UE, ecco le priorità per il 2026: dispositivi, biotech e salute cardiovascolare - I-Com, Istituto per la Competitività

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Un fine anno di annunci e individuazione di priorità, ma anche di proposte che nel 2026 dovranno concretizzarsi in normative ufficiali. Con la presentazione di un pacchetto di tre misure cruciali in materia sanitaria la presidente Ursula Von der Leyen conclude un 2025 che, sul lato della salute, non ha sempre brillato, rilanciando l’impegno della Commissione per un 2026 che si prospetta ora decisivo.

TRE MISURE PER “RENDERE IL SETTORE SANITARIO DELL’UE PIÙ INNOVATIVO, COMPETITIVO E RESILIENTE”

L’attesa era tanta e le grandi aspettative in gran parte non sono state deluse: martedì 16 dicembre, al termine dell’ultima riunione della Commissione europea per il 2025, la presidente Von der Leyen ha alzato il velo su quelle che saranno le priorità per il campo sanitario nel 2026. In particolare, è stato annunciato un articolato e ambizioso pacchetto di tre misure che intendono “rendere il settore sanitario dell’UE più innovativo, competitivo e resiliente”: si tratta della proposta di revisione del Regolamento sui dispositivi medici (MDR), un piano d’azione per la salute cardiovascolare e il tanto atteso Biotech Act.

La Commissione compie così un passo avanti importante su un settore, come quello della salute, che aveva recentemente perso un po’ di centralità nell’intervento comunitario. Tra difesa, energia e costo della vita, l’attenzione dell’UE sui temi della salute e dell’industria delle scienze della vita aveva visto, soprattutto nel corso del 2025, un ridimensionamento sostanziale. Dopo la grave crisi sanitaria causata dal Covid-19, la salute era infatti diventata una delle priorità centrali dell’agenda europea: la pandemia aveva messo in evidenza tutte le fragilità dei sistemi sanitari e la loro impreparazione nella gestione delle emergenze, portando l’Unione a stanziare, per la prima volta, finanziamenti straordinari dedicati esclusivamente al settore sanitario. Oggi, però, lo scenario appare mutato: le tensioni geopolitiche e le nuove sfide militari hanno spostato il baricentro delle priorità, relegando in secondo piano la sanità.

Ciò è risultato evidente non solo su numerosi dossier aperti, ma anche in termini di investimenti: dall’analisi del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (2028-2034) emerge con chiarezza come la salute non goda più di una collocazione autonoma, come avveniva con EU4Health, ma venga invece ricompresa all’interno del più ampio fondo per la competitività. Questa scelta riflette l’orientamento del programma, che privilegia la dimensione industriale e la competitività dell’Europa nel contesto globale, con il rischio però che la salute perda visibilità, centralità e trasparenza, dispersa tra molteplici priorità.

Il pacchetto di tre nuovi interventi decisivi tanto per il settore produttivo delle Scienze della Vita quanto per la salute pubblica rappresenta invece un cambio di passo considerevole, in particolare per la portata dei tre provvedimenti presentati.

NORMATIVE SEMPLIFICATE PER DISPOSITIVI MEDICI

Il primo pilastro del pacchetto lanciato lo scorso 16 dicembre è rappresentato dalla pubblicazione della Proposta di revisione, da parte della Commissione, sul Medical Device Regulation (MDR, Regolamento (UE) 2017/745) – il quadro normativo di riferimento per l’immissione sul mercato dei dispositivi medici nell’Unione Europea.

Entrato in vigore nel maggio 2021, il MDR nasceva con l’obiettivo di modernizzare e rafforzare le norme del settore puntando a migliorare la protezione della salute pubblica e la sicurezza dei pazienti, garantire una maggiore certezza legale, aumentare la trasparenza per i pazienti e gli utilizzatori, e implementare un sistema più robusto di tracciabilità dei dispositivi. Per raggiungere tali scopi, il Regolmaneto aveva introdotto requisiti significativamente più stringenti rispetto al passato, un elemento che, tuttavia, già nei primi anni di attuazione, avevano dimostrato risultati quantomeno in parte controproducenti: difatti, invece di semplificare e velocizzare i processi, per diverse realtà produttive si sono registrati aumenti della burocrazia, costi più elevati e un rallentamento dell’innovazione.

L’intervento di revisione, ora concretizzatosi nella proposta ufficiale della Commissione, quindi a fornire correttivi al quadro Regolamento, semplificando e ottimizzando il quadro normativo senza compromettere gli standard di sicurezza ed efficacia attualmente garantiti. Come notato da diversi commentatori, si tratta di un nuovo provvedimento “Omnibus” di semplificazione normativa (il decimo del secondo mandato Von der Leyen), che ha come obiettivo quello di ridurre oneri, costi e complessità che oggi frenano l’innovazione in un settore cruciale tanto in termini strategici quanto in termini economici. Con un volume d’affari stimato in €170 miliardi (2024) e una composizione industriale articolata composta per il 90% da PMI che danno lavoro a oltre 930 mila persone, il mercato europeo dei device è infatti di centralità assoluta per l’Unione. Difatti, non solo l’UE rappresenta il secondo mercato al mondo per valore (dietro gli Stati Uniti), ma è anche leader mondiale per numero di brevetti (40% dei brevetti mondiali del settore device).

Come evidenziato nel recente Policy Brief I-Com e dalle stime della Commissione, la sburocratizzazione dovrebbe comportare risparmi pari a €3,3 miliardi all’anno per le aziende del settore, di cui €2,4 miliardi di tagli ai costi amministrativi, grazie agli interventi sulla riduzione degli oneri amministrativi e degli obblighi di rendicontazione, su procedure di valutazione della conformità più adeguate al rischio (specialmente per i dispositivi a medio e basso rischio), su una maggiore digitalizzazione dei processi, e su un maggiore coordinamento UE a livello di carenze e produzione.

EMERGENZA CARDIOVASCOLARE: SVELATO “SAFE HEARTS”

Dopo anni in cui le malattie cardiovascolari sono rimaste sullo sfondo del dibattito sanitario europeo, nel corso degli ultimi mesi la Commissione e il Consiglio avevano avviato un processo per riconoscerle come priorità di sanità pubblica. Questo era partito con la pubblicazione della Call for Evidence sulla creazione di un EU Cardiovascular Health Plan (CVH), uno strumento concepito per colmare un vuoto di policy strutturata a livello sovranazionale e promuovere un’azione coordinata tra gli Stati membri. Dopo diversi mesi di interlocuzioni, il nome è cambiato ma la sostanza è rimasta: la Commissione ha difatti inserito il piano cardiovascolare tra le priorità 2026 con il lancio della nuova strategia “Safe Hearts Plan”.

La volontà di dare massima centralità alle malattie cardiovascolari viene dal loro crescente impatto sulla salute pubblica e sulla vita della popolazione europea caratterizzata da un rapido invecchiamento. Queste patologie sono infatti la principale causa di mortalità nell’Unione, con 1,7 milioni di decessi all’anno (e 62 milioni di persone colpite, con oltre 13 milioni di nuove diagnosi registrate ogni anno), nonché in Italia dove sono responsabili di circa 230.000 decessi all’anno (oltre 25 decessi ogni ora), con una prevalenza stimata di oltre 7,5 milioni di persone affette, soprattutto nella fascia di età over 65. L’età è infatti un elemento determinante, ma lo sono anche altri fattori di rischio legati agli stili di vita: difatti, la metà degli adulti e un giovane su tre sono in sovrappeso, mentre un quarto della popolazione soffre di ipertensione. Insomma, senza interventi mirati – stima Bruxelles – le malattie cardiovascolari sono destinate a crescere del 90% entro il 2050. Uno scenario che costituirebbe “un’autentica emergenza per la sanità pubblica, con un impatto sociale ed economico di enorme portata”. Difatti, i costi sanitari e sociali relativi alle malattie cardiovascolari sono stimati per circa €282 miliardi annui (con un aumento del +34.3% in soli quattro anni), una cifra che equivale all’11% della spesa sanitaria e il 2% del PIL dell’UE (circa €630 all’anno pro-capite). A fronte di tale scenario, l’UE evidenzia come quasi l’80% dei casi possa essere prevenuto con stili di vita sani e con controlli regolari. Tuttavia, ad oggi, meno del 6% della spesa sanitaria complessiva dell’UE è destinata alla prevenzione e alla diagnosi precoce, un dato che ha spinto la Commissione ad un cambio di passo.

Sebbene la Strategia sia una comunicazione (quindi priva di natura legislativa), questa promuove vari interventi, si propone di facilitare la collaborazione tra gli Stati e assicura il sostegno UE ai governi nello sviluppo dei piani nazionali per la salute cardiovascolare. Parallelamente, la Commissione si è impegnata a rivedere la normativa sul tabacco (incluse le accise, con aumenti previsti anche le QFP 2028-2034) e a intervenire per favorire abitudini alimentari più sane.

Con questi interventi, il Safe Hearts Plan punta a:
• ridurre del 25% i decessi prematuri legati alle malattie cardiovascolari;
• garantire che almeno il 75% di chi ha tra i 25 e i 64 anni, e minimo il 90% degli over 65, si sottoponga ogni anno alla misurazione della pressione arteriosa;
• assicurare che almeno il 65% di chi ha tra i 25 e i 65 anni, e minimo l’80% degli over 65, effettui ogni anno il controllo del colesterolo e della glicemia.

BIOTECH ACT, PER UN RILANCIO DELLE BIOTECNOLOGIE “MADE IN EUROPE” 

Il terzo e ultimo pilastro del pacchetto riguarda il tanto atteso Biotech Act, anch’esso notoriamente atteso nella sua versione completa per il 2026. Questo è inteso come un tassello centrale della nuova strategia industriale europea, con l’obiettivo di trasformare le biotecnologie in un motore di innovazione, crescita e autonomia strategica, semplificando i percorsi che portano “dal laboratorio alla fabbrica” e favorendo investimenti in ricerca, start-up e scale-up. La biotecnologia è infatti uno dei settori in più rapida crescita nell’UE, con oltre 900.000 posti di lavoro (il 75% dei quali nel settore sanitario) e un contributo all’economia europea per oltre €40 miliardi. Attualmente, però, il continente detiene solo il 12% del mercato biotech globale, contro il 60% degli Stati Uniti e l’11% della Cina, che cresce più rapidamente. Anche sul fronte dei brevetti l’UE è seconda (18%), dietro agli USA (39%) e davanti alla Cina (10%). Anche qui, come per il dato occupazionale, si evince la centralità del comparto salute: oltre il 96% dei brevetti biotech riguarda infatti applicazioni industriali e mediche, e già il 45% dei farmaci in sviluppo è biotecnologico.

Anche in Italia il settore si conferma in forte crescita: con €47,5 miliardi di fatturato (pari al 2,23% del PIL), circa 5.000 aziende e oltre 80.000 addetti, il biotech nazionale si è dimostrato resiliente persino durante la pandemia, trainato dalla specializzazione nelle life sciences. Sul fronte brevettuale, pur con volumi inferiori rispetto ad altri Paesi UE, l’Italia mostra il più alto indice di specializzazione biotech in ambito salute. Inoltre, tra il 2019 e il 2023, il venture capital ha investito €7,5 miliardi in oltre 500 operazioni nei settori medicale e biotecnologico, segnalando un crescente interesse degli investitori, anche se il divario con gli altri grandi Paesi europei resta significativo.

I dati evidenziano le grandi prospettive di crescita per un settore che, tuttavia, come chiaramente sottolineato nella Rapporto Draghi, vede l’UE ancore in ritardo rispetto ai concorrenti globali a causa di finanziamenti insufficienti, strozzature normative e ostacoli all’innovazione.

In quest’ottica, il Biotech Act intende aumentare il potenziale del biotech europeo sostenendo il passaggio delle idee innovative dal laboratorio al mercato con nuovi mezzi di finanziamento e investimento per le aziende biotecnologiche, sostegni alla bio-produzione e l’avvio di un nuovo progetto pilota di investimento nelle biotecnologie sanitarie che sarà sviluppato in collaborazione con il gruppo BEI. Inoltre, sono previsti incentivi per le aziende che intendono condurre attività di ricerca e produzione in Europa, e parallelamente verranno accelerate le autorizzazioni per le sperimentazioni cliniche, verrà semplificato il quadro normativo per ridurre i costi e gli oneri per le aziende e, per i prodotti innovativi complessi, si stabiliranno percorsi normativi ad hoc.

CONCLUSIONE

L’intervento del 16 dicembre della presidente Von der Leyen chiude un 2025 complesso sul lato delle politiche sanitarie con una ventata di ottimismo e di forte ambizione per il 2026. Le tre proposte presentate dalla Commissione sembrano infatti riaprire la porta a una rinnovata centralità delle politiche per la salute ma anche per il settore industriale impegnato a sostenere l’UE nel raggiungimento della tanto ambita “autonomia strategica” ormai determinante anche nei campi della farmaceutica e dei device. Obiettivo dichiarato di queste iniziative è infatti di contribuire, nel loro insieme, a “creare un ecosistema sanitario più moderno, efficiente e resiliente per tutti i cittadini dell’UE, incentivando al contempo la crescita e l’innovazione in questo settore strategico”, un messaggio che era stato evidenziato anche nel già citato Rapporto Draghi.

Recapiti
Thomas OSBORN