Con un’informativa del 15 luglio 2025, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha comunicato la pubblicazione, da parte dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), del Quaderno dell’antiriciclaggio n. 29 di luglio 2025, dal titolo “Le liste dei paesi a rischio di riciclaggio: analisi e valutazioni”. Il documento sottolinea l’importanza di queste liste nel contesto della valutazione del rischio e dell’individuazione delle operazioni sospette, evidenziando l’obbligo per i soggetti vigilati di applicare misure di due diligence rafforzata quando sono coinvolti Paesi inclusi nelle black list.
Le liste risultano utili per:
- stimare il rischio associato a clienti e operazioni;
- orientare i soggetti obbligati nella valutazione di elementi sospetti;
- supportare le FIU nell’analisi del rischio concreto delle operazioni transnazionali.
Accanto alle liste antiriciclaggio, si richiamano anche le black list fiscali, che individuano giurisdizioni con regimi agevolati o non cooperativi. Tali Paesi, spesso caratterizzati da opacità nei sistemi finanziari e societari, sono particolarmente attrattivi per attività di riciclaggio.
Il Quaderno esamina le principali liste ufficiali elaborate da organismi internazionali come il GAFI (FATF), la Commissione e il Consiglio UE, nonché quella italiana definita dal DM 4 maggio 1999. Sono inoltre confrontate con indici elaborati da enti privati, come il Basel AML Index, per evidenziare differenze e spunti di riflessione.
In particolare, il GAFI distingue:
- la black list, che include i Paesi ad alto rischio con gravi carenze nei presidi AML/CFT;
- la grey list, relativa a Paesi con debolezze strategiche soggette a monitoraggio.
Per i Paesi in black list, il GAFI raccomanda misure rafforzate o contromisure. Per quelli in grey list, invita a un’attenta considerazione dei rischi, senza imporre obblighi rafforzati.
La seconda parte dello studio presenta un’analisi empirica sulle SOS del 2022 con coinvolgimento estero. Circa il 18% delle segnalazioni presentava connessioni con Paesi in black list. Tuttavia, molti altri Paesi, pur non essendo ufficialmente considerati ad alto rischio, ricorrono frequentemente nelle SOS: tra questi, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi, coinvolti spesso in fenomeni come il trade-based money laundering.
L’UIF sottolinea l’importanza di valutare anche altri elementi di rischio, quali la vicinanza culturale o geografica, l’uso di circuiti informali (es. hawala, money transfer) e le rimesse dei migranti, che possono celare flussi illeciti. Inoltre, forti scambi commerciali e anomalie nei dati statistici (come con Cina, Lussemburgo e Irlanda) possono indicare rischi aggiuntivi.
Infine, lo studio invita i soggetti obbligati a integrare l’uso delle black list con indicatori privati e un’analisi più ampia delle dinamiche economiche e operative, per un approccio realmente efficace alla valutazione del rischio.
Redazione redigo.info