Per un Natale che sappia sorprenderci ancora - Italia Caritas

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In questi giorni mi è stata raccontata una storia semplice, di quelle che rischiano di passare inosservate e che invece, se ascoltate fino in fondo, sanno aprire uno squarcio profondo sulla realtà.

Una donna aveva perso il cellulare. Un gesto distratto, una dimenticanza qualunque.

Ha provato a chiamare quel numero, quasi senza aspettarsi risposta. Dall’altra parte ha risposto un ragazzo e le ha detto che il telefono era stato trovato e che avrebbe potuto recuperarlo.
Solo quando si è recata a prenderlo ha scoperto che quel ragazzo viveva in una casa di accoglienza per persone migranti. Era stato lui a trovare il cellulare e a custodirlo, in attesa di poterlo restituire.
Non c’è nulla di straordinario in ciò che ha fatto e, forse proprio per questo motivo, il suo gesto ha particolarmente colpito. La donna me lo ha raccontato con emozione sincera per ciò che quell’incontro inatteso ha smosso dentro di lei. In un tempo in cui la paura dell’altro sembra occupare troppo spazio, non si aspettava che proprio lì, in un luogo spesso raccontato solo attraverso categorie di emergenza o di sospetto, avrebbe incontrato una persona capace di un gesto limpido, gratuito, profondamente umano.
«Il mondo ha ancora una speranza!», ha esclamato alla fine della sua condivisione.

Non perché tutto vada bene, ma perché esistono ancora piccoli atti di bene che resistono, che non fanno notizia, che non chiedono riconoscimento e che, proprio così, tengono insieme la nostra storia.

Il Natale assomiglia molto a queste esperienze, perché racconta di un Dio che sceglie la piccolezza ed entra nella storia con la forza, fragile e mite, di un bambino. È un Dio che si consegna alla responsabilità umana, chiedendo di essere riconosciuto nei gesti quotidiani di cura, di fiducia, di ascolto e di sincera prossimità.

In questo orizzonte si colloca la sfida decisiva del nostro tempo di coltivare quella che Papa Leone XIV ha definito cultura dell’attenzione. Una cultura che nasce da sguardi di non passare oltre, di lasciarsi toccare, di fermarsi per riconoscere realmente l’altro. È lo sguardo che apre all’incontro e rende possibile un modo nuovo di abitare le città e le comunità.
Il Natale ci consegna allora il compito di fare caso alle “tracce di speranza” che sempre resistono, di custodirle e permettere che parlino anzitutto al nostro cuore, per continuare a credere che il bene, anche quando è discreto, è sempre il fragile germoglio di un futuro possibile che dipende anche dalle nostre scelte.

A tutti voi, operatori, volontari, comunità, a tutti gli amici che, in diversi modi, accompagnano e condividono il cammino della Caritas; a chi ogni giorno si prende cura dell’altro e a chi cerca il senso della propria storia personale, auguro un Natale che sappia sorprenderci ancora.

Un Natale che ci ricordi che il mondo, nonostante tutto, fino a quando ci sarà qualcuno disposto a voltarsi verso le mangiatoie nascoste delle nostre città, avrà ancora e sempre una speranza da donare. Fermiamoci a contemplarla e condividiamo la gioia dell’incontro.


Auguri di un Santo Natale

don Marco

Aggiornato il 19/12/25 alle ore 16:40

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