GUERRA O PACE - Partito Socialista Italiano

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di Bobo Craxi

Nelle settimane nelle quali la Pace e l’Occidente sembravano fossero scappati di mano, un barlume di speranza si è acceso con gli accordi di fine conflitto scaturiti dai negoziati in Egitto. Dopo essersi infilati nel vicolo cieco della contrapposizione senza sbocco in Medio Oriente, tutte le classi dirigenti – tanto quelle palestinesi quanto quelle israeliane – sono state messe alla prova della possibilità della pace (o quantomeno della tregua duratura) ed hanno superato questa prova auspicando che la pace sia duratura e gli accordi non pasticciati. Essi devono essere accompagnati da un grande sforzo politico, economico e diplomatico anche dall’Unione Europea, la grande assente di questa fase politica internazionale. Sullo sfondo tuttavia rimangono le incognite aperte dalla stagione dei populismi e dei radicalismi; questi ultimi dividono ed insidiano soprattutto l’Occidente più fragile, incapace di dare una risposta unitaria all’avanzata del nuovo autoritarismo che si sta imponendo con la forza delle armi e dell’economia. Autoritarismi come quello cinese che si è di recente manifestato in parata, spalleggiato da Putin, il dittatore sornione che insiste a martellare l’Ucraina, ad inviare droni notturni alle frontiere dell’Europa, a tentare di destabilizzare con l’arma ibrida della rete informatica le democrazie occidentali, forte della camminata sul tappeto rosso che gli ha steso Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti vuole la pace anche ad Est ma non è in grado di imporla, e la sua frustrazione si scarica sugli alleati. La guerra dei dazi non fa morti né feriti ma è pur sempre una guerra che porta al cuore di economie che sono fortemente lesionate dalle guerre vere, che hanno fatto schizzare in alto tutti i costi della produzione ed abbassato paurosamente i consumi ed i salari. Non c’è stato sufficiente coraggio all’assemblea generale delle Nazioni Unite per affrontare il tema delle nuove diseguaglianze nel mondo, perché esse paradossalmente si stanno producendo rapidamente nelle società un tempo considerate più ricche. Al contrario Paesi considerati un tempo in via di sviluppo conoscono un improvviso benessere e aderiscono al campo ostile all’Occidente che si sta costruendo come nuova polarità all’interno del Mondo Globale. Il segnale di protesta ed indignazione a favore della pace ha avuto segni piuttosto asimmetrici, in particolare nel nostro Paese. Forte la partecipazione a fianco del popolo palestinese e della sua lotta per l’autodeterminazione e contro la scellerata condotta del governo israeliano, più tiepido il sostegno alla sovranità dell’Ucraina, sfavorevole in parte al suo riarmo e tiepido nel sostegno alla necessità che l’Europa trovi una propria coesione politica anche sul terreno della sicurezza, che non può non passare dal riarmo. La protesta massiccia che si è registrata nelle piazze italiane per l’affronto subito dalla Flotilla ha rappresentato un segnale di vitalità democratica che tuttavia non ha declinato con chiarezza il punto su cui la protesta si doveva concentrare: il ripristino del rispetto dell’ordine internazionale e del diritto anche nella fase di grande tumulto globale. Dove sta andando e dove porta un mondo senza regole e senza equilibrio? Come contribuisce la nazione italiana tanto esaltata per affermare principi e valori esaltati dalla nostra Costituzione quali il diritto dei popoli, le libertà democratiche, il pluralismo, la pace? La forte impressione è che il governo Meloni, aggrappato alla solidarietà verso il blocco della destra conservatrice e reazionaria americana, voglia consolidare una linea di galleggiamento europea combinata al radicalismo populista che esclude di riconoscere altre posizioni, per lo più disprezzandole ed emarginandole esattamente come tristemente, per oltre un ventennio, fece il regime che tenne sotto il tallone autoritario il nostro Paese. Ha pervicacemente rifiutato di riconoscere lo Stato di Palestina, di aderire alle sanzioni contro Israele continuando il rapporto di cooperazione militare input e output (ha venduto e comprato sistemi d’arma e di intelligence) ha umiliato i pacifisti italiani sulla nave, deriso i manifestanti che protestavano e i sindacati che hanno indetto uno sciopero generale. Di questi toni ne siamo fortemente preoccupati perché al posto di un governo all’altezza del suo compito e delle sue sfide abbiamo questa pallida e grottesca imitazione del ventennio. Sovranisti senza sovranità. Ed è in questo quadro che ricordiamo con orgoglio la pagina di Sigonella dove in una settimana assai turbolenta il governo dell’epoca e la sua leadership seppe unire la salvaguardia delle vite umane, il rapporto di lealtà nei confronti degli alleati internazionali occidentali e mediterranei, la comprensione della legittima aspirazione di un popolo di muoversi per la sua autodeterminazione, la difesa dell’integrità della sovranità della nostra Patria. Di questo avremmo bisogno senza nostalgie ma con il coerente legame che l’Italia deve rafforzarsi verso una grande storia di protagonismo e di vera autonomia e sovranità nazionale.

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