, spinta anche dagli investimenti nel settore della difesa che, sebbene controversi, agiscono spesso da acceleratore tecnologico.
A livello globale, stiamo assistendo a una maratona. I governi di 33 nazioni hanno stanziato complessivamente circa 50 miliardi di dollari con orizzonti temporali che variano dai 5 ai 15 anni. Se da un lato il Nord America punta su massicci investimenti a breve termine e nazioni come Germania, Finlandia e Regno Unito corrono veloci, dall’altro restano le incognite sulle reali capacità di attori come Cina e Russia, i cui progressi sono meno trasparenti. In questo scacchiere, il G7 (con la recente dichiarazione in Canada) e le collaborazioni transnazionali diventano essenziali per non perdere terreno.
Il paradosso italiano: Eccellenza scientifica e gap industriale
Spostando la lente sull’Italia, emerge un quadro a due facce, ben descritto dall’intervento del professor Tommaso Calarco. Il nostro Paese gioca un ruolo centrale nella ricerca europea e ha avuto un peso specifico notevole nella definizione delle linee guida continentali. Le competenze scientifiche (“brains”) non ci mancano affatto; l’Italia è ricca di eccellenze diffuse, dalla fotonica alla comunicazione quantistica, con poli d’avanguardia come Bologna, sede del Tecnopolo.
Tuttavia, manca il “cash”, ovvero la capacità di investimento privato tipica di ecosistemi come la Silicon Valley. Se nell’Intelligenza Artificiale il divario con USA e Cina rischia di essere ormai incolmabile, nel Quantum Computing il treno non è ancora perso. La sfida italiana è trasformare questa eccellenza accademica in valore economico e industriale.
È in questo contesto che si inserisce il PNRR, che ha dato il via alla nascita del partenariato e del Centro Nazionale su HPC, Big Data e Quantum Computing (ICSC). Questo ente ha il compito di federare le oltre 50 realtà italiane del settore per creare quella massa critica necessaria a competere. Un esempio concreto di questa spinta è l’integrazione, curata dal CINECA, di computer quantistici (come macchine a 64 qubit e future integrazioni previste per il 2026) all’interno dell’infrastruttura di supercalcolo Leonardo, rendendoli accessibili sia alla ricerca pubblica che ai privati.
Il mercato e la tecnologia: Tra Big Tech e nuove startup
Analizzando il mercato, l’Osservatorio ha mappato oltre 300 startup “native quantum” a livello globale, ma la parte del leone negli investimenti privati (circa 3,4 miliardi nell’ultimo anno) la fanno ancora le Big Tech americane. Le aziende si stanno muovendo su due direttrici tecnologiche diverse: c’è chi punta ad aumentare il numero di qubit fisici e chi invece lavora sull’ottimizzazione degli stessi per ottenere “qubit logici” più stabili e privi di errori.
In Italia, un segnale interessante arriva da realtà come IONQ. L’azienda sta investendo nel nostro Paese non come semplice filiale commerciale, ma assumendo centinaia di ricercatori e sviluppatori, contribuendo al rientro dei cervelli. Il loro approccio con computer universali programmabili (basati su ioni intrappolati) si affianca ad altre tecnologie, creando un fermento positivo. Tuttavia, come sottolineato anche dalla Fondazione Links di Torino, esiste un problema di formazione: mancano figure ibride. Non servono solo fisici, ma ingegneri quantistici e manager capaci di capire il ROI (ritorno sull’investimento) di queste tecnologie. È necessario un dialogo tra chi costruisce la macchina e chi deve decidere di usarla in azienda.
Il tema della sicurezza: La minaccia silenziosa
Un punto di attenzione cruciale emerso durante l’incontro riguarda la Quantum Safety. Esiste una minaccia concreta definita “harvest now, decrypt later”: alcune entità stanno già raccogliendo dati criptati oggi, pur non potendoli leggere, con l’intento di decifrarli non appena l’hardware quantistico sarà abbastanza potente. Questo rende la crittografia post-quantistica e la QKD (Quantum Key Distribution) non solo argomenti tecnici, ma pilastri della sicurezza nazionale e bancaria. Nonostante la gravità, la consapevolezza su questo tema è ancora pericolosamente bassa al di fuori degli addetti ai lavori.
La voce delle aziende: Dai test al valore reale
Infine, l’Osservatorio ha dato voce a chi la tecnologia la sta iniziando a usare, dimostrando che non siamo più solo nel campo della teoria.
Il caso più emblematico è forse quello di Intesa Sanpaolo, che si posiziona come un’eccellenza mondiale nel settore finanziario (Tier 2, sopra player come JP Morgan in ambito quantum). La banca ha già ottenuto risultati concreti, non solo teorici: un algoritmo quantistico utilizzato per ottimizzare il caricamento di contanti in 1000 sportelli ha generato un risparmio del 23%. Questo dimostra che il ROI è possibile già oggi, superando la fase di pura sperimentazione.
Anche altri settori si muovono. Dompé Farmaceutici utilizza il quantum computing per simulare il posizionamento delle molecole nelle proteine, un calcolo che farebbe “esplodere” i computer classici per la troppa complessità. Data Reply lavora su approcci ibridi, dove il quantum hardware agisce da acceleratore per compiti specifici. Tuttavia, c’è chi come BIP invita alla cautela, prevedendo uno shift più graduale rispetto all’esplosione dell’AI generativa, suggerendo che la vera maturità produttiva e la cristallizzazione dei casi d’uso arriverà più verosimilmente verso il 2035.
In conclusione, il messaggio dell’Osservatorio è che l’Italia ha le carte in regola – infrastrutture, talenti e visione strategica – ma deve accelerare sulla formazione manageriale e sugli investimenti privati per non restare un eccellente laboratorio a cielo aperto senza ricadute industriali.