Sindrome di Leigh: ricercatori italiani all’opera per trovare una terapia

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Un trattamento farmacologico e una terapia genica in utero: sono i due approcci a cui punta un progetto di studio coordinato dall’Istituto Besta e vincitore dal bando Multi-round di Telethon

Una malattia rara, che rappresenta, però, una delle patologie mitocondriali più frequenti in età pediatrica: la sindrome di Leigh è ancora oggi orfana di terapia e, nelle forme più gravi, l’aspettativa di vita è ridotta a pochi anni. Trovare un’opzione terapeutica è quindi fondamentale per dare ai piccoli pazienti un futuro e una qualità di vita migliore. Proprio questo è l’obiettivo del progetto coordinato da Dario Brunetti, scienziato del Dipartimento di Scienze cliniche e di comunità dell'Università degli Studi di Milano e principal investigator presso l'Istituto Neurologico Carlo Besta, che ha ricevuto un finanziamento di 240mila euro grazie al bando Multi-round che Fondazione Telethon ha istituito per programmi biennali di ricerca sulle malattie rare. Sono due gli approcci in fase di studio: uno che mira a utilizzare farmaci già noti e usati per altre malattie (drug repurpusing) e uno di terapia genica in utero, che ha l’obiettivo di correggere il difetto genetico che causa la malattia ancor prima della nascita.

La sindrome di Leigh, o encefalomielopatia subacuta necrotizzante, è una malattia neurologica progressiva definita da specifici segni neuropatologici secondari a lesioni del tronco encefalico e dei gangli della base. La prevalenza alla nascita è di circa un caso ogni 36.000 persone. L'esordio della patologia avviene generalmente entro i primi dodici mesi di vita ma, in rari casi, la malattia può manifestarsi nel corso dell'adolescenza o all'inizio della vita adulta. I primi sintomi più comuni sono la mancata acquisizione delle tappe dello sviluppo motorio, l'ipotonia con incapacità di reggere il capo, il vomito ricorrente e i disturbi motori.

Una delle cause principali della sindrome di Leigh è una mutazione del gene SURF1, implicato nel corretto funzionamento dei mitocondri. Studi recenti, condotti dai gruppi di ricerca di Dario Brunetti, al Besta, e di Alessandro Prigione, dell'Università di Dusseldorf (Germania), hanno permesso di capire come le mutazioni di SURF1 impattino negativamente sul neurosviluppo, causando un blocco metabolico della cellula che ostacola il corretto differenziamento dei neuroni. Sulla base di questi risultati, è nata l’idea di sviluppare una terapia genica in utero che possa correggere il gene SURF1 prima della nascita, ma anche di testare un possibile approccio farmacologico, basato sull’impiego di inibitori della fosfodiesterasi 5, come trattamento post-natale.

Il protocollo per la terapia genica, da somministrare tramite un'iniezione eco-guidata in utero, è stato sviluppato da Dario Brunetti e da Nicola Persico (assistito da Simona Boito e Anastasia Giri), chirurgo fetale del Policlinico di Milano e docente di Ostetricia e ginecologia all’Università degli Studi di Milano. La correzione in fase fetale del difetto genetico alla base della sindrome di Leigh offre la possibilità di intervenire prima che si instaurino i processi patologici irreversibili tipici della malattia. I test preclinici della terapia verranno condotti su modello suino, che è più vicino all’uomo in termini anatomici o metabolici: se i risultati di questa prima fase di studio dovessero essere favorevoli, allora sarà possibile avviare la sperimentazione del trattamento sull’uomo.

Per approfondire l’argomento è possibile leggere l’intervista a Dario Brunetti e Nicola Persico pubblicata su Osservatorio Terapie Avanzate.

Recapiti
info@osservatoriomalattierare.it (Rachele Mazzaracca)