La Sottosegretaria Borgonzoni: “c’era bisogno di nuove regole per evitare che diventasse un luogo di sprechi”, e annuncia la proposta di un “presidio” della Guardia di Finanza all’interno della Direzione Cinema e Audiovisivo del Mic.
La situazione della “riforma Borgonzoni” della Legge n. 220 del 2016 (la cosiddetta “Legge Franceschini”) diventa più complicata giorno dopo giorno, così come il riavvio dell’intervento pubblico nel settore cinematografico e audiovisivo, dopo due anni di sostanziale paralisi: paradossale che nella sera di venerdì 8 novembre la delegazione italiana in missione all’American Film Market (Afm) a Las Vegas presentava – come se nulla fosse – il “tax credit internazionale”, e peraltro nella stessa serata la Direzione Cinema e Audiovisivo denunciava che il sito web del Ministero aveva subito un attacco di pirateria informatica…
L’indomani, sabato 9, è stato lo stesso Ministro Alessandro Giuli a riconoscere che il sistema di accesso al credito di imposta era stato “hackerato”, sostenendo che l’episodio “genera delle riflessioni sulla necessità di proteggere in termini di cybersecurity il nostro organismo digitale”, intervenendo a “Prima le idee. Ritorno al futuro”, evento organizzato ad Andria (in provincia di Bat alias “Barletta-Andria-Trani) dal gruppo di Fratelli d’Italia della Camera. Nella stessa occasione, il Ministro ha replicato alle accuse rivolte nei suoi confronti, come quella di voler “defranceschinizzare la cultura”, che è “la chiara ammissione che la cultura è stata franceschinizzata”, ha commentato. “Non esistono ministri tecnici”, ha sostenuto poi, ribadendo che “il fatto che io non abbia una tessera di partito, non significa che io non sia espressione” di FdI”. Ha una risposta pronta anche per chi si è preso gioco del suo linguaggio, il “Giuliese”: “se uno si fa mettere in Commissione Cultura la parola “apocalittismo” non dovrebbe terrorizzarlo. Questa cosa è stata satirizzata e va bene così, è ovvio che poi ci sono delle strumentalizzazioni”.
Cresce a vista il numero dei film… “sospettati”?! Dai 130 film di 21 società del 28 ottobre (“Quarta Repubblica”) ai 170 film di 33 società del 9 novembre (“il Fatto Quotidiano”)
Nella stessa giornata, “il Fatto Quotidiano” titolava il 9 novembre a piena pagina “Tax credit, ora indaga la Finanza: 170 film finanziati sono ‘sospetti’”, in un articolo firmato da Vincenzo Bisbiglia.
Si leggeva “Accertamenti fiscali. Il dicastero ha consegnato alla Guardia di Finanza, la lista di opere contestate: 33 le case di produzione”, e, ancora, “Pellicole-flop di Natale. I controlli sono partiti da Minerva Pictures; i titoli con Alec Baldwin e suo fratello William” (si ricordi en passant che Minerva è la società di Gianluca Curti, che è anche Presidente di una delle associazioni dei produttori indipendenti, la Cna – Cinema e Audiovisivo).
L’indomani, domenica 10, sempre Bisbiglia tornava a martellare: “Tax Credit anche ai cartoon: pagati 110mila € al minuto”…
Il giornalista del quotidiano diretto da Marco Travaglio rivela che venerdì la Sottosegretaria delegata Lucia Borgonzini ha chiesto l’elenco alla Direzione Cinema e Audiovisivo “per avere un quadro completo della situazione dei titoli segnalati a tale data”.
Tra le società che hanno prodotto più titoli, dei circa 170 “segnalati”, ce ne sarebbero addirittura ben 51 realizzati dalla Ilbe, acronimo che sta per Iervolino & Lady Bacardi Entertainment, impresa che nelle settimane scorse ha vissuto un profondo travaglio interno, secondo alcune fonti anche perché era giunta voce giustappunto di un “approfondimento” da parte della Guardia di Finanza: a fine ottobre i soci di maggioranza di Ilbe hanno intrapreso un’azione di responsabilità nei confronti dell’ex Ceo Andrea Iervolino, decidendo di cambiare il nome della società in Lady Bacardi Media (Lbm). Le azioni della Ilbe sono state revocate dalle negoziazioni sul mercato Euronext Growth Paris. Una questione complicata.
Per amor di verità, e per gusto di precisione, va comunque precisato che era stata la trasmissione condotta da Nicola Porro, “Quarta Repubblica”, nella sua edizione di lunedì 28 ottobre, a rivelare in anteprima un dato fornito dalla Dgca di Nicola Borrelli sulle opere “sospette”: se Porro evidenziava che fossero “130 film di 21 società” i film “sospetti”, a distanza di una decina di giorni, Vincenzo Bisbiglia su “il Fatto” eleva la quantità, “170 film di 33 società”… Su queste opere, la Guardia di Finanza starebbe sviluppando “accertamenti”.
Come dire?! La lista s’allarga a vista d’occhio?! Nell’arco di pochi giorni: + 40 film e + 22 società!
Nell’articolo di domenica 10, “il Fatto”, segnala che ai 170 titoli segnalati il giorno prima, se ne sarebbero aggiunti altri 3 di animazione. Saremmo quindi a quota 173 titoli sospettati?!
E perché il Ministro della Cultura Alessandro Giuli non rende di pubblico dominio quest’elenco?
La Sottosegretaria Lucia Borgonzoni: “bisogno di nuove regole per evitare gli sprechi, ma dal settembre 2022 esiste un protocollo d’intesa tra Mic e Guardia di Finanza, voluto dall’allora Segretario Generale del Mic Salvatore Nastasi”
La Sottosegretaria leghista ha dichiarato a “il Fatto”: “il credito d’imposta è uno strumento automatico, utilizzato in moltissimi Paesi del mondo per aiutare lo sviluppo delle produzioni audiovisive, strumento di crescita per il Pil e l’occupazione. C’era però bisogno di nuove regole per evitare che diventasse un luogo di sprechi”, annunciando la proposta di un presidio della Guardia di Finanza all’interno della Direzione Cinema e Audiovisivo del Mic, per effettuare i controlli in tempo reale, anche in virtù di un “protocollo d’intesa” sottoscritto il 26 settembre 2022 dall’allora ancora Segretario Generale del Ministero, Salvatore Nastasi (divenuto poi Presidente della Società Italiana degli Autori e Editori alias Siae nell’ottobre del 2022 e nell’ottobre 2024 della Fondazione Cinema per Roma), quando il Ministro era ancora Dario Franceschini.
Il “protocollo” Mic-GdF sarebbe stato quindi siglato il giorno dopo le elezioni politiche del 2022, poche settimane prima dell’insediamento di Giorgia Meloni (e di Gennaro Sangiuliano), il 22 ottobre 2022.
Curiose tempistiche…
La dichiarazione della senatrice leghista assume particolare importanza, perché significa una pur tardiva coscienza rispetto al mal funzionamento dello strumento del credito d’imposta, da tanti decantato (anzi esaltato!) fino a quando, nella primavera del 2023, l’allora Ministro Gennaro Sangiuliano ha deciso di mettere in atto delle “correzioni di rotta”, condividendo l’allarme manifestato dal suo collega del Mef Giancarlo Giorgetti.
Deficit vari e variegati: di dati, di analisi, di valutazioni,di controlli
Nelle scorse settimane – come abbiamo ben illustrato su queste colonne – la situazione è stata evidenziata dai riflettori di diverse trasmissioni della televisione generalista – da “Striscia la Notizia” su Canale 5 a “Piazza Pulita” su La7, passando per “Quarta Repubblica” su Rete4 – ma finora l’attenzione dei quotidiani su carta è stata sostanzialmente modesta, anzi quasi inesistente (fatta salva l’eccezione de “il Fatto” e di “Domani”). Si rimanda al dossier IsICult, “Cinema. Quando la televisione se ne occupa, facendolo uscire dalla nicchia”, su “Key4biz” del 4 novembre 2024.
Come dimostrato, ormai da anni, dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale, il problema dell’intervento pubblico a favore del cinema e dell’audiovisivo ha un vizio “genetico” essenziale: deficit di dati, deficit di analisi, deficit di valutazioni, deficit di controlli.
Il “deficit” è sia a livello micro (controlli nei consuntivi delle singole opere prodotte con l’aiuto dello Stato…) sia a livello macro (gestione delle risorse del Fondo Cinema e Audiovisivo, che è stato “splafonato” per oltre 500 milioni di euro nell’arco di pochi anni)…
La lista dei 170 titoli incriminati non è stata resa di pubblico dominio.
Il protocollo d’intesa richiamato dalla Sottosegretaria Lucia Borgonzoni è notizia totalmente inedita.
Se, a distanza di oltre 2 anni da quel “protocollo” Mic-GdF, la situazione emerge ormai come “fuori controllo”, naturale sorge la domanda: in questo lasso di tempo, la Direzione Cinema e Audiovisivo non si è resa conto della deriva in corso?
Ricordiamo che soltanto il 31 agosto 2024, in quel del Festival del Cinema di Venezia, il Dg Nicola Borrelli ha riconosciuto pubblicamente che c’è un “buco” di oltre 500 milioni di euro, e che se il Ministero non avesse chiuso i rubinetti per i due anni 2023 e 2024, tutto il meccanismo del “Tax Credit” sarebbe saltato per addirittura 2 se non 3 anni: questa è la vera ragione per la quale la gestazione della riforma della Legge Franceschini è stata strumentalmente ritardata… per non appesantire il buco nelle casse dello Stato.
È opportuno ricordare – ancora una volta – che, però, fino allo “stop” imposto da Gennaro Sangiuliano la quasi totalità degli operatori del settore continuavano a descrivere lo scenario del sistema cinematografico e audiovisivo italico come eccezionale, fantastico, favoloso… E, con loro, il Ministro pro-tempore, e la stessa Sottosegretaria.
Chi aveva l’ardire di segnalare che il sistema era a rischio veniva additato come un terrorista, un catastrofista, un profeta di sventura, uno jettatore insomma.
E nessuno mai dei principali “big player” ha sentito l’esigenza, dal 2017 al 2024, di pretendere dal Ministero della Cultura studi e indagini e ricerche, autentiche “valutazioni di impatto”, che potessero finalmente descrivere la “vera verità” del sistema, e magari identificare, per tempo, e finanche prevenire, le patologie emerse a causa di un deficit estremo di controlli…
Insomma, “nessuno” sembra essersi reso conto, dall’anno 1° della Legge Franceschini (2017), che si stava troppo correndo, aumentando la velocità, verso il burrone, con uno Stato sempre più generoso, che iniettava nel serbatoio una quantità crescente di benzina…
Come dire?! Il “motore” – alla fin fine – s’è imballato.
La “bolla”, alla fin fine, è scoppiata, e ora si registrano tante lacrime di coccodrillo. Michele Lo Foco (Csca) denuncia: “una narrazione surreale, un enorme equivoco finanziario ai danni dello Stato”
Come non condividere le tesi amare manifestate ieri domenica 10 novembre dall’avvocato Michele Lo Foco (voce dissidente all’interno del Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo, quel Csca massimo organo di consulenza del Ministero della Cultura, presieduto dall’avvocatessa Francesca Assumma), sul blog “Salvis Iuribus”, in un post intitolato efficacemente “La verità fa male”?!
Scrive l’eterodosso giurista: “leggere che la Sottosegretaria del Ministero della Cultura si è accorta in questo periodo che qualcosa nel tax credit non ha funzionato, e che quindi c’è stata qualche disfunzione, ma che già nel 2022 Franceschini su sollecitazione di Nastasi, si era preoccupato di sottolineare il fenomeno, oltre a lasciare sbigottiti, rasenta una narrazione surreale che ha il difetto di mascherare un fenomeno gravissimo, e cioè un enorme equivoco finanziario ai danni dello Stato”.
Spiega Lo Foco: “che molte società abbiano approfittato di una norma, fatta volutamente male, per arricchirsi, non è incarico da Guardia di Finanza, ma basta un bambino di cinque anni per capire che, da quando è stata promulgata la famosa legge, i budget dei film si sono decuplicati e le società straniere si sono precipitate nel nostro Paese per approfittare della manna statale, benevolmente definita il ‘bancomat’ tax credit”. Ricordiamo che questa espressione efficace è stata utilizzata pubblicamente dallo stesso Direttore Nicola Borrelli.
“E non è difficile nemmeno capire che Cinecittà, senza il tax credit, è destinata a desertificarsi?”
Gli “studios” di Via Tuscolana (affidati dal luglio 2024 alla guida di Manuela Cacciamani – già alla guida della One More Pictures – come Amministratrice Delegata, ed alla riconfermata Presidente Chiara Sbarigia) stanno registrando un calo di fatturato? Secondo alcune fonti Fremantle – alias Rtl alias Bertelsmann –non starebbe dando seguito alla convenzione stipulata nel febbraio 2022, che doveva avere durata quinquennale e prevedeva l’affitto continuativo di 6 “studi”… Appena Fremantle ha capito che il rubinetto statale si sarebbe chiuso a causa del blocco del “Tax Credit”, ha spostato altrove le tende?
E si ricordi che, a fine settembre di quest’anno, Endemol ha lasciato Via Tuscolana, per trasferire “Il Grande Fratello” negli studi di Lumina, nel Parco di Veio (ovvero il Centro Titanus Elios, una joint-venture tra Titanus spa e Rti spa Mediaset)… Come abbiamo scritto, se lo Stato chiude i rubinetti, “il sistema” crolla come un castello di carte.
E che dire del Tax Credit esterno? “Già qualche anno prima della legge franceschiniana del 2016, a partire dal 2014, si era verificata, col medesimo Ministro, la sceneggiata del tax credit esterno, che pur con meccanismi più sofisticati, e con la complicità di alcune banche, aveva fatto perdere allo Stato un centinaio di milioni: anche allora nessuno si era accorto di nulla, o meglio nessuno aveva ritenuto di intervenire, perché a giocare erano società potenti e autorevoli, e ci fu bisogno della stampa e di Report per scoperchiare la pentola”.
Si ricordi che il 18 aprile 2017 andò in onda una puntata del programma guidato dal 1994 fino al 2016 da Milena Gabanelli e da Sigfrido Ranucci dal 2017, dal sintomatico titolo “Che spettacolo!”, firmato da Giorgio Mottola (con la collaborazione di Ilaria Proietti). Rivederla a distanza di sette anni è interessante:sia sul tema “Tax Credit” sia sul tema “Cinecittà”… Si leggeva nella sinossi della puntata: “Un miliardo e duecento milioni: è il contributo di cui ha beneficiato l’industria cinematografica italiana negli ultimi cinque anni, più di tanti altri settori a cui è precluso l’aiuto di Stato. Con i soldi del contribuente è discutibile salvare una banca, secondo l’Unione Europea, ma sovvenzionare il cinema si può: è una questione di identità culturale. Che film abbiamo finanziato per il loro interesse culturale?”.
Come dire?! I segnali di allarme sono noti da tempo. Fin dall’anno 1° della Legge Franceschini.
Se qualcuno – a livello istituzionale (e politico) – li avesse voluti cogliere per tempo.
Se qualcuno – a livello istituzionale (e politico) – avesse maturato la coscienza dell’esigenza di “governare il sistema” con una adeguata strumentazione tecnica, con la indispensabile “cassetta degli attrezzi”.
Ed invece niente di tutto ciò: governo nasometrico ed ubriacatura collettiva.
Tanto lo Stato ha continuamente allargato, anno dopo anno, i cordoni della borsa…
Ed ora si cerca di chiudere il recinto, quando i buoi sono scappati…
Il sostegno pubblico al settore cine-audiovisivo è passato dai 140 milioni di euro del 2016 ai 746 milioni del 2022. Senza adeguate valutazioni. Senza adeguati controlli. Un fiume di denaro, un’ubriacatura collettiva
Si ricordi che il sostegno pubblico al settore cine-audiovisivo è passato dai 140 milioni del 2016, ai 400 milioni del 2017 (anno 1° della Legge Franceschini) per arrivare al picco di 746 milioni di euro nel 2022 (anno 6° della Franceschini).
“Di quel periodo e dei meccanismi perversi scoperti dalla Finanza, non si è saputo nulla, e pare che molti reati si siano prescritti, ma la cura è certamente stata peggiore della malattia – sostiene l’avvocato Lo Foco – se con il tax credit interno si è pensato di dare al cinema e alla televisione gratuitamente e lecitamente quello che prima veniva arraffato con quello esterno”.
Le conseguenze? “Le cifre si sono moltiplicate e se è vero che ad oggi raggiungono i tre miliardi e cinquecento milioni, milione più milione meno, e che il fiume di denaro&