Equiparare la carne coltivata ai farmaci, chiedendo che vengano fatti studi medici clinici e preclinici prima della sua approvazione: questa è la richiesta avanzata da Coldiretti, attraverso una manifestazione che si è tenuta nei giorni scorsi a Parma, davanti alla sede dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA).
Una proposta, a detta di Coldiretti, portata avanti “per difendere la salute di tutti“, in un ennesimo, traballante tentativo di sollevare nei consumatori dubbi e preoccupazione rispetto alla sicurezza alimentare di questo alimento. Una resistenza che in Italia è generata da interessi economici, paura del cambiamento e ancoramento alla tradizione, ma che non ha alcun fondamento scientifico.
Carne coltivata come farmaci? La risposta degli esperti
La risposta della comunità scientifica non ha tardato ad arrivare ed è inequivocabile. In una nota congiunta, un gruppo di 16 ricercatori italiani dichiara che la richiesta di studi clinici e preclinici per un alimento non ha alcuna base scientifica: “Farmaci e alimenti seguono processi di approvazione distinti perché rispondono a esigenze radicalmente diverse – si legge nella nota – Paradossalmente, la regolamentazione alimentare è improntata a maggiore sicurezza. Basti pensare che un farmaco può essere autorizzato anche in presenza di effetti collaterali noti, mentre EFSA può approvare solo in assenza di rischi per la salute“.
La crociata contro la carne coltivata – sostenuta in primis dal Governo italiano, oltre che dagli allevatori – è ormai cosa nota, ma si tratta di una presa di posizione anacronistica e antiscientifica, oltre che dannosa per la salute del nostro Pianeta.
Cos’è la carne coltivata e perché l’OIPA ne sostiene la diffusione
La carne coltivata (e non “sintetica”, come Coldiretti si ostina a chiamarla) è carne vera, prodotta in laboratorio partendo da cellule animali. Non è chimica, non è “finta” e non ha ingredienti diversi da quelli della carne prodotta con metodi tradizionali (anzi, al contrario può essere lavorata perché contenga meno grassi saturi e colesterolo).
è carne a tutti gli effetti, prodotta con un risparmio di emissioni e di risorse enorme: secondo un’analisi condotta da scienziati dell’Università di Oxford e dell’Università di Amsterdam, la produzione di carne coltivata genererebbe emissioni di gas serra inferiori fino al 96% rispetto alla carne prodotta convenzionalmente, un consumo del suolo inferiore del 99% e stima che richiederebbe dal 7 al 45% di energia in meno rispetto allo stesso volume di carne di maiale, pecora o manzo.
A questo, si aggiunge il fatto non trascurabile che è prodotta senza macellazione e rappresenta quindi un’alternativa (più) etica al consumo di carne convenzionale, che comporta mesi o anni di sofferenze in allevamento e che si conclude con l’uccisione degli animali. Anche se la produzione di carne coltivata richiede l’utilizzo di cellule animali può andare incontro alle richieste chi ancora non ha abbracciato la scelta vegetariana o vegana, che per l’OIPA rimane comunque la più auspicabile.