1. Introduzione
L’adolescenza è stata per tanto tempo definita come un periodo tumultuoso, fatto di conflitti e tensioni, come una crisi dell’identità, come un passaggio aggressivo verso l’età adulta. Una visione più moderna di questa fase di crescita la vede come un processo di formazione con un grande focus sull’autonomia; un processo complesso e fluido, caratterizzato da uno sviluppo fisico, dal distacco graduale dalla famiglia e dal consolidamento della propria identità.
Centrale in questo senso è il confronto sociale, fenomeno naturale e spesso inevitabile. Il confronto sociale non è di per sé negativo, ma il rischio di effetti negativi e disagio psicologico è sempre dietro l’angolo, soprattutto se tale confronto non avviene a viso aperto ma più o meno direttamente tramite il mezzo digitale, che trasforma immediatamente tutto in una competizione a volte impossibile da vincere.
Il confronto così amplificato può essere positivo?
2. Il bisogno di confronto nell’adolescenza
Leon Festinger nel 1954 sottolineava come ogni individuo abbia la tendenza innata a confrontarsi con gli altri per valutare le proprie competenze, le proprie idee, i successi e le sconfitte. Nella teoria del confronto sociale viene descritto come ci si possa paragonare agli altri in due modi diversi:
- Confronto verso l’alto (upward comparison): quando ci si mette a paragone con persone che consideriamo più capaci, fortunate o di successo, “migliori”. Questo tipo di confronto può generare sentimenti negativi, come invidia, frustrazione o calo dell’autostima, soprattutto se percepiamo come irraggiungibile il loro livello. Allo stesso tempo, però, può diventare una spinta a crescere e a migliorarsi, assumendo il ruolo di stimolo motivazionale.
- Confronto verso il basso (downward comparison): si verifica quando ci si confronta con chi riteniamo in una condizione “peggiore” della nostra. In questi casi, si può provare un momentaneo sollievo o un rafforzamento della fiducia in sé stessi. Tuttavia, questo tipo di paragone può anche alimentare un senso artificiale di superiorità o, in alcuni, suscitare disagio e sensi di colpa.
Il confronto sociale è un fattore evolutivo di grande importanza, ma, soprattutto nella società odierna, si vive sul filo del rasoio rispetto a costi e benefici.
Aspetti positivi del confronto sociale:
- Apprendimento e crescita: osservare i pari, imitarne i comportamenti efficaci porta al reale sviluppo di nuove abilità e quindi al miglioramento.Orientamento e norme: aiuta a capire aspettative, ruoli e regole del gruppo; favorisce integrazione e riduce conflitti interni.
- Coesione e cooperazione: stimola comportamenti altruistici (condivisione, protezione reciproca) e collaborazione efficace.
- Competenza e performance: innesca competizione su compiti rilevanti che, se sana, può migliorare le abilità cognitive, sociali e di leadership.
- Sicurezza e allerta: stimola l’apprendimento vicario della percezione del pericolo tramite le reazioni degli altri.
- Chiarezza di status/ruolo: consente di collocarsi nella gerarchia sociale e organizzare meglio il gruppo.
- Regolazione emotiva: in condizioni difficili può offrire sollievo, ridurre lo stress e sostenere la motivazione, aiutando anche a sentirsi meno soli.
Aspetti negativi del confronto sociale:
- Ansia e stress cronici: può aumentare la pressione del “non essere abbastanza” e la paura del giudizio.
- Bassa autostima e depressione: quando mostra mete irraggiungibili si vive un’autosvalutazione persistente.
- Invidia e frustrazione: può generare circoli viziosi di autocritica e risentimento verso sé/gli altri.
- Ansia sociale: può portare al totale evitamento di situazioni per timore del confronto e del giudizio, anche se minimo e sano.
- Autostima esterna e instabile: il valore personale dipende solo dai confronti esterni e quindi risulta fragile, senza una base sicura nel proprio sé.
- Perfezionismo ed evitamento: crea standard irrealistici, paura di fallire, procrastinazione.
- Difficoltà a godere dei successi: spostamento continuo dell’asticella e minimizzazione dei risultati, perché ci sarà sempre qualcuno che fa meglio.
- Tensioni relazionali: può esasperare la competizione/gelosia in amicizie, famiglia, coppia, con conseguente fatica a gioire dei successi altrui.
- Vuoto e insoddisfazione persistenti: l’appagamento è fragile perché fondato su parametri esterni e non interni.
- Smarrimento identitario: si rischia di rincorrere sempre le aspettative degli altri con conseguente perdita di una propria direzione.
Come un equilibrista, l’adolescente si districa nella difficile arte della costruzione di sé, cercando di resistere alle folate di vento che rischiano di farlo cadere e cavalcando quelle che lo spingono avanti. Immerso nello sguardo altrui, cerca di trovare il proprio sé e il suo posto nel mondo, imparando e comprendendosi. Tutto questo sembra già molto difficile, e ancora non abbiamo preso in considerazione il digitale.
3. L’adolescenza digitale
Se la competizione vis-à-vis a volte è spietata e complessa da gestire, quella sui social network può apparire come un’arena infernale per chi ha poca autostima, è ancora fragile e vive in maniera pesante e negativa il confronto con l’altro. Nei social si è sempre in pubblico, sempre visti e visibili in ogni momento. Non si ha mai il sollievo della propria camera: in qualunque momento qualcuno può vedere una tua foto, un tuo video o un post e commentarlo negativamente; dall’altra parte, tu puoi continuamente avere davanti agli occhi persone che reputi migliori: più belle, più magre, più fotogeniche, più interessanti, più spigliate, più famose, più perfette. Più.
La competizione digitale amplifica i punti negativi del confronto sociale perché è incessante, è sempre lì, 24 ore su 24, senza spazi di pausa. Tutto è ridotto a like, follower e commenti. Se vinco ho più cuoricini o visualizzazioni, un premio davvero esiguo che spesso non ripaga la sofferenza che ci sta dietro. E se perdo cosa ottengo? Nei casi peggiori derisione, insulti, umiliazione e svilimento, che in troppi casi portano a conseguenze irreversibili.
Negli ultimi anni sono cresciute in modo significativo le ricerche e gli studi, sia teorici che sperimentali, dedicati al rapporto tra social network, percezione di sé e adolescenza. Le piattaforme digitali, infatti, non si limitano a essere spazi di comunicazione, ma influenzano profondamente la costruzione dell’identità e la definizione del proprio valore personale.
Tra i fenomeni più rilevanti, vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti specifici:
- il FOMO (Fear of Missing Out): la paura costante di perdere esperienze, eventi o interazioni importanti che gli altri stanno vivendo. Questo timore alimenta un bisogno compulsivo di connessione e può generare ansia, insoddisfazione e comportamenti a rischio.
- Highlight reel vs realtà: i social mostrano spesso solo i momenti migliori e più “filtrati” della vita altrui. Questo confronto parziale e distorto può portare gli adolescenti a percepire la propria quotidianità come meno interessante o gratificante. Può indurli a fingere e a cercare sempre qualcosa di nuovo, migliore, interessante, spericolato o pericoloso.
- Ansia da prestazione amplificata: la continua esposizione ai successi e alle conquiste degli altri (vere o fittizie che siano) funge da specchio costante e distorto, aumentando la pressione a ottenere risultati, apparire all’altezza e ricevere approvazione. Questo effetto moltiplicatore può diventare terreno fertile per stress, frustrazione e senso di inadeguatezza. Si nota infatti come l’ansia sia sempre più precoce, non solo in adolescenza ma anche prima.
4. Strategie educative e preventive
E quindi i social network sono il puro male?
I social, così come il giudizio sociale, non sono di per sé negativi: possono connettere persone lontane, mostrarci posti ed esperienze strabilianti. Possono stimolare la creatività, l’innovazione, il miglioramento e liberare l’espressività, ma possono anche ridurre l’autostima, generare inadeguatezza e dipendenza da validazione esterna, così come alimentare azioni di bullismo e cyberbullismo.
Serve quindi protezione e consapevolezza, una buona educazione alla tecnologia e una dose di relazioni reali e non solo digitali, che permettano di riportare tutto alla realtà dando il giusto peso alle cose.
Fondamentali in questo processo sono la scuola e la famiglia.
La scuola, che deve educare alle life skills, ovvero alle competenze di vita (consapevolezza di sé, gestione di emozioni e stress, comunicazione efficace, pensiero critico e pensiero creativo), non concentrandosi solo sulla didattica ma anche su come ragazzi e ragazze vivono la scuola e le relazioni al suo interno.
La famiglia che deve essere un luogo sicuro, di ascolto e dialogo, il posto dove l’autostima viene costruita e rafforzata, dove si parla di tecnologia e si creano regole condivise.
La consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni e il riconoscimento del proprio valore al di là dei numeri online e della visione dell’altro sono ciò che permetterà agli adolescenti di vivere la tecnologia, i social e il digitale in maniera positiva e costruttiva, sono ciò che gli permetterà di costruire la propria identità sperimentando e scoprendo il mondo un passo alla volta. Non è un percorso facile: va costruito passo dopo passo con esperienze di successo, relazioni solide e una rete di sicurezza composta da famiglia, scuola, adulti di riferimento e pari.
5. Conclusione
In conclusione, la competizione e il confronto sono naturali e fisiologici, ma non devono sfociare in una continua ricerca di conferme e approvazione. Accettare di non essere i migliori in tutto, capire che si può sbagliare e fallire senza che il proprio mondo crolli è l’obiettivo a cui mirare.
Accompagnare gli adolescenti a distinguere tra essere e apparire, tra confronto e competizione sterile, tra reale e digitale. Il processo è lungo ma è già in atto, perché la perfezione dei social sta stretta a molti e a nessuno piace sentirsi inadeguato senza un motivo.
Bibliografia
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- Festinger, L. (1954). Una teoria dei processi di confronto sociale. Human Relations, 7(2), 117–140. https://doi.org/10.1177/001872675400700202
- Livingstone, S., & Helsper, E. J. (2007). Gradazioni nell’inclusione digitale: bambini, giovani e divario digitale. New Media & Society, 9(4), 671–696. https://doi.org/10.1177/1461444807080335
- Przybylski, A. K., Murayama, K., DeHaan, C. R., & Gladwell, V. (2013). Correlati motivazionali, emotivi e comportamentali della fear of missing out (FOMO). Computers in Human Behavior, 29(4), 1841–1848. https://doi.org/10.1016/j.chb.2013.02.014
- World Health Organization. (1999). Partners in Life Skills Education: Conclusions from a United Nations Inter-Agency Meeting. Ginevra: Organizzazione Mondiale della Sanità.
A cura di: Chiara Tomesani – Psicologa del Centro di Apprendimento Anastasis