Povertà abitativa, un fenomeno multidimensionale che richiede politiche pubbliche - CNCA

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Il progetto “Perla. Pratiche per l’antifragilità”, radicato nel concetto di antifragilità, si fonda sull’idea che non sia sufficiente “aiutare i singoli”, ma occorra costruire comunità e sistemi sociali capaci di sostenere e far crescere le persone, specialmente quelle in condizione di vulnerabilità. L’obiettivo è contribuire allo sviluppo di reti di solidarietà, rafforzando la cooperazione tra enti del terzo settore, istituzioni e comunità locali, e promuovendo un modello inclusivo e partecipato di intervento.

Il progetto aspira, inoltre, a definire nuove prassi operative, replicabili e sistemiche, in quattro aree fondamentali – casa, lavoro, educazione e accesso ai servizi digitali –, oggi più che mai terreno critico di disuguaglianze.

Tra queste, la povertà abitativa, area per la quale ho dato il mio contributo in qualità di esperta, rappresenta una delle forme più complesse di vulnerabilità sociale: non riguarda soltanto l’assenza di un alloggio, ma l’impossibilità di accedere a un ambiente stabile, adeguato e dignitoso in cui sviluppare un progetto di vita. Essa intreccia dimensioni economiche, relazionali, educative e culturali, generando spesso circoli viziosi di esclusione. Intervenire in questo ambito significa adottare approcci sistemici, capaci di attivare sia le risorse individuali sia quelle comunitarie.

Negli ultimi anni, servizi sociali ed enti del terzo settore registrano un aumento significativo delle situazioni di disagio abitativo: famiglie che non riescono a sostenere un affitto, giovani esclusi dall’autonomia, nuclei monogenitoriali a rischio sfratto, persone anziane isolate in abitazioni inadeguate. A questo quadro si aggiungono nuovi profili di vulnerabilità: donne vittime di violenza, richiedenti asilo in transizione verso l’autonomia, lavoratrici e lavoratori poveri. La povertà abitativa, un tempo percepita come marginalità estrema, sta diventando una condizione trasversale che coinvolge ampi segmenti della popolazione.

In questo contesto, Perla ha offerto uno spazio prezioso di formazione, incontro e scambio di buone pratiche tra le organizzazioni coinvolte, dalle quali è stato possibile individuare prassi consolidate sui territori interessati e percorsi innovativi da condividere su più ampia scala. È stato possibile osservare una significativa varietà di beneficiari: persone con background migratorio, persone in misura alternativa al carcere, individui con fragilità o disabilità lievi, persone in sofferenza psichica, nuclei in emergenza abitativa, persone in povertà estrema o senza dimora, neomaggiorenni e care leavers. Particolarmente rappresentata anche la così detta fascia grigia, composta da persone che potrebbero sostenere un affitto calmierato, ma non trovano soluzioni adeguate sul mercato, spesso ostacolate da stigmatizzazione e discriminazioni su base etnica o sociale.

Accanto agli incontri interni ai partner del progetto è stato promosso un importante momento di formazione nazionale dal titolo “Housing Sociale vs Social Housing. Modelli a confronto tra vari regimi abitativi in Europa”, condotto da Laura Colini, esperta di politiche urbane europee. Il confronto con le esperienze europee ha permesso di chiarire differenze concettuali e operative e di individuare spunti innovativi trasferibili ai contesti locali.

Le prassi territoriali condivise rivelano un insieme di azioni riconducibili all’accompagnamento sociale, alla prevenzione e all’innovazione.

Le prassi consolidate che richiamiamo qui sono:

  • Housing First per persone senza dimora: il modello garantisce subito una casa stabile alle persone senza dimora affiancando un sostegno multidisciplinare all’inserimento abitativo;
  • accompagnamento sociale alla ricerca di casa attraverso consulenze, interfaccia con proprietari e coinvolgimento nei progetti di housing sociale;
  • co-housing e abitare collaborativo, con convivenze supportate e attentamente valutate, efficaci soprattutto per giovani, lavoratori soli, donne con bambini e persone anziane.

Per quello che riguarda gli elementi innovativi abbiamo riscontrato:

  • attività di tutoraggio economico a sostegno della gestione delle spese relative all’abitare e mediazioni con i locatori anche in caso di morosità per prevenire gli sfratti;
  • attivazione di reti di mutua solidarietà per il reperimento di alloggi;
  • formazione di gruppi di giovani impegnati nella ricerca collaborativa di soluzioni abitative autonome;
  • creazione di un unico Hub Abitare che integri diversi contesti di coabitazione in una proposta unica, migliorando il coordinamento e la gestione dei percorsi;
  • attivazione di coabitazioni basate sulla mixité, valorizzando risorse e competenze eterogenee;
  • attività di advocacy, incontri pubblici e percorsi nelle scuole per sensibilizzare sul diritto all’abitare;
  • collaborazioni con istituti di credito per formazione sulle richieste di acquisto immobili da parte dei beneficiari.

Una visione trasversale: casa, lavoro, competenze e reti

Affrontare la povertà abitativa significa intervenire su un fenomeno multidimensionale, lavorando contemporaneamente su abitazione, reddito, istruzione, competenze e reti sociali.

La precarietà economica rappresenta una delle cause principali della difficoltà di accesso alla casa; per questo i percorsi devono integrare casa–lavoro–formazione. Parallelamente, la transizione digitale rende indispensabile la facilitazione digitale: oggi la capacità di accedere ai servizi online è imprescindibile per trovare casa, partecipare a bandi pubblici, cercare lavoro, curare la propria amministrazione quotidiana. La mancanza di tali competenze aumenta la vulnerabilità, limita la capacità di attivarsi e reperire opportunità.

La casa influisce anche sui percorsi educativi: l’assenza di stabilità abitativa compromette la qualità degli apprendimenti di bambini e adolescenti, rendendoli a rischio di una maggiore esposizione alla povertà economica e abitativa.

Le esperienze raccolte nell’ambito del progetto Perla mostrano che l’abitare può diventare un potente strumento di inclusione, a condizione che sia accompagnato da politiche pubbliche efficaci. Servono investimenti pubblici sull’edilizia residenziale pubblica, ma anche interventi di rigenerazione urbana che recuperino immobili dismessi e li rimettano a disposizione di chi abita i territori.

Questi fenomeni richiedono politiche lungimiranti, in grado di mettere al centro le persone più fragili, ma anche di programmare un’offerta abitativa sostenibile per le generazioni future. E l’intervento della politica è il primo bisogno emerso tra le organizzazioni partner. Solo così sarà possibile costruire città più giuste, inclusive e capaci di dare forma concreta al diritto all’abitare.

Jenny De Salvo, CNCA – Arnera Società Cooperativa Sociale

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