Commento al programma - Ying Li - Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo

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Composto a Vienna nel 1793, l’Andante con variazioni in fa minore di Franz Joseph Haydn fu probabilmente pensato in origine per essere un primo tempo di Sonata, come suggerisce l’annotazione che il compositore austriaco appose sulla prima pagina del manoscritto, ma il titolo fu cambiato quando venne pubblicata la prima edizione. A ben vedere, difatti, la struttura dell’opera è alquanto inusuale rispetto ai movimenti delle sonate haydniane: l’Andante iniziale presenta due temi – uno in tonalità minore, dal carattere dolcemente malinconico, e l’altro in fa maggiore, ricco di arabeschi – che vengono variati nelle due sezioni successive, conducendo il discorso musicale all’ampia e virtuosistica coda conclusiva.

Tra le ultime opere pianistiche di Robert Schumann, le Waldszenen sono distanti dalla scrittura impervia e dal carattere estremamente tormentato dei lavori giovanili del compositore tedesco: le «Scene del bosco» sono miniature introspettive, quasi visionarie, avvolte nell’incantata dimensione della foresta, uno dei più topoi letterari più frequentati dai romantici. Il ciclo schumanniano fu composto tra il dicembre 1848 e il gennaio successivo e consta di nove brevi brani, che mostrano una solida simmetria strutturale e che, lungi dall’avere un mero intento descrittivo, rappresentano un percorso di esplorazione interiore.

Il pezzo d’apertura è l’ingresso sognante nella natura e, man mano si procede, si scoprono le sue bellezze, ma anche i suoi lati più oscuri: locus amoenus e horridus, il bosco è luogo di conforto e serenità, di magia e stupore, ma anche di timori, perché non tutto è luminoso, proprio come la psiche umana.

Tormento ed inquietudine investono invece quasi totalmente lo Scherzo n. 1 in si minore di Fryderyk Chopin, che elesse questa forma, tradizionalmente inserita all’interno delle sonate per stemperare la tensione dei movimenti precedenti, a struttura autonoma ed in sé compiuta, dotata di una drammaticità inedita. L’anno di composizione dell’opera è incerto, ma pare collocabile intorno tra il 1830 e il 1831, quando il polacco, ventenne, giunse a Vienna lasciando la propria patria. La lontananza da casa e la preoccupazione per la situazione politica della Polonia sono espressi nelle aspre armonie e nell’irruenza della scrittura virtuosistica, ma anche nella lenta sezione centrale, nostalgica e cullante, il cui tema deriva da un canto natalizio popolare polacco.

Il trittico Preludio, fuga e variazioni op.18, da intendersi come omaggio alla polifonia bachiana, fu composto da César Franck tra il 1860 e il 1862, come terzo brano di una raccolta di sei pezzi per organo. L’autore ne realizzò anche una versione per pianoforte ed armonium, ma la fama dell’opera è legata soprattutto ad una successiva trascrizione pianistica del londinese Harold Bauer.

La Sonata op. 27 n. 2 in do diesis minore di Ludwig van Beethoven non ha bisogno di grandi presentazioni: conosciuta con il titolo apocrifo «Al chiaro di luna», attribuitogli dallo scrittore Ludwig Rellstab, rappresenta una delle pagine più note del repertorio pianistico. Composta nel 1801, l’opera presenta alcune sorprendenti novità: prima tra tutte, la particolarità dell’Adagio sostenuto, che evita la forma-sonata, preferendo una maggiore libertà strutturale, come intende suggerire il sottotitolo beethoveniano di «Sonata quasi una fantasia», mentre l’Allegretto centrale, come «un fiore fra due abissi», citando Liszt, conduce al dirompente Presto agitato conclusivo, in cui esplode l’ineluttabilità anticipata nel primo movimento.

Gloria Galbiati

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