di Giada Fazzalari e Lorenzo Cinquepalmi
Il tema della sicurezza non può essere lasciato alla destra. Lo usa per enfatizzare ordine, legge, controllo dell’immigrazione, repressione del crimine, anche in chiave elettorale, soffiando sulle paure, specie dove sono più pressanti. A ben guardare, però, le vittime dei reati da strada o predatori sono, in larghissima parte, persone che vivono in condizione di povertà, esclusione sociale, diseguaglianze: anziani truffati, persone scippate, molestate, famiglie derubate. Ecco perché la sicurezza pubblica è una questione di giustizia sociale: il prezzo più alto dell’insicurezza è sempre pagato da chi ha più bisogno. Sono le persone più fragili le più esposte ai reati. Ma se garantire sicurezza equivale ad aumentare la giustizia sociale, allora una sinistra degna di questo nome dovrebbe fare di questo impegno una delle sue prime bandiere, anche per non lasciare la gestione di un bisogno fondamentale all’interpretazione violenta e forcaiola, esclusivamente e brutalmente repressiva, che la destra dà alle risposte a quel bisogno. Una società più giusta, inclusiva e coesa contribuisce a una maggiore sicurezza; per questo le politiche di sicurezza devono andare oltre la semplice repressione, mirando anche ad eliminare le cause profonde della criminalità, come povertà e marginalizzazione. Le due dimensioni sono interconnesse: la sicurezza sociale, con la garanzia di un livello minimo di benessere garantito da lavoro, assistenza, sanità, istruzione, riduce le vulnerabilità che possono portare alla criminalità; nel contempo, la sicurezza pubblica: controllo del territorio, ordine pubblico, persecuzione dei reati e loro prevenzione, diventa più efficace quando si basa su un tessuto sociale più solido, consapevole e partecipe. Le ricette securitarie della destra, di contro, si fondano esclusivamente su di una mentalità ciecamente repressiva, estranea a qualsiasi forma di condivisione, costruita sulla logica dell’insindacabilità del potere. La repressione muscolare e indifferenziata, come quella che abbiamo visto tante volte all’opera, quella che abbiamo visto manganellare i liceali adolescenti a Pisa e far diventare reato i sit-in e le proteste, non genera sicurezza ma, al contrario, ulteriore insicurezza, oltre a prestarsi a una più agevole persecuzione del dissenso. Sono le ragioni per le quali una sinistra moderna e riformista non può e non deve estraniarsi dal tema della sicurezza in tutte le sue articolazioni, non ultima quella della democratizzazione delle forze di polizia, battaglia storica della sinistra degli anni ‘70/’80. L’atteggiamento ostile che la sinistra ha avuto da troppi anni nei confronti del mondo delle forze dell’ordine ha ottenuto l’esecrabile risultato di spingere troppi suoi operatori nelle braccia di forze politiche illiberali, di teste alla Vannacci. Un sistema forte può essere la garanzia o la tomba della libertà, a seconda di chi ne dirige la forza. Ecco perché quello della sicurezza deve essere uno dei temi essenziali su cui la sinistra deve avere una posizione credibile. Evitando di trincerarsi, per una volta, dietro posizioni ideologiche fuori dalla storia.