Tempo fa fui invitato a partecipare a un evento di beneficienza. Nell’invito ricevuto via e-mail era riportato: “Protagonista della serata l’orso, compagno d’infanzia di ognuno di noi, sempre pronto ad abbracciarci e a essere abbracciato”.
Così, su due piedi, la prima cosa a cui ho pensato è stata: “Ma che cazzo di orsi hanno visto ’sti qua? L’orso compagno d’infanzia? L’orso che vuole abbracciarci? Ma chi? Ma che gente partecipa a questo evento? Per caso c’è Bear Grylls nello staff? Spero di no; nel caso avvisate, che evito di prendere champagne, non si sa mai”.
Ho realizzato qualche secondo dopo (decisamente troppi) che si stava parlando di “orsacchiotti di peluche”, i cosiddetti Teddy Bear.
Mi sono sentito sporco come un cesso chimico a fine Woodstock.
Tuttavia, nonostante questa realizzazione, la mia invettiva è continuata. Com’è potuto succedere che un orso, una cazzo di macchina cingolata saprofaga armata di denti, artigli e nervosismo diventasse simbolo di tenerezza?
Vi pare un animale da affidare a dei neonati? Ma siete scemi?
L’orso non è mai pronto ad abbracciarci! Cioè, se lo fa è perché ci sta amando per quel che siamo. Al sangue. Certo, dipende dall’orso. Se volete abbracciare un panda, prego, è già apparecchiato. Una FIAT, intendo. Se volete abbracciare un orso polare o un grizzly, non mi sembra una grande idea. Così, su due piedi. Finché li avete.
Recentemente ho visto al cinema Cocainorso. Parla di un orso che sniffa un carico di cocaina perduto da un aereo in volo. Ero a Milano. Da come tiravano in sala, l’aereo era passato di lì. Lo vuoi abbracciare, il cocainorso? Vedi come ti alza l’umore.
Non importa chi siete e quanto fatturate, io lo so che quel panda di merda lo volete abbracciare tutti comunque. Quell’orsacchiotto inabile alla vita le cui azioni invocano il suicidio. Il suo.
Porco panda.
Ora, per quelli di voi che si sono persi chi io sia, sappiate che sono diventato famoso per dire quelle cose che Piero Angela non aveva avuto il coraggio di dire. E c’è una cosa che mi è sempre stato molto a cuore veicolare.
CHE IL PANDA MERITA L’ESTINZIONE.
C’è qualcuno che ha qualcosa da ridire? Ah? Qualcuno che non concordi con questa dura ma pur sempre inattaccabile verità?
La loro tenerezza non giustifica la loro esistenza. E considerate che questo lo dico solo per difendere lui. Sì, per difendere gli interessi di morte dell’orsacchiotto bianco e nero. Lui ce la sta mettendo tutta a estinguersi, è il suo più grande sogno, perseguito con ogni fibra del suo essere.
Siamo noi che non glielo lasciamo fare. Non vogliamo. Pensa come la viva male Marco Cappato ’sta storia. “Marco Cappanda”, come mi disse il mio amico Stefano Rapone.
Lasciate che vi dia qualche dettaglio scientifico sui panda, per far capire a voi e al mio psicologo che NON SONO PAZZO...