Macelli44, il progetto della Cooperativa Monte di Capenardo

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Pascolo, integrazione al minimo e zero antibiotici: Macelli44, il progetto della Cooperativa Agricola Monte di Capenardo, ci dimostra che l’allevamento virtuoso è possibile

© Cooperativa Agricola Monte di Capenardo

Dal centro di Genova basta percorrere Corso Sardegna e poi costeggiare il Bisagno. Arrivati all’altezza dell’antico acquedotto, si gira a sinistra per attraversare il fiume, poi subito a destra e comincia la salita.

In 45 minuti lo scenario cambia completamente: dalla città trafficata alla cima del Monte Candelozzo, che nel suo punto più alto raggiunge circa 1036 metri di altitudine. Da qui si vede tutto, anche il mare quando l’aria è tersa. 

Cambiare il punto di vista

È Stefano Chellini, presidente della Cooperativa Agricola Monte di Capenardo, a illustrarci il panorama: il centro di Genova, le Alpi innevate, la Val Fontanabuona, la Val d’Aveto e la Val Bisagno. Si vedono anche Bargagli e Sant’Alberto; dritto davanti il Monte Fasce e poi, proprio dalla cima, si scorge l’arco alpino, fino al Monviso. 

Insomma, per i genovesi abituati ad avere lo sguardo rivolto verso il mare, la visita alla Cooperativa Monte di Capenardo, a Davagna, è un’occasione per cambiare punto di vista, e non solo geograficamente: vedere quello che c’è alle spalle – boschi, pascoli e prati – e conoscere una forma di allevamento rispettosa degli animali e delle risorse del pianeta. 

Sulle pendici del Monte Candelozzo e del Monte Prati di Capenardo si estendono oltre 200 ettari tra pascolo e bosco di cui gli animali della cooperativa possono usufruire tutto l’anno. I pascoli si trovano a un’altitudine media di circa 700 metri sul livello del mare, ma per raggiungere questa estensione ci è voluto il lavoro di due generazioni di soci che, a partire dagli anni Ottanta, hanno riunito piccoli appezzamenti di diverse proprietà.

© Cooperativa Agricola Monte di Capenardo

Cooperativa Monte di Capenardo, una storia lunga quarant’anni

È il 1983 quando un gruppo di venti residenti di Davagna decide di avviare un allevamento brado di bovini di razza Limousine e cavalli Bardigiani. Sono mossi dalla volontà antesignana di contrastare l’abbandono di queste montagne e di sfruttare i terreni un tempo dedicati ai seminativi (si vedono ancora le fasce sui declivi del monte di Capenardo) o utilizzati come prati da sfalcio. È un periodo di fermento virtuoso sull’Appennino: negli stessi anni nascono altre cooperative che nel tempo, purtroppo, hanno chiuso. L’ostacolo più grande è il ricambio generazionale, che per fortuna a Capenardo si è verificato: la cooperativa oggi ha nove soci e dieci dipendenti che si occupano di tutto, dagli animali alla macelleria e, dal 2018, anche della produzione di insaccati senza nitriti e nitrati nel loro locale di trasformazione. 

Nel 1988 Stefano e altri due soci decidono di dare continuità al percorso virtuoso iniziato dai loro predecessori e di certificarlo diventando azienda biologica. Da subito si organizzano per fare vendita diretta, con quelli che loro chiamano “pacchi carne”, pacchi formato famiglia che contengono carne di vacca macellata tra i 4 e gli 8 anni di età. Nel 2015 rilevano una bottega storica nel cuore dei caruggi genovesi, in via dei Macelli di Soziglia (che si chiama così perché, come si intuisce, un tempo era la zona dei macelli). Qui, nella macelleria Macelli44, vendono le loro carni e altri prodotti biologici, mentre accanto c’è l’Agri-bistrot Macelli44, aperto nel 2021 e di recente entrato nell’Alleanza Slow Food dei cuochi.

© Cooperativa Agricola Monte di Capenardo

Risalendo il Monte Candelozzo insieme a Stefano, vediamo le vacche sul versante del monte: delle macchioline fulve che si godono il sole un po’ in pendenza. Lì i 130 bovini di razza Limousine – una razza francese, rustica e resistente, adatta alla vita brada – stanno al pascolo tutto l’anno, grazie anche alla vicinanza del mare che tempera il clima. Si cibano delle essenze dell’Appennino integrate con un po’ di fieno biologico che proviene dal Piemonte (Tortona) nei mesi più freddi.

«L’alimentazione dei bovini è al 95% ad erba – spiega Stefano – integrata, solo negli ultimi 3-4 mesi prima della macellazione e solo se non c’è sufficiente erba sul pascolo – con un po’ di cereali biologici, non oltre il 20% della razione». La percentuale di cereali che gli animali mangiano è comunque sempre molto bassa e per periodi limitati. In alcuni periodi riescono anche a fare una produzione totalmente a erba e stanno lavorando per avere una linea grass fed durante tutto l’anno.

© Cooperativa Agricola Monte di Capenardo

«I vitelli stanno con la mamma minimo sei mesi, ma alcune volte si arriva anche a dieci prima dello svezzamento. E non li macelliamo mai: tutti gli animali sono macellati, dopo i 24 mesi di vita» racconta Stefano, che collabora con Slow Food nello sviluppo dei progetti zootecnici dell’associazione e sui temi legati alla rivalorizzazione delle terre alte. 

A completare questo piccolo ecosistema ci sono una quarantina di capre di razza orobica e loro incroci, che tengono i pascoli ben puliti ed eliminano cespugli e rovi.

Fino al 2022 la Cooperativa allevava allo stato semi brado anche suini, incroci di cinta senese in particolare, ma la comparsa della peste suina africana nei dintorni e l’istituzione della zona rossa – l’area di Capenardo è stata compresa nella prima zona rossa – li ha costretti ad abbandonare l’allevamento suino.

Allevare rispettando gli animali e la terra si può!

Pascolo, integrazione ridotta al minimo e uso quasi inesistente di trattamenti: è a questo che ci riferiamo quando parliamo di un allevamento sostenibile e rispettoso del benessere animale. L’allevamento estensivo è possibile? Stefano e i ragazzi della Cooperativa ci dimostrano di sì. Ed è possibile anche così vicino alla città che per andare a vedere cosa vuole dire bastano 45 minuti e un buon numero di tornanti.

La scelta rimane a noi: quella di ridurre la quantità di carne, uova e formaggi, acquistandoli da produttori di piccola scala che tutelano la biodiversità della terra, delle erbe dei prati, delle razze. Che consentono agli animali di pascolare e fare movimento all’aperto. 

Monte di Capenardo fa parte di una rete di allevatori slow che sta emergendo in varie regioni italiane e che si ritroverà a Terra Madre Salone del Gusto 2024, dal 26 al 30 settembre a Torino, Parco Dora. Il 29 giugno la Cooperativa organizza una gita sui pascoli dell’entroterra genovese dove alleva i suoi bovini (clicca qui per scoprire il programma e prenotare). L’evento fa parte della campagna di Slow Food Italia “Allevare rispettando gli animali e la terra si può”, e consentirà di dialogare con chi segue l’allevamento brado e capirne le caratteristiche e il valore in tema di conservazione del territorio e di benessere animale, oltre che gustare le carni ottenute grazie a una forma di allevamento particolarmente sostenibile. 

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