La Corte Ue: “Il matrimonio gay contratto in uno Stato membro va riconosciuto”. | Associazione Matrimonialisti Familiaristi Italiani - Per la tutela delle persone, dei minorenni e della famiglia

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Uno Stato membro ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso che è stato legalmente contratto in un altro Stato membro in cui hanno esercitato la loro libertà di circolazione e di soggiorno”. È quanto stabilisce una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea

Come riporta il comunicato stampa sulla sentenza, la Corte si è dovuta esprimere su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice che aveva preso in esame il caso di una coppia di uomini. Nel 2018 due cittadini polacchi, che soggiornavano in Germania e uno dei quali possiede anche la cittadinanza tedesca, si sono sposati a Berlino. In Germania il matrimonio egualitario è legale dal 2017. Volendo tornare in Polonia, i due avevano chiesto la trascrizione dell’atto nel registro dello stato civile polacco in modo che il loro matrimonio fosse riconosciuto anche lì. La domanda però è stata respinta con la motivazione “che il diritto polacco non autorizza il matrimonio tra persone dello stesso sesso”.

La Corte ha ricordato che, sebbene le norme relative al matrimonio rientrino nella competenza degli Stati membri, questi ultimi sono tenuti a rispettare il diritto dell’Unione nell’esercizio di tale competenza. I coniugi, in quanto cittadini dell’Unione europea, godono della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri.

Inoltre, hanno il diritto di condurre una normale vita familiare anche quando rientrano nel loro Stato membro d’origine. “Il rifiuto di riconoscere il matrimonio di due cittadini dell’Unione dello stesso sesso può provocare seri inconvenienti amministrativi, professionali e privati, costringendo i coniugi a vivere come non coniugati nello Stato membro di cui sono originari”, sottolineano i giudici.

Per questo la Corte “dichiara che un siffatto rifiuto è contrario al diritto dell’Unione. Esso viola non solo la libertà di circolazione e di soggiorno, ma anche il diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare”. In particolare “l’obbligo di riconoscimento non viola l’identità nazionale né minaccia l’ordine pubblico dello Stato membro di origine dei coniugi. Infatti, esso non implica che tale Stato debba prevedere il matrimonio tra due persone dello stesso sesso nel suo diritto nazionale”.

Ciò non vuol dire che gli Stati membri dovranno riconoscere il matrimonio gay anche se non lo prevedono nel loro ordinamento. I giudici infatti evidenziano che “gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nella scelta delle modalità di riconoscimento di un tale matrimonio, e la trascrizione dell’atto di matrimonio straniero è solo una delle modalità possibili”.

L’Italia potrà quindi registrare i matrimoni tra persone dello stesso sesso come unioni civili. Dal 2016 le coppie Lgbt hanno quasi gli stessi diritti delle coppie eterosessuali.

Nel caso della Polonia le cose sono ben diverse. “La trascrizione è l’unico mezzo previsto dal diritto polacco che consente che un matrimonio contratto in un altro Stato membro sia effettivamente riconosciuto dalle autorità amministrative”, spiega il comunicato stampa. La Polonia, quindi, “è tenuta ad applicarlo indistintamente ai matrimoni tra persone dello stesso sesso e a quelli tra persone di sesso opposto”.


La Corte Ue: “Il matrimonio gay va riconosciuto”. In Italia però saranno trasformati in unioni civili
https://europa.today.it/attualita/corte-ue-matrimonio-gay-italia.html
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