2014 – Doctor Sleep

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Prima di mettere mano a questa recensione ho impiegato parecchio tempo, soprattutto per un motivo: sono tuttora incapace di esprimere un giudizio definitivo e chiaro su questo nuovo romanzo di King, indeciso se parlarne sotto l’ottica della delusione o alla luce della novità. Entrambe le prospettive, a mio modo di vedere, sono valide. Farò del mio meglio per motivare entrambe le posizioni, consapevole che questa mia recensione non sarà orientata a spingere senza remore i lettori verso l’acquisto del titolo in oggetto.

Se volete scoprire la trama di questo romanzo, vi consiglio di leggerla direttamente su Wikipedia. La trovate a questo indirizzo.

Una premessa necessaria, anzi due. Sebbene io stesso lo consideri uno dei capolavori di Stephen King e uno dei capolavori assoluti dell’horror degli ultimi cinquant’anni, non ho mai granché amato The Shining. Al di là di questo aspetto del tutto personale, quel romanzo costituisce comunque un concentrato di sapienza stilistica, strutturale, narrativa e contenutistica che uno scrittore horror non può non tener presente. The Shining è il romanzo di fantasmi dell’ultimo scorcio del secolo scorso e rimane una pietra angolare perfino per l’inizio di quello nuovo. Alla luce dello straordinario successo di quel romanzo, Doctor Sleep rischia di non uscirne affatto bene, soprattutto qualora ricorra un atteggiamento: considerarlo il seguito di quel romanzo. Forse per ovvie ragioni, questo romanzo è stato spacciato proprio in questo modo, ma qui la faccenda è del tutto differente rispetto a quella precedente. Messo a confronto con quello, Doctor Sleep non possiede tutta la densità caratteriale dei protagonisti di The Shining, così come l’Overlook Hotel – che lì costituiva un meraviglioso palazzo malvagio – qui è solo il ricordo di ciò che fu, raso al suolo dall’incendio e mai rimpiazzato se non da un caravan parking. Al di là dei confronti, però, del tutto inutili, mi preme sottolineare ciò che mi ha lasciato deluso e ciò che invece mi ha convinto. Ecco in breve i due elenchi.

Deludente perché… manca per l’appunto la densità narrativa che caratterizza la quasi totalità delle storie del Re. Non ne capisco il motivo (o forse sì, si tratta solo di stanchezza o del bisogno di saldare un debito narrativo), ma Doctor Sleep è spesso noioso, soprattutto nella parte centrale. Ora, penso che la noia possa essere ingrediente di un romanzo (vedasi La montagna incantata di T. Mann), non l’ho mai trovata elemento per forza di cose negativo, quando però vi sia dell’altro a motivarla e a permettere che il lettore ne possa sostenere il peso. In questo caso non è così. In un romanzo horror, il miglior espediente per non far annoiare il lettore è sfruttare le manifestazioni del “cattivo” o del “mostro” o, ancora, eventi soprannaturali. Bene: Doctor Sleep ha “cattivi” patetici, mostri che vorresti vedere uccisi il prima possibile, soprattutto perché non li sopporti più. Senza svelare troppo della trama, il “Vero Nodo” di vampiri psichici non è all’altezza di alcuno dei precedenti cattivi soprannaturali utilizzati da King. A renderli così mediocri è probabilmente un’operazione narrativa che l’autore ha voluto mettere in campo fin dall’inizio, e che noi potremmo definire con le parole della filosofa Hannah Arendt in merito al nazismo (e distorcendole un poco): la banalità del male. Sì, questi esseri malvagi sono “malvagi banali”. Ma se questo approccio può rivelarsi significativo in un romanzo mainstream, non importa quanto drammatico o triste, in un horror non regge, perché l’horror ha bisogno delle estremità, di angoli acuminati che qui appaiono tutti smussati, dal primo all’ultimo. 

E dire che i primi due capitoli facevano ben sperare, perché in effetti il Vero Nodo appariva come costituito da creature che, per la propria sopravvivenza… si “fumano” un bambino. Leggere per credere! Di fronte a quella scena, davvero urtante come poche, io stesso avevo gridato al miracolo, pensando che il Re fosse stato capace di stupire nuovamente (tra l’altro notavo lo stile, molto simile a quello del precedente romanzo). Invece, nel proseguo del romanzo l’autore si è intestardito a voler mostrare questi mostri come esseri che, tutto sommato, hanno le loro ragioni per voler sopravvivere e lottare, anche se a danno delle persone. Certo, ovvio, anche il più becero essere della Terra ha le sue motivazioni, ma l’operazione di “giustificazione” in un romanzo horror è destinata a fallire. Qualcuno ha anche gridato esultante (perché, poi?) che questo romanzo dichiara la fine della distinzione netta tra il bene e il male, mettendo in scena tanti toni di grigio, esemplificati proprio dal Vero Nodo. Grazie tante, è solo da almeno cento anni di narrativa che l’idea è rappresentata in vari modi. Ma – ripeto – nell’horror no, grazie!

Passiamo agli avvenimenti soprannaturali, ovvero la famosa “luccicanza”. C’è una creatura che ne presenta la maggior quantità mai percepita da essere simile, ovvero l’oriunda italiana Abra Stone. Ma pagina dopo pagina, questa protagonista si rivela come il coacervo dei poteri soprannaturali presentati in romanzi precedenti da altri protagonisti: nulla di nuovo sotto il sole (oltre al fatto, ovviamente, che il Vero Nodo vuole fumarsi anche questa bambina).

Nuovo perché… la storia è del tutto differente da The Shining. Sembrerà una banalità, ma qualunque altro scrittore si sarebbe abbandonato allo sfruttamento perpetuo del capolavoro, riprendendo gli elementi del precedente per tentare di riproporne sintesi e progetto, sebbene in altro contesto. Doctor Sleep è invece un romanzo davvero differente. Sebbene il protagonista principale sia Danny Torrance, il bambino del famoso triciclo che tutti abbiamo in mente (ripescandolo dalla versione cinematografica – mai amata da King – del grande regista Kubrik), qui viene presentato come un uomo maturo alle prese con l’alcool (pure qui nulla di nuovo). L’aspetto positivo sta ancora una volta nella capacità di caratterizzare un protagonista maschile con questa schiettezza e bellezza realistica, capace di fartelo amare pur in mezzo a tutti i suoi difetti umani (e soprattutto una grande porcheria, ai danni di una donna e del suo bambino poco più che neonato, l’ancora ventenne Danny la combinò!). Inoltre, è molto bella la figura che viene ad assumere nella casa per anziani, che egli accompagna con dolcezza alla morte (da cui il soprannome che gli viene dato, per l’appunto Doctor Sleep), prospettando loro con certezza una vita nell’aldilà, sebbene non ne sappia delineare forma e contenuto. 

Infine, Doctor Sleep si stacca in ogni caso – e nonostante tutto – dalla maggior parte delle storie pubblicate normalmente ogni anno, perché la qualità narrativa di King è tale da staccare di buona misura gran parte degli altri scrittori.

Questo è quanto. Ho cercato di essere sincero fino in fondo. Considerando che reputo Stephen King il miglior scrittore attualmente esistente, direi che non è poco. Spero di esservi stato utile.

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Fabrizio Valenza