“Fruste digitali”: il linguaggio dell’odio nell’arena dei social - Italia Caritas

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«I discorsi d’odio agiscono come frustate simboliche inflitte a persone e gruppi sociali che “osano” emergere socialmente e occupare spazi e ruoli di rilievo tradizionalmente associati all’esclusività della bianchezza». Nel suo recente volume “Fruste digitali. Discorsi d’odio e razzismo: i social media per educare e punire”, il sociologo Luiz Valério P. Trindade affronta con rigore e lucidità un tema cruciale della nostra contemporaneità: come i social network siano diventati non solo luoghi di connessione, ma piazze virtuali dove si intrecciano odio, discriminazione e pratiche di punizione collettiva.
Il titolo stesso – Fruste digitali – evoca immagini di schermi attraverso cui parole, simboli e discorsi possono ferire, stigmatizzare e marginalizzare individui e gruppi. L’autore analizza questi fenomeni non come semplici disfunzioni del web, ma come processi sociali radicati in dinamiche storiche e culturali profonde.

Partendo da un approfondito percorso che intreccia storia coloniale, movimenti migratori e costruzione delle identità nazionali, in particolare tra Brasile e Italia, Fruste digitali mostra come gli attuali discorsi d’odio siano eredi di narrazioni antiche di razzismo e di esclusione. Il volume non si limita a descrivere i sintomi, ma cerca di capire le radici e le strutture che rendono i social media terreno fertile per questi fenomeni.

Un punto di forza del libro è la sua prospettiva comparativa: la scelta di guardare ai meccanismi dell’odio online in diversi contesti – con una prospettiva che prende le mosse dalla storia della schiavitù in Brasile, dell’immigrazione italiana ed europea in quel paese – permette al lettore di cogliere similitudini e differenze nelle modalità con cui l’odio si esprime e si riproduce. In questo, Trindade non si limita a un’analisi sociologica fredda, ma invita a una riflessione critica sulle relazioni di potere, identità e comunicazione nell’epoca digitale.

«Il razzismo digitale che Trindade analizza non è una patologia dell’algoritmo, ma la normalità di una cultura che seleziona, profila e disumanizza con metodica precisione. Come ogni cultura egemone, agisce anche quando tace, anche quando sembra assente. Agisce nel design stesso delle piattaforme, nella performatività dei commenti, nell’indifferenza con cui il sistema giuridico tende a qualificare l’odio come semplice opinione».

(Ndack Mbaye)

Oltre l’algoritmo: radici storiche e responsabilità culturali del razzismo digitale

Di fronte all’inarrestabile diffusione dei social, l’autore sostiene che non possiamo limitarci a denunciare gli effetti più evidenti del hate speech: dobbiamo interrogarci sulle strutture che lo alimentano – algoritmi, logiche commerciali delle piattaforme, processi culturali di normalizzazione dell’intolleranza. In questo senso, il libro si propone come strumento di consapevolezza critica, non solo per studiosi e operatori dei media, ma per chiunque voglia comprendere come costruire una comunicazione più giusta e inclusiva.

Con una scrittura chiara ma densa di spunti teorici e riflessivi, Fruste digitali è un contributo importante alla comprensione dei discorsi d’odio nell’era digitale: un invito a guardare oltre le singole espressioni di violenza verbale e a cercare cause, dinamiche e possibili vie di resistenza, a porre un argine ad una deriva che inquina la convivenza civile.

Aggiornato il 22/12/25 alle ore 10:43

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