Le telecomunicazioni sono il principale fattore abilitante che permette lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie e servizi. Nonostante ciò, il settore tlc europeo sta vivendo ormai da alcuni anni un momento di profonda difficoltà dal punto di vista della redditività economica, ulteriormente aggravato dalla spinta inflazionistica degli ultimi mesi, che rende estremamente complicato per gli operatori privati investire nelle reti di nuova generazione.
LA SITUAZIONE A LIVELLO EUROPEO
A confermare questo scenario è intervenuto il recente studio della Commissione Europea Mobile and Fixed Broadband Prices in Europe 2022, pubblicato il 24 aprile scorso, nell’ambito del quale sono stati messi a confronto i prezzi dei servizi broadband degli Stati Membri con quelli delle altre principali economie globali e si è evidenziato come, nel periodo di osservazione (il mese di ottobre 2022), il prezzo medio delle offerte più convenienti proposte dagli operatori UE fosse molto più basse rispetto a quello di altre economie avanzate come USA, Giappone e Corea del Sud. In particolare, per la connettività fissa, lo studio considera diverse fasce di velocità di connessione in base alle linee guida del BEREC. Analizzando quanto emerso si vede chiaramente come la media delle offerte mensili più economiche degli operatori europei, a parità di potere d’acquisto (EUR/PPP), sia più bassa per tutte le fasce considerate, tranne quella oltre il giga in cui si colloca penultima dopo il Giappone. Confrontando più attentamente i dati europei con quelli USA si nota come la differenza tra il prezzo americano e quello UE vada da un minimo del doppio, per le linee dati tra i 200 e i 999 Mbps, ad un massimo di 3,3 volte, per le linee voce e dati tra i 30 e i 100 Mbps.
Il gap tra l’Unione e le altre grandi economie globali permane anche considerando sia le linee fisse che quelle mobili. Per effettuare il confronto, l’analisi utilizza una serie di panieri di beni relativi ai servizi di telecomunicazione seguendo le linee guida del BEREC. Tutte le possibili combinazioni prese in considerazione dallo studio vedono il prezzo a parità di potere d’acquisto (PPP) praticato in UE inferiore alle altre economie in esame. Se prendiamo ad esempio un paniere comprendente telefono fisso, internet (tra i 200 e i 900 Mbps) e una sim mobile con 577 min di telefonate e 20 giga, osserviamo come questo presenti un costo medio mensile a parità di potere di acquisto pari a 52,61 euro in UE, 92,48 euro in Corea del Sud, 108,91 euro in USA e addirittura 161,75 euro in Giappone, oltre il triplo della media mensile dell’Unione.
Un altro fattore che ha complicato una situazione già difficile è stata la spinta inflazionistica che ha colpito l’UE negli ultimi mesi. Dopo anni di crescita debole abbiamo visto un aumento dei prezzi del 2,9% nel 2021, del 9,2% nel 2022 e del 7,2% nel primo semestre del 2023 da cui tuttavia è derivato un incremento dei ricavi al dettaglio delle telecomunicazioni solo dello 0,7% nel 2021 e del 2,1% nel 2022. Da questo si può evincere che gli operatori europei hanno assorbito gran parte degli incrementi di costo, registrando quindi un trend reale negativo (-6,6% nel 2022 e -5,4% nel 2023).
IL QUADRO ITALIANO
Focalizzando l’attenzione sul mercato delle telecomunicazioni italiano, sul versante del fisso i dati contenuti nell’ultima relazione dell’Osservatorio Trimestrale sulle Telecomunicazioni realizzata da Agcom (N.1/2024), mostrano come il numero di linee attive in Italia nell’ultimo quinquennio abbia avuto un andamento più o meno stabile. Se il numero degli accessi è lievemente calato, un notevole passo avanti si è fatto in merito alla tecnologia. Analizzando infatti il mix tecnologico degli accessi nel quinquennio, appare con evidenza il calo delle connessioni completamente in rame (-29,2%), che restano comunque 3,57 milioni, a fronte di una netta crescita di tutte le altre, in particolare FTTH (+16,5%), FTTC (+9,2%) e FWA (+3,5%).
Passando all’analisi delle sim mobili, tra il 2019 e il 2023 assistiamo invece ad un lieve aumento (+4,3%), dovuto però esclusivamente alla crescita delle linee M2M (+23,8%), mentre per quanto riguarda le sim human, ovvero quelle utilizzate dalle persone fisiche, si osserva una riduzione dell’1,4%. Nonostante la numerosità delle linee fisse e mobili sia quindi più o meno stabile, il volume di traffico dati sulle reti fisse italiane è da anni in aumento costante. Ragionando in termini di singole linee broadband, vediamo che il traffico medio quotidiano che transita su ogni utenza fissa in Italia si è attestato nel 2023 sui 8,52 Gigabyte, mentre per le sim “voce & dati” questo valore si attesta sui 780 Megabyte. Osservando il trend temporale relativo all’ultimo quinquennio notiamo come anche nel nostro Paese abbiamo sperimentato un netto aumento del traffico dati (+101% fisso e +239% mobile).
Per completare il quadro, è interessante evidenziare come, in coerenza con quanto visto a livello europeo, a dispetto della netta crescita del traffico dati riscontrata sia per le reti fisse che per le mobili, i prezzi per servizi e apparati TLC in Italia abbiano subito una netta riduzione nell’ultimo decennio. Secondo i dati Agcom, tra dicembre 2013 e settembre 2023 i prezzi medi per questa tipologia di beni e servizi nel nostro Paese sono calati del 25,77%, la flessione maggiore riscontrata tra tutte le principali economie europee, ovvero il 18,59% in più rispetto alla media UE.
CONCLUSIONI
Nonostante l’importanza strategica che hanno le telecomunicazioni per lo sviluppo sociale e culturale della nostra società, il settore europeo (e in particolare quello italiano) delle tlc sta vivendo da alcuni anni una profonda crisi di redditività che non permette agli operatori di mercato di liberare le risorse necessarie per investire nell’aggiornamento di tecnologie in continua evoluzione. Ad appesantire ulteriormente lo scenario, è intervenuta anche la spirale inflazionistica che ha interessato l’UE negli ultimi mesi, non bilanciata da un aumento proporzionato delle tariffe, che ha costretto gli operatori europei a internalizzare gran parte degli aumenti di costo, riducendone ulteriormente la capacità di spesa.
Si tratta di una situazione particolarmente intricata frutto di diversi e concomitanti fattori legati, da un lato, ad una marcata concorrenzialità del mercato e, dall’altro, a normative e regolamentazioni particolarmente stringenti (come quelle tese alla tutela dei lavoratori e dei consumatori oppure relative alla sicurezza) in grado di condizionare le scelte e i costi aziendali delle telco. A queste si sono andate a sommare politiche industriali non sempre lungimiranti e scelte di business a volte poco coraggiose da cui sta discendendo, di fatto, l’impossibilità di compiere investimenti ulteriori rispetto a quelli necessari per assolvere gli obblighi assunti nelle gare Italia a 1 Giga e Italia 5G.
In questo contesto, sia l’Italia sia l’UE hanno bisogno di accelerare per tentare di stare al passo con le altre principali economie globali come USA, Cina e Corea del Sud e ricoprire un ruolo importante nella transizione digitale. Delle difficoltà del settore, della frammentazione normativa e dell’opportunità di ripensare il quadro normativo vigente ha preso atto anche la Commissione Europea che a febbraio ha pubblicato un libro bianco denominato “How to master Europe’s digital infrastructure needs?”. Il white paper rappresenta un interessante contributo in termini di descrizione dell’attuale scenario di mercato delle telecomunicazioni e dei fenomeni di convergenza frutto dell’affermazione delle nuove tecnologie (tra cui il cloud in particolare) ed appare molto lungimirante nella parte in cui aderisce ad un approccio fondato sull’ecosistema digitale e dunque su una catena del valore estesa che parte dai chip e arriva ai device dei clienti finali e in virtù di ciò apre ad una riflessione sull’opportunità di rivedere un quadro normativo forse obsoleto ed iniquo.
Lo stesso libro bianco, tuttavia, presenta qualche limite – che si auspica possa essere superato anche grazie alle evidenze che emergeranno nell’ambito della consultazione pubblica – nella parte in cui non riesce a focalizzare in maniera chiara il legame tra le criticità rilevate e le soluzioni proposte nell’ambito degli scenari delineati. A ciò si aggiunge una scarsa attenzione per il contributo offerto dal Fixed Wireless Access (FWA) e la completa assenza di analisi del ruolo delle Towerco e le possibili future evoluzioni.